Getty Images
Gullit: 'Calcio abitato da dinosauri. La Serie A? Ai miei tempi era il meglio. Chiellini il difensore più bravo'
Sull'atmosfera del calcio italiano, che era diverso: "Il benvenuto? Una brutta gomitata. Me la rifilò in faccia Daniel Passarella con la battuta: benvenuto in Italia. Di recente ci abbiamo riso e scherzato, non è che allora quel gesto mi abbia fatto piacere, ma bisogna stare al gioco, anche quando è duro. Sul razzismo negli stadi devo dire che più che il disprezzo verso i neri mi colpì l’odio che una parte degli italiani aveva verso altri italiani, la divisione tra nord e sud e tra regioni. Non sopportate voi stessi e poi anche i neri. Forse perché io ero alto e atletico in faccia nessuno mi urlava niente, avevano paura".
Sul suo libro: "Perché non ho scritto un autobiografia? Perché lo fanno tutti. Ho preferito dare consigli su come si possa vedere la partita. Non guardate la palla, appunto. O almeno non solo quella. Guardate dove arriva il cross e soprattutto a chi arriva e a chi mirava quello che lo ha fatto. Quello è il vero pericolo. La palla è come la scia che lascia l’aereo in cielo, ma l’aereo intanto si muove. Una critica ai difensori? Sì, a quelli attuali. Anche loro guardano troppo la palla invece di tenere l’uomo. L’unico bravo è Chiellini, che non si fa fregare. Quando giocavo io il difensore aveva sempre la mano su di te, ti sentiva, non perdeva mai il contatto".
Sui trasferimenti in Cina: "Io non giudico chi si trasferisce per soldi. Cosa ne sappiamo di cosa c’è dietro a certe scelte? Ai miei tempi l’Italia era il meglio: calcio, stipendi, cibo, vita, arte. Voi mi avete insegnato ad apprezzare il made in Italy e io ve ne sarò sempre grato".
Sulla furbizia italiana, di cui parla nel libro: "Be’ perdere lo scudetto per una monetina e perché ad Alemao viene detto di restare a terra non mi ha fatto piacere. In Inghilterra certe cose non te le perdonano. Litigo anche con mio figlio Maxim, che gioca in Olanda e mi chiede: ma devo cercare di restare in piedi o di rotolare? Certe furbate ti fanno arrabbiare e ti senti frustrato".
Sui due generi di opinionisti tv che non sopporta: "Quelli che ti rimbambiscono con i dati e con i numeri. Senti dire come apprezzamento: il tipo ha corso per 12 chilometri. Male, sono troppi, è un asino, vada a fare la maratona. Oppure: ha fatto 32 passaggi durante la partita. Ah sì, e come li ha fatti? Era marcato, sono andati a buon fine, era un momento importante? Se sei un allenatore poi quei dati li valuti, soprattutto se il giocatore è convinto di aver giocato diversamente. Ma non mi rincretinire e non ti fare bello con una mitragliata di statistiche. Poi quello che ti dice: in questo momento lui sta pensando di girarsi e di colpire con il sinistro. Ma stai zitto, per favore. Cosa ne sai tu? Smettila con la presunzione".
Sulla ricerca scientifica nel calcio: "Dovevamo giocare con la Juve. Chiedo ad Ancelotti come sono le condizioni di Maldini? La risposta è: Maldini è mentalmente stanco. Allora richiedo: Maldini gioca? E Ancelotti: ma cosa vuoi, certo che gioca. In serie A non hai tempo di essere stanco. Io avrò giocato 10 partite senza infortunio, nelle altre o avevo uno stiramento o un’unghia blu, raramente sono stato bene al 100%. Questo significa che Big Data non può essere la Bibbia. Il vero potere è la mente che spinge a fare cose straordinarie anche se i dati dicono che non sei in forma".
Sul possesso palla: "Dico che non spiega tutto. Non me ne frega niente se hai avuto il 76% del possesso palla e poi hai perso 3-0. Invece oggi te lo propongono sempre. Dicono: Guardiola al City sta andando male. Certo, non ha i giocatori che aveva al Barcellona e nemmeno quelli che aveva al Bayern. Se ti mancano i migliori hai bisogno di tempo e Mourinho allo United ha problemi in difesa, ma quando gli attaccanti non fanno il loro lavoro ecco che la colpa ricade su chi gioca dietro".
Sul lavoro dello psicologo: "Sì. È utile. Soprattutto nel collettivo, nelle relazioni interpersonali. Ma il calcio è tradizionalista, anzi è abitato da dinosauri, ostili al nuovo".
Sui calciatori social: "Altro problema, nessuno li educa alla comunicazione. Io feci una litigata pazzesca con Capello nello spogliatoio. Nessuno lo hai mai saputo, perché fuori non è uscito niente. Me l’ha ricordato Seedorf perché Capello ai tempi del Real ha raccontato l’episodio come esempio di buona gestione del dissenso".
Sul Mondiale a 48 squadre: "Se sei uno piccolo, fuori dal grande calcio, la possibilità di entrarci ti piace. Se sei uno grande che già ci sta dentro difendi il tuo privilegio. Non sono contro".
Sulle sue treccine: "Mai pensato a quello. È che avevo i capelli come quelli di una pecora. È servito alla mia immagine, ma la personalità non viene da lì".