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Gli impegni extra con la Svezia spengono Ibra: ma era necessario tornare in Nazionale?
RITORNO DI TROPPO - A partire proprio dall'età, perché per quanto Ibra si diverta a definirsi un 'Benjamin Button', i tempi di recupero non sono più quelli di un tempo. Specie se si considera che Zlatan a Firenze era appena rientrato da un problema agli adduttori he lo aveva tenuto fuorigioco per le partite con Udinese e Verona (in concomitanza con la partecipazione a Sanremo, in collegamento dopo la seconda gara) e contro il Napoli. Subito in campo, subito in nazionale dalla quale è tornato solo dopo la terza partita nonostante non l'abbia disputata, e nuovamente schierato contro la Samp da Pioli, senza alternative viste le assenze di Leao e Mandzukic e le non perfette condizioni di Rebic. C'è poi un altro dettaglio che ha suscitato perplessità, ossia il timing del ritorno in nazionale: un rientro in attività non immediato, ma ben cinque anni dopo aver dato l'addio alla Svezia, non c'era un percorso pregresso da riprendere ma uno nuovo da aprire alla soglia dei quarant'anni. Una scelta personale legittima per un calciatore, ma vuol dire anche una fonte di stress e fatica aggiuntiva che rischia di avere ripercussioni sul rendimento con il club. E la partita di San Siro ne è un'evidente testimonianza: stanco, spento, spesso pizzicato in fuorigioco, impreciso nelle scelte e nei passaggi, Ibrahimovic non è stato il trascinatore di cui aveva e ha bisogno il Milan per difendere il piazzamento Champions. Da qui a fine stagione il problema non si ripresenterà, non sono più previste soste per le nazionali, e all'orizzonte c'è l'Europeo estivo che realisticamente è l'ultima competizione cui l'attaccante può puntare con la Svezia, ma viste le sue condizioni, l'emergenza in attacco che sta vivendo il Diavolo e la serrata lotta che i rossoneri stanno affrontando per terminare tra le prime quattro, è inevitabile la domanda che i tifosi si pongono e pongono a Ibra: era davvero necessario tornare a indossare la maglia della Svezia?