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    Giovani italiani e riforma Primavera: ha ragione Allegri, è un tentativo disperato con tanti limiti

    Giovani italiani e riforma Primavera: ha ragione Allegri, è un tentativo disperato con tanti limiti

    • Emanuele Tramacere
    Le grandi sfide di campionato, d'Europa e di Coppa Italia hanno distolto un po' l'attenzione su uno dei problemi più grandi evidenziati a lungo dal ct Roberto Mancini: ci sono troppo pochi giovani italiani che giocano con continuità. Un'emergenza endemica del nostro pallone a cui, per la prima volta dopo tanto tempo, anche i club di Serie A hanno deciso di prestare attenzione. È da qui che nasce l'ultima riforma, già annunciata e ufficializzata, del campionato Primavera che però, proprio fra le pieghe delle nuove norme, nasconde già limiti che potrebbero portare il focus d'impatto ben lontano dall'obiettivo prefissato, ovvero dare più spazio ai talenti italiani.

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    UNDER 20 -
    Il primo step della riforma è paradossalmente un passo indietro. I club di Serie A hanno deciso di innalzare il limite di età (tralasciando eventuali permessi per i "fuoriquota") del campionato che passerà da un campionato Under 19 a uno Under 20. Cosa vuol dire? Che alcuni di questi ragazzi potranno "uscire" dalla Primavera con 21 anni di età compiuti. Ma in un mondo del calcio globale in cui l'età media di esordio o approdo in prima squadra (e quindi nel calcio professionistico) si sta abbassando, noi andiamo in controtendenza aumentando i limiti d'età.



    HA RAGIONE ALLEGRI - È in questo quadro che si inseriscono, a ragione, le parole di Massimiliano Allegri, allenatore della Juventus, che in diverse conferenze stampa ha sminuito e non poco prima la possibilità e poi questa scelta normativa: "Ho sentito che vogliono alzare l’età della Primavera a 20 anni. Per me è sbagliato, in primis per i ragazzi. La gente a quell’età ha due figli. Credo sia meglio giocare sotto età. Tutti parlano dei problemi, nessuno parla mai di soluzioni". E ancora: "Vedendo quello che hanno deciso d'ora in avanti uno di 22 anni può essere chiamato giovane, ma questo fa parte del movimento italiano, per sistemare bisogna decidere e qui non decide mai nessuno".

    TROPPO POCHI E SENZA OBBLIGHI - L'altro aspetto da tenere in considerazione è invece proprio il doppio "limite", che poi doppio non è, di avere in rosa almeno 10 giocatori "local" (formati per almeno 2 anni dai 12 anni in su) e almeno 10 giocatori convocabili per le nazionali italiane (entro 3 anni, si partirà con 5, poi 8, poi 10). Un principio che potrebbe essere corretto se non fosse che se i 10 giocatori italiani fossero anche "local" completerebbero entrambi i requisiti. E allora invece che 20 giocatori prodotti dai vivai di cui 10 italiani, ne potremmo avere in lista gara (non in rosa) anche soltanto 10 senza alcun obbligo di schierarli in campo. Troppo pochi, troppo poco. Il tentativo disperato di cambiare il sistema nasce già zoppo. Tolta l'idea malsana di aumentare il limite d'età (che altro non fa che mettere in discussione l'idea più importante delle seconde squadre) inserire l'obbligo di avere almeno il 50% dei giocatori italiani in campo potrebbe essere un'implementazione che aiuterebbe il sistema.

    @TramacEma

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