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Genoamania: Retegui, la mossa vincente della 777
In un'estate in cui gli unici a spendere senza prima incassare sono esclusivamente arabi e inglesi (i cui conti corrente peraltro spesso coincidono), il fatto che una neopromossa allarghi i cordoni della propria borsa per garantirsi il centravanti della nazionale italiana non è esattamente una cosa scontata. L'arrivo in rossoblù dell'oriundo di San Fernando è l'azione che rende reale il potenziale di una proprietà che non ha mai nascosto le proprie ambizioni. Il colpo ad effetto che trasforma le promesse della 777 in materia. L'acquisto che riporta il Genoa sulle prime pagine dei giornali. Mentre le altre società di A, comprese le più nobili e ricche, studiano formule magiche per provare ad accontentare tecnici e tifosi, il Genoa ha fatto ciò che dovrebbe essere prassi in ogni trattativa. Ha offerto la moneta e si è presa il cammello. Per intero. Senza compromessi. Senza postille giuridiche. Senza asterischi legali. Mentre gli altri pensavano a Retegui aggiungendo i 'ma', i 'se', i 'vedremo', i 'potremmo', il Grifone non ha usato condizionali. E' volato a Buenos Aires e si è preso il ragazzo.
Se El Chapita (o come preferisce lui, semplicemente Mateo) diverrà un crack o un flop lo scopriremo solo vivendo. Ma questo in fondo è un aspetto che riguarda qualsiasi operazione di mercato. Ogni acquisto è di per sé una scommessa che si porta dietro una serie infinita e imprevedibile di incognite. Eppure mai come in questo caso si può dire che il rischio sia calcolato. D'altronde il Genoa aveva la necessità di dotarsi di un nuovo centravanti e credere di poterne acquistare a titolo definitivo uno giovane, richiesto e promettente per meno di 15 milioni, cifra che, euro più euro meno, verrà versata al Boca, era francamente da folli. Per riferimenti citofonare a casa Preziosi e chiedere dei vari Favilli o Pinamonti, tanto per non fare nomi.
Ovviamente nessuno può illudersi che basti il solo Retegui a corroborare le ambizioni rossoblù e a risolverne i problemi. D'altronde c'è stato un unico giocatore in grado di vincere le partite da solo. E purtroppo per tutti in comune con Mateo aveva solo la nazione di nascita. Di ciò però sembrano esserne coscienti tutti: allenatore, tifosi e soprattutto società. Ora toccherà proprio ad essa dare continuità al proprio lavoro, affiancando al re una corte degna del suo regno.