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Gino Strada, l’uomo che ha strappato milioni di bimbi dalle mani della morte
Avevamo la medesima età e lui, sono certo, mi avrebbe telefonato tra due giorni per farmi gli auguri di buon compleanno. Non se ne era mai scordato dal giorno, una vita fa, che ci eravamo conosciuti e piaciuti in un circolo teatrale di Milano sostenuto economicamente da Massimo Moratti e da Xavier Zanetti suoi grandi amici. Un poco lo infastidiva la mia fede juventina ma Gino era un uomo profondamente democratico e disposto a tollerare gli altrui difetti sopportandoli come un male necessario perché, diceva, che forse senza una buona Juve non ci sarebbe stata una grande Inter. In ogni caso di pallone si parlava il meno possibile per evitare sciocche seccature. Preferivo interrogarlo sulla sua vita di autentico eroe i cui segni portava tatuati addosso e riflessi nel suo sguardo onesto con gli onesti e di fuoco con gli imbroglioni.
Erano storie colme di tragedia, sofferenza, sangue, violenza barbara, ingiustizia, prevaricazione e disumanità. I suoi nemici dichiarati. Ma erano racconti di amore, di dolcezza, di sguardi teneri, di bimbi venuti al mondo più miseri del bambino Gesù, di gente assetata alla quale veniva data acqua da bere , affamata e nutrita, malata e curata. Da lui, da Gino Strada e dall’esercito di angeli che lavoravano con lui in quella sorta di “bolla benedetta” che è Emergency. Soltanto in Sierra Leone mezzo milione di bambini sono vivi perché il chirurgo di guerra e il suo gruppo sono esistiti. In questo ultimo periodo il termine eroe è stato usato tante volte e talvolta abusato. Ebbene oggi quella di eroe è l’unica e sola parola perfetta con la quale definire una fra le persone più importanti del nostro secolo. Se mai gli capitasse, da lassù, di dovermi leggere riderebbe e mi direbbe con dolcezza: “sei proprio un gobbo….”. Domenica mi mancherà tanto quella telefonata.