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    I limiti dei calciatori spagnoli: ecco perché è nato il tiki-taka

    I limiti dei calciatori spagnoli: ecco perché è nato il tiki-taka

    Pare che negli ultimi dieci anni si sia diffusa una convinzione molto radicata nel mondo pallone, e cioè che il miglior modo per giocare bene sia quello del tiki-taka. Per gli spagnoli addirittura è la forma più alta di calcio spettacolo, proviamo a capire se è vero.

    Innanzitutto bisognerebbe partire da una piccola considerazione logica, e cioè che giocare bene al calcio vuol dire vincere, e ci sono molti modi di farlo. Ma troppi sono portati a pensare che vincere con il tiki-taka sia meglio che in altri modi. Allora rovescio la questione, e cioè: perdere applicando il tiki-taka è forse meno doloroso che usando il catenaccio? Io penso di no, anzi, forse è ancora più deplorevole visto che si è offerto tanto “presunto” spettacolo per nulla. Morale della favola: una vittoria è sempre una vittoria e una sconfitta rimane sempre una sconfitta, e aggiungo anche che una sconfitta dopo tanto possesso palla, è proprio da fessi.

    Passiamo poi alla questione spettacolo. Anche qui ho dei grossi dubbi, personalmente ho sempre creduto che un calcio spettacolare sia fatto di cose altamente estemporanee e fini a se stesse: una rabona, un colpo di tacco, uno stacco di testa, un dribbling, una cilena e tante altre piccole cose frutto della geniale improvvisazione del momento. Pare invece che in Spagna, lo spettacolo sia stato brevettato in maniera definitiva, come se si trattasse di una procedura OGM. In che modo? Semplicissimo! Con il possesso palla sempre oltre il 60%, giocando continuamente con passaggi rasoterra e infine trovando il corridoio giusto per fare quanti più gol possibili. Ma un 7-0 ottenuto in questo modo è veramente più spettacolare di un 1-0 al novantesimo, arrivato magari con una rovesciata del centravanti?

    Il tiki-taka poi è adorato soprattutto dai giovanissimi, i quali pensano che sia il non plus ultra del football, e sapete perché? Perché è uguale a quello dei giochini elettronici che girano sulla playstation. Confondono il vero calcio spettacolo con il surrogato offerto da una consolle, non ridete per favore, perché è veramente cosi. Credono che vedere su un campo di calcio reale, un flipper veloce, ma monotono e fatto di noiosi passaggi rasoterra, sia il massimo. Pensano inoltre che sia stato geniale l'aver eliminato i cross, i lanci al volo, il gioco aereo, e soprattutto il centravanti. Sono un po' come quelle donne che dicono che la macchina elettrica senza cambio e frizione sia meglio di una tradizionale, e ci credo: non sanno guidare! E forse neanche gli spagnoli sanno giocare sul serio. Oddio ora mi ammazzano, ma vado avanti lo stesso e dico che in Sud America dove di calcio spettacolo e di fuoriclasse ne vedono da sempre, il tiki-taka è percepito un po' come nella cucina italiana viene visto l'Hamburger di Mc Donalds, e cioè come una cosa appariscente ma che poi in realtà è senza sapore, fatta di conservanti e zuccheri raffinati. Il tiki-taka per un sudamericano è solo un grande bluff, loro che il calcio lo hanno giocato da sempre ovunque, persino sui tetti di lamiera delle favelas, a differenza di noi europei, hanno capito subito che quel gioco frenetico e ottundente al tempo stesso, fatto di un numero infinito di passaggi rasoterra, dove il tocco principale (e unico aggiungerei) è il piatto, era solo un trucco per nascondere i limiti tecnici del giocatore medio spagnolo, che infatti quando migra all'estero diventa immancabilmente uno dei tanti. Che fine hanno fatto nel calcio spagnolo, cose come il cross di esterno, il lancio al volo in profondità, il cucchiaio da fermo per crossare, il palleggio aereo, il colpo di testa e soprattutto il centravanti?

    Semplicemente li hanno eliminati, e sapete perché? Quelle meraviglie non le hanno mai sapute fare. Gli spagnoli sono dei gran furbacchioni, rasano l'erba dei loro campi come se fosse quella di un green da golf e poi la rendono umida e scivolosa, cosi la loro unica arma, il piatto rasoterra ripetuto a frequenza altissima e a distanza ravvicinata, tra tutti i loro robottini, diventa un'arma terribile. Chissà come se la caverebbero su un campo secco come quello della Bombonera, dove il pallone rimbalza mille volte o su un campo di patate come tante volte è stato San Siro, che cosa sarebbero capaci di fare? Non credo che sarebbero cosi spumeggianti come sui tavoli da biliardo dei loro stadi, forse direbbero anche (ed è successo) che quei campi fanno schifo e che sono al limite della regolarità. Ma in fondo lo abbiamo visto anche al Mondiale del 2014. Che cosa hanno fatto sui campi selvaggi e umidi dei giganteschi stadi ovali brasiliani? La risposta è niente. La loro percentuale di possesso palla scese immancabilmente al di sotto del 55% (la loro soglia minima) proprio perché su quei terreni con l'erba alta e con quell'umidità il tiki-taka diventava il più delle volte impraticabile e anche faticoso; soprattutto per i loro interpreti migliori, che fateci caso sono immancabilmente bassetti, magrolini e con le spalle strette. E poi va ricordato che gli spagnoli sono sempre state delle gran schiappe nella “defensa de la porteria” cioè nella difesa degli ultimi 20 metri. E proprio da qui che nasce la loro ossessione per il possesso, gli spagnoli vogliono sempre la palla per evitare di essere attaccati e quindi essere costretti a difendersi. D'altronde è stato lo stesso Guardiola che lo disse in tempi non sospetti, e cioè che il tiki-taka altro non era che la messa in pratica del vecchio detto la “miglior difesa è l'attacco”. Non dimentichiamoci mai del fatto che la prima decisione di Guardiola al suo arrivo, fu quella di allontanare Ronaldinho, ovvero uno dei giocatori più spettacolari nella storia del calcio, un anarchico del dribbling puro che improvvisava giocate impossibili. Mi si dirà: e allora Messi? Messi è un'altra cosa e col Gaucho ha ben poco a che spartire, sarà indubbiamente più forte, ha vinto quattro palloni d'oro e forse ne vincerà ancora altri, ma la fantasia del brasiliano se la guarda col telescopio. E quindi? E quindi niente..semplicemente bisogna riconoscere come gli spagnoli siano riusciti a trovare il gioco a loro più congeniale, che li ha portati a vincere: un mondiale, due europei, e una sfilza di coppe internazionali. Detto ciò però, la soddisfazione di esprimere un mio personalissimo giudizio estetico non me la toglierà nessuno e quindi voglio essere eretico, ancor peggio, addirittura blasfemo, e se non concludo arrivando a dire quello che disse Fantozzi della Corazzata Potemkin..beh poco ci manca.

    Antonio Martines

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