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Genoamania: e pensare che qualcuno lo vorrebbe cacciare...
Del resto, si sa, il calcio è anche e soprattutto opinione. E la sua popolarità risiede in fondo proprio in questo concetto. Però le opinioni non possono non basarsi su dati concreti. Come la matematica che, seppur non ancora incontrovertibilmente, sorride in maniera evidente al Genoa che, per la prima volta da cinque anni a questa parte, è virtualmente salvo con un mese d’anticipo rispetto alla fine del campionato. Un’opera di poco conto se si guarda alla rosa di una squadra che annovera gente abituata a competere a ben altri livelli. Poco meno di un miracolo (sportivo, s’intende) se si dà uno sguardo a com’era la classifica un girone fa.
L’ennesima impresa firmata da Davide Ballardini sulla panchina rossoblù è forse la più difficile e per questo anche la più bella. Anche perché, aldilà di ciò che pensano molti, la fortuna in tutto ciò non c’entra nulla. La vittoria con lo Spezia, oltre a regalare al Grifo tre passi fondamentali verso l’uscita dal baratro, conferma una tendenza troppo evidente per essere considerata una semplice coincidenza: con il Balla gli scontri diretti si vincono. O quantomeno non si perdono. Potrà sembrare una banalità. In verità è l’essenza della filosofia del tecnico di Ravenna. Se oggi il Genoa è lontano dalle sabbie mobili è soprattutto perché a metterlo KO negli ultimi quattro mesi sono state solo le primissime della classe, e neppure tutte. Bello vincere con il Milan. Stupendo fermare l’Inter. Fantastico stendere la Juve. Ma se poi perdi con le dirette concorrenti le imprese con le grandi servono a poco.
Ballardini non solo riconosce che il vecchio motto del pallone, quello per cui i punti negli scontri diretti contano doppio, non è banale retorica. Lui ha l’abilità di far comprendere questo concetto ai suoi ragazzi, bravi a loro volta a metterlo in pratica. Il suo segreto, se vogliamo, è principalmente questo. Eppure c’è chi di ciò non si accontenta. C’è chi storce il naso. Chi non si diverte. Chi gradirebbe un gioco migliore. Pretese legittime, per carità. Ma che forse fanno un po’ a pugni con la realtà. Premesso che vincere divertendo è un privilegiato per pochi, soprattutto in Italia, terra del bello per eccellenza tranne che nel calcio, bisogna capire cosa si vuol fare da grandi. Nell’ultimo lustro di giochisti, come si chiamano adesso, da Pegli ne sono passati più di uno. Lasciandosi dietro più macerie di Attila. Ci sono stati giovani rampanti, vecchi saggi, risultatisti ed esteti. Tutti, chi più chi meno, hanno fallito. Tranne uno. Uno le promesse le mantiene senza bisogno di farne.
Eppure, là fuori, c’è ancora che qualcuno lo vorrebbe cacciare.