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    Genoamania: è la salvezza di Nicola e Pandev. E di chi continua ad amare questi colori

    Genoamania: è la salvezza di Nicola e Pandev. E di chi continua ad amare questi colori

    • Marco Tripodi
    Alla fine il Genoa l'ha sfangata anche questa volta. Tra sospetti e gufate ancora una volta il Grifone è riuscito ad aggrapparsi con gli artigli alla massima categoria. Lo ha fatto nel modo che conosce meglio: facendo patire i propri tifosi fino all'ultimo istante possibile. Ormai un classico nella storia rossoblù.

    L'ennesima, rocambolesca, salvezza del Genoa porta una firma ben precisa: quella di Davide Nicola, degno e legittimo erede di un altro Davide, l'uomo della provvidenza per eccellenza Ballardini.

    Come lo stesso tecnico piemontese ha sottolineato al termine della gara con il Verona, dopo il suo arrivo sulla panchina rossoblù la squadra ha tenuto una media-punti che proiettata in un intero campionato l'avrebbe fatta arrivare nella prima metà della classifica. Che poi era la posizione che molti ritenevano che il Grifone potesse raggiungere ad inizio torneo. Ed invece, come forse era lecito attendersi, abbiamo assistito ad un'altra storia. Peraltro tutt'altro che nuova. Abbiamo visto una squadra smantellata e ricostruita nel mercato di gennaio; abbiamo visto tre allenatori alternarsi alla sua guida; abbiamo visto l'ennesimo finale thrilling di un club che la sofferenza ce l'ha nel dna.
    Insomma la solita stagione da Grifo che se è riuscito a salvare la pelle lo deve principalmente al suo condottiero. Che ha fatto anch'egli i suoi sbagli e non sempre è riuscito a correggerli. Ma d'altronde è pur sempre un uomo come tutti noi. Il nuovo Genoa, qualunque esso sia, non può che ripartire da lui. Dalla sua grinta, dal suo carisma, dalla sua capacità di leggere gli uomini prima delle partite. Dal suo essere così profondamente genoano.

    Ma la stagione rossoblù ha un altro volto da incorniciare: quello di Goran Pandev. Campione senza età dalla professionalità eterna. Il re di Macedonia ha disputato il suo campionato migliore dai tempi della Lazio. Incurante delle 37 candeline spente qualche giorno fa si è caricato la squadra sulle sue spalle e l'ha trascinata al traguardo. Senza proclami, senza promesse. A luci spente e con la bocca chiusa. Come nel suo stile. Un esempio di virtù sul quale si può sempre contare. Anche da lui dovrà ripartire il Grifone. Magari cercando di imitarne il carattere indomito e vincente.

    E poi ci sono loro. Quelli che sicuramente lì, al loro posto, ci saranno ancora e che ci sarebbero stati comunque fosse andata a finire questa stagione: i tifosi. Quelli che del Genoa ne fanno una ragione di vita, tramandola di generazione in generazione. Quelli che più si sentono traditi e più continuano ad amare. Quelli che da settembre (si spera) torneranno ad affollare gli spalti di Marassi e a cercare di spingere il Grifone anche nella prossima stagione. Che ancora una volta avrà un solo filo conduttore: la sofferenza. Ormai inconfondibile marchio di fabbrica del club più antico d'Italia.

     

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