Giocare su colonne: il calcio ‘ugly’ e razionale del Genoa di Blessin per l’Italia è una novità
Tramite una così statica e paludata analogia ho il piacere di introdurvi per contrasto al discorso energico e ancor più verticale del calcio di Alexander Blessin. Il tedesco.
Dopo aver visto Genoa-Udinese, il debutto del tecnico di Stoccarda, alcuni, anche fra i più entusiasti, si saranno chiesti se c’era bisogno di scomodare tutta questa metodologia straniera all’ultimo grido, che potremmo definire ‘approccio Red Bull’, per ottenere di fatto un gioco così semplice e istintivo. E in effetti viene proprio da riflettere: come è possibile che ‘una cosa del genere’ sia stata teorizzata dalle menti iper-razionali dell’Europa centrale? Che differenza c’è fra il tradizionale gioco duro, aggressivo che tutti noi già conosciamo, e il calcio brandizzato e portato in giro per il mondo da questi figli di Rangnick? In sostanza cosa c’è di ‘tedesco’ in queste zuffe in cui il pallone si agita febbrilmente e viene nervosamente ribattuto da una parte all’altra del campo? Dov’è la ratio? E in che modo potremmo arrivare a dire che il Genoa, con l’arrivo di Spors e Blessin, rappresenta non solo il primo laboratorio in Italia, non solo il primo avamposto di quel modello culturale, ma soprattutto un cambio di paradigma per la lotta salvezza? A tutte queste domande cercheremo di dare risposta nell’analisi che segue.
GIOCARE SU COLONNE - Anche se l’Ostenda di Blessin si schierava non di rado col 3-5-2, e anche se il Genoa veniva da una storia tattica nella quale si utilizzava lo stesso sistema, sia con Ballardini che con Sheva (al netto delle diverse proposte e interpretazioni), la prima apparizione del tecnico tedesco sulla panchina del Grifone è stata caratterizzata da un brusco ed emblematico cambio di modulo: 4-2-3-1/4-2-1-3, vedete voi quale delle due formule vi sembra più adatta, è solo per capirci e imbastire il discorso. Quasi a dire si riparte anche da questo segno, refresh. Proviamo un’altra via. E soprattutto facciamo a meno del dogma dell’ampiezza, tagliamola via concettualmente per ora. Non serve, è spazio superfluo, spazio degli altri. Presto l’immagine del tema con cui ho esordito vi risulterà più chiara. Blessin quando adotta il sistema tipico della galassia Red Bull (il 4-4-2/4-2-3-1/4-2-2-2), di cui fra l’altro si è servito spesso sia nelle giovanili del Lipsia sia in Belgio, gioca su colonne di campo. Guardate qua sotto. Nel secondo tempo la larghezza media della sua squadra è stata di 21, 76 m. Più di 10 metri in meno di quella dei friulani (33, 63) o di quella del Milan (32, 57) contro la Juventus. E cito i rossoneri perché sono un modello di aggressività in Italia.
Blessin sembra pensare davvero ‘chi se ne frega dell’ampiezza, ve la lascio volentieri’. Non si è vista alcuna forma ridotta di costruzione dal basso e di sviluppo razionale della manovra in Genoa-Udinese. Mai una risalita palleggiata e graduale del pallone, sempre questi lanci in verticale eseguiti solo per innescare il pressing. Jesse Marsch una volta disse: “Siamo l’anti-Barcellona”. E aveva ragione. Aggiungerei la reazione vera, la più attuale a quel tipo di calcio, perché questi l’anti-Barcellona lo sono in maniera differente dal più trito (e triviale) tradizionalismo italiano dal baricentro basso. Ma non è neanche puro istinto, non è solo un fatto di mentalità. Non basta dire “siamo aggressivi” per essere efficacemente e sistematicamente aggressivi. Geometricamente aggressivi. Si annida qui il marchio tedesco. È l’istinto assunto e sistematizzato dal pensiero, ottimizzato dalla ragione calcolatrice. È una furia su base matematica.
Non si capisce il pressing e il gegenpressing di questi “Laptop trainer” (“gli allenatori col portatile” della nuova scuola tedesca) senza una riflessione fondante sullo spazio e sul suo trattamento o manipolazione. Giocare su colonne significa portare densità in zona palla e avere una visione di gioco verticale. Indossare volontariamente il paraocchi per raffinare lo strumento della transizione. Non c’è gegenpressing senza Yeboah (esterno alto del 4-2-3-1 del Genoa) che stringe ben oltre l’asse centrale del campo, quando il pallone si trova sul lato opposto.
