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Genoamania: il derby più triste di sempre
Ad essere diverso rispetto ad allora non sarà tanto la cornice quanto il contesto in cui la stracittadina genovese andrà ad inserirsi. Se lo scenario silenzioso nel quale rossoblù e blucerchiati si daranno battaglia sarà in tutto e per tutto uguale a quello dell'ultimo incrocio, il resto appare profondamente diverso. Allora c'erano in palio punti pesanti. Lo erano per i tifosi del Grifo alla disperata ricerca dell'ennesima salvezza al fotofinish; ma lo erano anche per i rivali cittadini, ormai privi di obiettivi da raggiungere ma speranzosi di poter finalmente sanare la ferita causata da Mauro Boselli. Dal risultato di quella gara dipendeva il prestigio del Genoa e l'onore della Samp. Valori che oggi, dopo appena sei giornate di campionato, non sono in discussione.
Oltre all'aspetto puramente sportivo ad essere diverso era però soprattutto il clima che si respirava in quelle settimane al di fuori del rettangolo verde. Il lockdown era ormai un ricordo e l'estate stava portando con sé l'illusione che la parentesi Covid fosse ormai pronta per essere consegnata ai libri di storia. C'era voglia di leggerezza insomma, dopo 10 settimane passate con il mondo chiuso fuori dalla porta di casa. Un trimestre più tardi quelle sensazioni sono state spazzate via da una realtà che ci ha rimesso di nuovo di fronte al mostro. Girare per strada a volto coperto, badando a non avvicinarsi troppo agli altri, è diventata una triste abitudine. La serrata generale ora non è più dietro di noi ma ci si staglia davanti come il peggiore degli incubi possibili, facendo passare in secondo piano tutto il resto. Calcio compreso. Ovviamente.
Per tutto questo, quello di domani sera, non potrà mai essere un derby come tutti gli altri. Una festa dello sport. Un momento dedicato agli sfottò tra amici-rivali che si detestano in campo e si abbracciano fuori. Troppi, e troppo cupi, i pensieri che affollano la testa di ognuno di noi per pensare di scacciarli via grazie ad un pallone. Nonostante ciò il derby si giocherà. Perché, per dirla alla Dante, vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole. Ma forse è è giusto che sia così. In un periodo in cui le uniche certezze sono i dubbi, respirare un po' di normalità non può che far bene all'umore collettivo. Magari per quei 120 minuti, intervallo compreso, davvero riusciremo a non pensare ad altro che a quei 22 ragazzotti in pantaloncini corti. Se così realmente sarà il calcio avrà ancora una volta compiuto la sua magia, distogliendoci per un paio d'ore la testa da pensieri più grossi di noi. A noi non resta che darci appuntamento alle 22:30 di domenica sera per dare il via al rituale scambio di prese in giro e recriminazioni. Un modo come un altro per pensare di aver ritrovato quella normalità che nella realtà appare sempre più lontana.