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Guaita, il 'Corsaro Nero' oriundo: punta universale, per le fortune dell'Italia e della Roma
IL CAMPIONATO 1933/34 - Tutti ancora una volta a caccia della Juventus campione d'Italia in carica – miglior attacco e miglior difesa, tanto per mettere in chiaro la sua supremazia – che si presenta come favorita anche al campionato che fa da sostanzioso antipasto alla Coppa del mondo. L'Inter – pardon, l'Ambrosiana – fa le cose in grande al calciomercato puntellando difesa e attacco, il Napoli non sta a guardare così come il Bologna: tutte a cercare di inseguire la lepre bianconera che lo scudetto se lo tiene cucito sul petto già da tre anni. In realtà i colpi più roboanti li mette a segno la Roma che in Argentina va a pescare Guaita, Scopelli e Stagnaro, tre autentici fuoriclasse. I primi corrosivi scricchiolii bianconeri si avvertono in un inizio campionato non certo arrembante, con l'Ambrosiana che ne approfitta per andare in testa. Prontamente ripresi dai bianconeri, i nerazzurri meneghini sono comunque campioni d'inverno con un turno d'anticipo. L'inverno juventino è molto duro e difficile. La vigilia di Natale del 1933 il mastino Orsi si frattura il perone durante l'incontro con la Lazio e sta fuori tre mesi. A metà febbraio l'istrionico funambolo Cesarini si rompe il malleolo e non solo deve dire addio al campionato, ma anche alla possibilità di diventare campione del mondo. Sembra finita per la Juventus, è l'inizio della rimonta. Se lo scontro diretto finisce in pareggio e non decide nulla, a sparigliare la carte ci pensa il mese di aprile. Nell'ultimo mese di campionato, mentre la Juventus non perde un colpo e vince tutte le partite, l'Ambrosiana si impantana in una serie di pareggi e sconfitte che lasciano via libera alla Juventus per la conquista del suo quarto scudetto consecutivo.
TORINO-ROMA 3 A 6 - Le luci della ribalta, dunque, sono tutte per Juventus e Ambrosiana, senza peraltro dimenticare l'ottimo terzo posto del Napoli di “mister” Garbutt e il quinto della Roma. Roma che proprio al tramonto del campionato al Filadelfia è protagonista di una partita “d'altri tempi”, esaltata dal talento di Enrique Guaita, il suo “Corsaro Nero”. Ne esce una partita godibilissima e divertente, con gli attacchi che superano di gran lunga le difese. Il primo tempo termina con i giallorossi in vantaggio 1 a 0, ma è nella ripresa che la partita si incendia. La mossa vincente è di Barbesino, allenatore della Roma: sposta Guaita al centro dell'attacco e il Corsaro Nero si scatena. La Roma raddoppia e a quel punto Guaita decide di entrare nella storia. In 16 minuti Guaita infila 4 volte il pallone nella porta granata, 3 in appena 6 minuti, facendo impazzire di entusiasmo non solo i supporters giallorossi. Tifosi romanisti che peraltro sono ben presenti, formati in larghissima parte da soldati dell'aviazione di stanza a Torino. Ah, Guaita quel giorno non vuole farsi mancare nulla e oltre ai 4 gol firma anche gli assist per le altre due reti giallorosse: insomma, un one-man show dell'argentino, oriundo precettato da Pozzo per la spedizione mondiale. Reduce dalla trasferta piemontese, Guaita a Roma è portato in trionfo dai suoi tifosi, che in lui vedono la base per costruire il sogno dello scudetto. Resteranno delusi, dovendo pazientar ancora qualche anno in più prima di poter festeggiare il tricolore.
IL CORSARO NERO - Si diceva dell'oriundo Guaita. L'argentino appena arrivato in Italia acquisisce – alla moda del tempo – la cittadinanza italiana e viene subito “arruolato” nella Nazionale azzurra, anche se nel 1933 aveva già giocato con la albiceleste, dettagli. Giusto il tempo per giocare e vincere la Coppa del mondo nel 1934. Curiosamente, l'altro trofeo internazionale Guaita lo vince nel 1937 con la maglia dell'Argentina. Attaccante veloce, rapido Guaita poteva giocare in tutto il fronte d'attacco, esaltando le proprie capacità di fromboliere. Dopo la tripletta segnata al Livorno, i tifosi della Roma – che quel giorno giocava con la maglia nera – gli danno il soprannome di “Corsaro Nero” e con quel soprannome si fece conoscere ed apprezzare nel nostro Paese. 14 reti la prima stagione in giallorosso, Guaita nel campionato 1934/35 realizza ben 28 reti in 29 gare giocate, segnando il record – tuttora detenuto – di reti realizzate in Italia in un campionato a 16 squadre. Cresciuto nell'Estudiantes, vi tornerà a giocare una volta rientrato in Argentina. Arriva, come detto, alla Roma nel 1933 grazie alla segnalazione di Nicola Lombardo, ex calciatore argentino della Roma, che caldeggia il suo ingaggio e quello del suo compagno di reparto Scopelli al presidente giallorosso Sacerdoti. Sacerdoti, il Banchiere del Testaccio, non si lascia condizionare dalle proteste e minacce che intanto in Argentina si fanno pesanti e stacca assegni che fanno da transatlantico per i nuovi fuoriclasse. Senso del gol, progressione e velocità sono le caratteristiche di questo fromboliere che egoisticamente “vive” per i gol, i suoi. La Roma per il successivo campionato del 1935/36 non lesina gli sforzi economici, costruisce una squadra attorno ai suoi assi argentini per puntare in alto, ma Guaita, Scopelli e Stagnaro proprio alla vigilia dell'inizio del nuovo campionato sono protagonisti di una clamorosa fuga dall'Italia che farà infuriare tifosi e regime, “ma questa è un'altra storia, e si dovrà raccontare un'altra volta”.
(Alessandro Bassi è anche su http://storiedifootballperduto.blogspot.it/)