Il primo Ajax di Ten Hag stringeva spesso i quattro più offensivi così su un lato, ma per fraseggiare rasoterra, per manipolare con la palla. Qui sopra invece il pallone vola volentieri, con Blessin. È come se venissero rovesciati gli stessi principi: la densità che serve a fraseggiare e costruire pazientemente per alcuni, per altri serve solo a decostruire, distruggere e ripartire veloci. Viene poi da chiedersi che utilità possa avere la diagonale del quinto dell’Udinese sul lato debole, se il gioco accade per un bel po’ dall’ altra parte. Se ‘le cose importanti’ e che determinano il contesto della gara ‘succedono’ altrove. Se l’ampiezza per il Genoa in questo momento non è mai una soluzione da perseguire e non ci sarà mai un cambio di gioco o un giro palla ad attivare un esterno coi piedi sulla linea. Come si esce da questo loop fatto di palle alzate e riconquista immediata? Cioffi se lo sta ancora domandando.
Persino le rimesse laterali hanno un che di significativo. Bani, nell’immagine sotto, è comunque il centrale di una squadra che in teoria sta lottando per non retrocedere. Eppure è più alto in preventiva di un Alaba con Flick.
E anche in questo caso c’è Yeboah al di qua dell’asse centrale del campo, il che significa che la rimessa sarà direttissima, non si vuole muovere palla dietro per portarla di là o comunque provare a manovrare. Le azioni hanno un tempo di scadenza, brevissimo e verticale, il famoso Countdown Clock. Ed ecco cosa succede se la squadra avversaria respinge fuori la rimessa. Guardate dove sono i centrali Vanheusden e Bani. E soprattutto cosa fa Bani: la ributta là dove per via di seconde palle e riaggressione il Genoa può risultare pericoloso, e insistere e sfiancare. Non vi sembra un cambio di paradigma per una squadra che si deve salvare? In avanti, in avanti, in avanti. Col pubblico che si riaccende e risponde entusiasta a quello che interpreta nell’immediato come ‘cuore’, un ‘dare tutto per la maglia’. C’è uno scambio di energie positive ora, fra campo e spalti, fra scivolate e cori.
PALLONI CHE VOLANO E COMBINAZIONI - E quando una combinazione verticale funziona, si crea un’occasione, come nella sequenza sottostante questo pallone alzato da Vasquez (schierato terzino e preferito a Cambiaso). Un campanile che può venir giù con molto danno per gli avversari impreparati tra le linee.
Sulla torre di Ekuban Portanova si avvicina per ricevere tra le linee, indirettamente, la sponda di Destro.
E l’Udinese arriva seconda.
Portanova può calciare dal limite, mentre i suoi centrocampisti accorciano, ‘mangiano spazio’ insieme ai terzini, che sono usati più come supporto di pressione aggiunto alla seconda linea che per altro.
LA REGIA VERTICALE DI BADELJ - Basta guardare come si è messo a giocare Badelj. Sturaro e Portanova, ovvio, balzano all’occhio per la loro predisposizione all’aggressività. Hanno fatto una partita incredibile contro gli uomini di Cioffi. Però Badelj fa capire il resto. È cambiata la sua regia, e da giocatore intelligente qual è ha messo subito in pratica i principi del nuovo allenatore.
Palloni come questo, spiovuti dal cielo e che un tempo avrebbe ‘pulito’ aprendo al terzino Cambiaso per iniziare una manovra, oggi sono gestiti per lo più in altro modo. Blessin non vuole ‘pulire’ niente. Vuole un calcio “ugly”. E il suo regista risponde subito così, con un calcetto in stile rugby, che tra l’altro fa anche rima. Soliti esterni stretti che tagliano. Soliti terzini stretti a supporto della seconda linea.
ANCHE IN DIECI… - Per chi non avesse colto il cambio di paradigma avvenuto nei primi ottanta minuti di gioco, dopo l’espulsione di Cambiaso si è presentata una ulteriore e definitiva occasione: come avrebbe reagito Blessin all’uomo in meno? Ricordiamoci che Genoa e Udinese stavano ancora zero a zero, e un fatto di tale portata avrebbe potuto spostare gli equilibri. Blessin ha reagito con esemplare coerenza tedesca.
Non ha rinunciato alla verticalità disponendo i suoi uomini su un 4-3-2 ugualmente corto, stretto e aggressivo. La partita è finita col Genoa in attacco, sotto la sua curva. 10 tiri a 2, 8 occasioni da gol a 2, 70 recuperi contro 66, 27 falli del Genoa contro i 17 della ‘fisica’ Udinese. La rosa è quella che è, ‘l’approccio Red Bull’ una cosa nuova, divertente e giusta. Basterà per la salvezza?