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    Gravina: 'Ci servono 45-60 giorni per finire i campionati. No all'Europeo, sì a playoff e playout. Deadline il 30 giugno'

    Gravina: 'Ci servono 45-60 giorni per finire i campionati. No all'Europeo, sì a playoff e playout. Deadline il 30 giugno'

    Il presdiente della FIGC, Gabriele Gravina, ha concesso una lunga intervista al Corriere dello Sport in cui parla del futuro del calcio italiano, dell'emergenza coronavirus e delle scelte che saranno prese per il nostro campionato.

    Per non affondare deve decidere se gettare in mare gli Europei, o piuttosto il campionato e le Coppe. La scelta è già caduta sul primo?
    "Lo decidiamo martedì. Ma una constatazione s’impone. L’evoluzione dell’epidemia traccia un percorso chiaro. Siamo tutti coinvolti allo stesso modo. Nessuno può più pensare che questo sia un problema italiano. Il nostro Paese è solo due settimane avanti rispetto al resto d’Europa. Tutti dobbiamo mettere prima la salute e poi far prevalere il buon senso. E il buon senso dice che difendere un solo grande evento europeo, programmato per giugno, sarebbe un errore strategico".

    Ne avete parlato?
    "Non ancora in maniera ufficiale. Perché prima di dire che l’Europeo slitta ci vuole il sì delle altre Federazioni, ma ​ho fiducia di sì. Se continuassimo a non decidere, ne avremmo un boomerang".

    Ma lei è certo di poter salvare il campionato?
    "Beh, io mi accontenterei di salvare la salute di tutti gli uomini di sport, anzitutto. Poi ho fiducia di salvare anche i campionati. Abbiamo una dead line. È il 30 giugno. Scadono contratti, assicurazioni, licenze. Finisce l’anno calcistico. Andare oltre significa introdurre modifiche regolamentari del tutto eccezionali"

    Quanti giorni servono per concludere i tredici turni mancanti della serie A, considerato che nello stesso periodo potrebbero esserci impegni delle italiane nelle Coppe?
    "Dai 45 ai 60 giorni. In due mesi portiamo tutto a termine con certezza. Se pure iniziamo a maggio, si può fare"

    Quindi lei non crede a una riapertura dopo il 3 aprile.
    "Credo che aprile sarà ancora in parte un mese di sofferenza, e in parte di accompagnamento alla ripresa delle attività. Ma non ho la sfera di cristallo"

    Se l’epidemia si mangia anche un po’ di maggio o tutto maggio, che si fa? Si rinuncia ad assegnare lo scudetto, o lo si regala alla Juve, grazie a un solo punto in più sulla Lazio? Come avete fatto a ipotizzare una simile idea? Fa torto alla stessa Juve e ai tifosi italiani.
    "Tutti pensano che l’unico problema sia quello di assegnare lo scudetto. Ma noi dobbiamo stabilire chi va in Champions e in Europa League, chi retrocede in B, chi sale in A, chi retrocede in C e chi sale in B. Le sembra poco? Lo scudetto c’entra, perché in via teorica si potrebbe anche non assegnare il titolo, ma tutto il resto si deve stabilire. Rinunciare a promozioni e retrocessioni sarebbe una violazione degli interessi soggettivi di tante società"

    Vuol dire che, se la classifica cristallizzata vale per le qualificazioni, dovrebbe valere anche per lo scudetto?
    "Non vorrei dover rispondere a questa domanda. Perché penso che congelare una classifica sia un errore da evitare. Il valore della competizione va salvaguardato. Dobbiamo dare delle chance a chi ha investito tanto su un obiettivo sportivo. Vuol dire giocare il più possibile. Portarci avanti col campionato e finirlo, se possibile. Dobbiamo trovare una formula che salvi la competizione. Playoff? Sì e anche playout. ​Ma non tutti concordano, mi pare normale. Chi punta a vincere o a salvarsi preferirebbe giocarle tutte. E ha ragione. Ma in questo momento nessuno ha la certezza di poter fare una cosa piuttosto che un’altra"

    Il calcio è molto indebitato. Reggerà?
    "Ogni terremoto ha le sue macerie, non me lo nascondo. E sono molto preoccupato. C’è una negatività finanziaria pregressa su cui si abbatte adesso questo tsunami. Non sarà facile rialzarci. Dobbiamo porci subito il problema e ribaltarlo anche sui nostri interlocutori che hanno una responsabilità politica. Chiedo al governo sospensione e rinvio di adempimenti fiscali, rateizzazioni. E il riconoscimento di una causa di forza maggiore che consenta alle Federazioni di riconsiderare molti impegni contrattuali. Poi dobbiamo attivare meccanismi interni di autosostentamento, come un fondo tra credito sportivo e federazione. E dobbiamo valutare una tutela per i calciatori che non giocano e che rappresentano un onere pesante per le società. Penso ad ammortizzatori come la cassa integrazione speciale".
    La cassa integrazione per Ronaldo?
    "No, per quelli che giocano in Lega Pro, il cui stipendio lordo è di 30mila euro all’anno. È impensabile toglierglielo senza far saltare tutto il sistema"
     
    Il calcio non ha fatto proprio una bella figura. Anzi, ha dato la sensazione di voler giocare con l’emergenza, piegandola ai propri interessi
    "Non sono d’accordo. Nei primi giorni della crisi sanitaria, nel calcio c’è stato un dibattito aperto. C’era un decreto del governo che consentiva di giocare, sia pure a porte chiuse. E c’era la posizione dei titolari di licenze sulle gare, che ventilavano cause di risarcimento se non si fosse giocato. Si era tra due fuochi. Non era facile scegliere. Chi ci ha dipinti come menefreghisti, lo ha fatto artatamente per interessi di posizionamento personale all’interno del nostro mondo".
     
    Però non negherà che nel calcio gli stracci sono volati anche in queste ore. Mentre il virus infuriava, c’era Zhang che dava del pagliaccio a Dal Pino, Agnelli che dava del furbo a Lotito, il portavoce della stessa Lazio che gridava: ci vogliono fregare lo scudetto. C’è una strana “educazione” al bullismo, a cui si adegua anche l’ultimo arrivato, un ragazzino cinese di ventotto anni. Non è troppo?
    "Sì, questo individualismo è una malattia che il calcio paga caro. Mi auguro che l’isolamento obbligato, a cui ci chiama l’emergenza, faccia riflettere molti. Se non facciamo sistema, ci danneggiamo l’un l’altro"

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