La pioggia si confonde con le lacrime: è l'11 settembre di Genova
Ancora una volta la pioggia si confonde con le lacrime di Genova.
Ancora una volta una città che sull'acqua affonda le radici della propria storia trimillenaria si ritrova in ginocchio a piangere le sue vittime e a maledire le gocce scaricate su di lei dal tumulto del cielo.
Ma questa volta non è la pioggia l'artefice del dramma di una città. Questa volta lei è solo un'indifferente testimone di ciò che la mano dell'uomo ha causato ai propri simili, spezzando la vita di decine di famiglie.
Il 14 agosto 2018 è finito da poche ore eppure il suo nome suona già sinistro nelle orecchie dei genovesi. Una data che nessuno dimenticherà mai più e che tutti porteranno con sé raccontando a chi non c'era dov'era e cosa faceva quel giorno in cui Genova venne mutilata di uno dei suoi simboli più importanti.
Il ponte di Brooklyn lo chiamavamo. Con quel misto di ironia ed orgoglio che da sempre contraddistingue la gente di queste parti. Nell'immaginario collettivo il parallelo con il celebre viadotto newyorkese nacque quasi spontaneo, prima ancora che il Morandi prendesse corpo. Aldilà del sarcasmo scettico dei suoi molti detrattori, quel paragone era in realtà una sorte di collegamento d'onore e fantasioso tra due città così distanti nel mappamondo ma unite nei decenni precedenti da quell'impetuoso flusso di persone che dal Vecchio Mondo migravano verso il Nuovo in cerca della proverbiale “fortuna”. Per quasi un secolo Genova fu la tappa di partenza di quel viaggio ma allo stesso tempo rappresentava anche il capolinea dell'esistenza precedente; New York il punto d'arrivo dell'attraversata transoceanica ma anche l'inizio per molti di una nuova vita.
Mezzo secolo dopo la Superba si riscopre ancora una volta più vicina di quanto credeva alla Grande Mela. Una città sconvolta, sotto shock, colpita in uno dei suoi simboli più moderni ed importanti come accadde a NY quel maledetto 11 settembre di 17 anni fa. Circostanze diverse e numeri diversi, ma accomunate dal medesimo dolore e dallo stesso, terribile, impatto emotivo. Perché prima di tutto il ponte sospeso più alto d'Europa per Genova era un simbolo, proprio come lo erano per i newyorkesi le Torri Gemelle. L'emblema di una rinascita economica, culturale e sociale che negli anni '60 la vide tra le protagoniste più attive del Miracolo Italiano. Più della stessa Lanterna, che pure da mille anni guida verso di sé le navi provenienti da tutto il mondo, assistendo impassibile alle cadute e alle rinascite di una città caleidoscopica. Quel viadotto era un'opera iconica che disegnava lo skyline della sua appendice industriale e al tempo stesso un'opera vitale per una comunità abituata ad utilizzare l'autostrada come se fosse un percorso urbano. Il Morandi era il collegamento giornaliero tra le anime orientale ed occidentale del suo nucleo urbano. Ma era anche il passaggio quasi obbligato per andarsene via da qui, per sempre o temporaneamente, raggiungendo porto e aeroporto. Ci sono genovesi, e sono più di quanti si pensi, che pur vivendo qui da anni non si sono mai neanche avvicinati allo scoglio roccioso su cui sorge il faro più famoso del mondo. Ma sul ponte di Brooklyn, su quell'opera che voleva sposare ingegneria ed architettura, tutti ci erano passati e ci passavano regolarmente. Magari non lo amavamo. Ma lo rispettavano e, in fondo in fondo, pur non ammettendolo neppure a se stessi ne era orgogliosi.
Ora non basterà pulire il fango, seppellire le incolpevoli vittime, cercare inutilmente di consolarne i congiunti dando loro improbabili spiegazioni sul perché di una tragedia assurda, sfogarsi indistintamente con le autorità per tornare alla normalità come è sempre stato in passato. Questa volta la ferita inferta alla città resterà aperta per molto tempo, condizionando per mesi la quotidianità di milioni di persone che ogni giorno si spostano da una parte all'altra del Polcevera. E anche quando lo squarcio verrà rimarginato e al suo posto sorgerà un viadotto ancora più bello ed avveniristico del precedente, questo verrà sempre visto come una cicatrice capace di creare dolore al solo guardarla.
Genova si rialzerà, come ha sempre fatto da prima ancora che sorgesse Roma. Ma la sua anima continuerà a piangere, magari cercando di confondere le lacrime tra le gocce della pioggia.