Genoamania: troppe ingenuità contro un'Inter provinciale
Ci sono due modi per leggere la sconfitta del Genoa in casa dell'Inter.
Il primo, quello più semplice ed immediato, consiste nel guardare esclusivamente il risultato: 2-0 per i nerazzurri, con un gol per tempo e pratica archiviata in poco più di un'ora.
L'altra lettura analizza invece l'intero svolgimento della gara, prendendo in esame tiri in porta, occasioni da gol, possesso palla delle due squadre. Tutte voci nelle quali l'ago della bilancia pende dalla parte dei rossoblu o al massimo oscilla attorno all'equilibrio perfetto. Numeri privi d'importanza ai fini dell'esito finale ma comunque importanti per capire come si è svolta la partita. Se poi oltre alle statistiche si decide di dare un'occhiata anche alle azioni salienti dell'incontro non si potrà non convenire come a cercare con più insistenza la vittoria, sia sullo 0-0 che dopo il vantaggio interista, sia stato il Genoa.
Eppure, come spesso avviene nel calcio, gli dei del pallone hanno puntato il proprio dito benevolo verso chi meno lo meritava. L'Inter, pur esibendosi davanti al proprio pubblico e potendo contare su un collettivo il cui valore complessivo è nettamente superiore a quello dei liguri, ha giocato da provinciale. Ha trovato un gol fortunoso su azione d'angolo alla fine del primo tempo, dopo aver rischiato di capitolare in almeno tre occasioni in precedenza. Ha barcollato nuovamente ad inizio ripresa ed ha inferto il colpo mortale in contropiede. Alla faccia del calcio-champagne e dei milioni spesi in campagna acquisti, alla fine la differenza l'hanno fatta il redivivo Brozovic e lo spesso criticato Handanovic.
Ma anche Simeone e Ocampos.
Sulle doti del Cholito molto si è scritto e parlato e nessuno può negare che l'argentino abbia le stigmate del predestinato. Tuttavia se al suo posto al centro dell'attacco del Grifone ieri sera ci fosse stato uno con un pizzico di esperienza in più, tipo Pavoletti tanto per non fare nomi, probabilmente oggi staremmo parlando di un'altra partita. E' vero che contro la Juve, due settimane fa, gran parte del merito del successo rossoblu fu suo, che in un quarto d'ora ribaltò la difesa bianconera sfruttando a dovere il lavoro dei compagni. Ma è altrettanto vero che ieri sera Simeone non ha dimostrato la stessa scaltrezza sotto rete. Dote fondamentale per un puntero.
Discorso analogo per Ocampos, la cui zuccata a reti ancora inviolate spedita tra le braccia del portiere interista grida vendetta.
I due giovani argentini hanno talento da vendere e molto presumibilmente tra qualche anno saranno nell'elite del grande calcio. Oggi però la loro età troppo verde non è un pregio ma un limite. Per ovvie ragioni anagrafiche Giovanni e Lucas mancano a volte di quella cattiveria e di quella malizia sotto rete indispensabile a questi livelli. Affidare sulle loro spalle l'intero peso offensivo di una squadra che non ha santi in paradiso è una mossa azzardata. E chi gioca d'azzardo a volte viene ripagato ma altre rimane bruciato.
Non si può però attribuire nessuna colpa di queste scelte a Ivan Juric, che anzi sta ottenendo dal Genoa più di quanto ci si attendesse. In mancanza di alternative lui fa quello che può. Con il suo bomber principe azzoppato, il tecnico croato prova a pescare nel mazzo di carte che ha a disposizione, procedendo più per esclusione che per convinzione. Pandev, ormai, ha dato già il suo massimo in carriera mentre Ninkovic, viceversa, appare ancora troppo immaturo e discontinuo e Gakpé, per quanto umile e disponibile, non è certo un fenomeno.
Così non restano che i due argentini, punte di diamante del mercato estivo ma bisognosi di sgrezzarsi ancora un poco.
A questo punto, visto che gennaio si avvicina, la palla passa alla società. Se davvero si è deciso di rinunciare a Pavoletti lo si faccia, rimpiazzandolo però con un attaccante di pari livello. Non, per esempio, con l'ennesimo giovane mandato in Riviera a maturare. Serve gente esperta ed umile. E che possibilmente la butti dentro.