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  • Funes, bufalo col cuore troppo grande

    Funes, bufalo col cuore troppo grande

    • Remo Gandolfi
    “Non riesco ancora a crederci.
    E pensare che avevo più di un timore quando fui contattato dal Boca Juniors.
    Io adoro il Boca, è la squadra per la quale facevo il tifo fin da bambino anche se vivevo a San Luis che dalla Bombonera dista quasi 800 chilometri.
    Però il mio passato con il River Plate lo conoscono tutti e non avevo davvero idea di come sarei stato accolto.
    Invece tutti, ma davvero tutti quanti, mi hanno riservato un’accoglienza fantastica, quasi commovente.
    I dirigenti, i miei nuovi compagni di squadra, il mister Carlos Aimar e tutto lo staff tecnico … e soprattutto i tifosi.
    Più di un mese fa, era l’8 agosto, giocai alla Bombonera e per la prima volta indossai quella meravigliosa maglia azzurro e oro (non è giallo amici miei … è oro !).
    E’ stata l’occasione per conoscere i miei nuovi compagni e per rendermi conto che possiamo davvero fare grandi cose insieme.
    D’accordo, era solo una partita amichevole, ma certe sensazioni ti rimangono addosso.
    Era un giorno feriale ma alla Bombonera c’erano più di 10.000 persone per vederci all’opera contro il Banfield.
    “Sono per vedere te Juancito !” mi disse il mio compagno di squadra Alfredo Graciani.
    Entrai nel secondo tempo, feci un assist per Cesar Gaona e sfiorai pure il gol, con la palla che colpì la traversa e rimbalzò abbondantemente fuori dall’area difesa dal biancoverdi del “Taladro”.
    Sembrava fatta.
    Mi sentivo già del Boca quando ulteriori controlli medici non fecero che confermare quello che due mesi fece saltare il mio trasferimento dall’Olympiakos al Nizza, che dopo la mia stagione in prestito al Nantes mi voleva tra le sue file.
    Un problema al cuore fece saltare il mio trasferimento.
    Ma come dicono “nella vita si chiude una porta e si apre un portone”.
    Quel portone è il Boca.
    Ora pare tutto risolto.
    Si, magari non ho il cuore perfetto ma sono pronto ad assumermi tutte le responsabilità del caso.
    Soprattutto dopo ieri sera.
    Sono andato alla Bombonera ad assistere al match dei miei neo-compagni di squadra contro il Chaco For Ever.
    Mi sono posizionato dietro la nostra panchina.
    Non ci è voluto molto perché i tifosi mi riconoscessero.
    E che iniziassero a cantare il mio nome.
    Sono rimasto senza parole.
    E con le lacrime che mi riempivano gli occhi.
    Fra meno di una settimana c’è il Superclasico.
    Andremo al Monumental dove ho lasciato tanti ricordi e vinto una Copa Libertadores e una Intercontinentale.
    Ma capiranno tutti da che parte sta quel pazzerello del mio cuore …

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    Il sogno di Juan Gilberto Funes, detto “El bufalo” per la sua impressionante forza fisica, non si avvererà mai.
    Dopo una settimana di consultazioni e di ulteriori controlli medici che costringeranno Funes a saltare il tanto atteso derby con il River si arriva alla mattina del 26 settembre.
    Il Dottor René Favaloro è in possesso di tutti gli esami.
    Un dirigente del Boca, Carlos Granero, preleva Juan Gilberto Funes dall’Hotel Elevage dove l’attaccante risiedeva e lo accompagna all’Ospedale Italiano di Buenos Aires.
    La domanda che si sente porre Juan Gilberto Funes è brutale nella sua schiettezza.
    “Senor Funes, lei cosa preferisce il futbol o vivere ?”.
    Non solo c’è un cattivo funzionamento della valvola aortica che non permette il normale deflusso sanguigno ma il suo cuore pesa oltre 800 grammi, praticamente tre volte di più di un cuore normale.
    E’ una doccia gelata.
    A Juan Gilberto tremano le gambe.
    Un futuro senza il calcio.
    A 27 anni, nel pieno della prestanza psico-fisica.
    Come se non bastasse quando Funes esce dall’ospedale sono in centinaia i tifosi del Boca che fermano per strada, pregandolo di accelerare i tempi del suo esordio soprattutto dopo aver perso el Superclasico con il River pochi giorni prima.
    Non resta che una cosa da fare.
    Preparare le valigie e tornare nella sua amata San Luis con la sua famiglia.
    Game over.
    “Continuo a sognare che mia moglie mi svegli una mattina e mi dica che è stato solo un brutto sogno”.
    Non sarà così purtroppo.
    Funes tornerà a vivere nella sua San Luis, con la bella moglie Ivana e il piccolo Juan Manuel.
    Giocherà ancora qualche partita con una piccola squadra della sua città, Defensores del Oeste, “per togliersi il vizio del calcio piano piano” come amava ripetere scherzosamente “El Bufalo”.
    Il calcio gli ha dato tanto ma ora occorre guardare avanti.
    Il destino però di tempo non gliene concederà affatto.
    Un anno e mezzo dopo il suo ritiro dal calcio, l’11 gennaio 1992, in un ospedale di Buenos Aires il suo cuore si fermerà per sempre.
    Juan Gilberto Funes non aveva ancora compiuto 29 anni.
    A San Luis saranno in 40.000 coloro che seguiranno il suo funerale.
    Perché la traccia lasciata dal “Bufalo di San Luis” è grande, grandissima.
    Non sono stati soltanto i suoi tanti gol, le sue vertiginose accelerazioni e i suoi potentissimi tiri.
    No, c’è molto di più.
    C’è il ricordo di un “caballero” autentico, una persona umile e di una disponibilità assoluta, dentro come fuori da una cancha.
    Ai Millionarios di Bogotà, al River Plate, all’Olympiakos, al Velez Sarsfield e perfino nel Boca, il suo Boca di cui ha soltanto accarezzato il sogno di giocare, non c’è davvero nessuno che possa parlare male di lui.
    Nessuno meglio della moglie Ivana Bianchi poteva riassumere Juan Gilberto Funes in una frase.
    “Juan ha vissuto esattamente come voleva, facendo quello che amava. Ha dato tutto se stesso, a chiunque senza mai negarsi. A me e a mio figlio ha dato tutto l’amore che poteva. E’ stato una persona eccellente, un marito esemplare e un padre straordinario”.
    A ricordarlo per sempre c’è lo stadio eretto a suo nome nella sua città di San Luis, dove “Juancito” è stato sepolto e dove il suo pueblo non lo ha mai dimenticato.

     

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    Juan Gilberto Funes nasce a San Luis l’8 marzo del 1963.
    San Luis, della provincia omonima, dista quasi 800 chilometri da Buenos Aires e a quasi 300 da Mendoza, la città più vicina dove si gioca un calcio di alto livello.
    Juan Gilberto, per tutti quelli del suo pueblo “Juancito”, muove i suoi primi passi nella squadra locale, l’Huracan de San Luis.
    Ben presto mette in evidenza doti non comuni.
    E’ un attaccante robusto, potente e velocissimo ancorché non dotato di una tecnica eccelsa.
    Viene notato dal Sarmiento de Junin, squadra della Seconda Divisione argentina, ma dopo pochi mesi viene ritenuto ancora acerbo per la categoria.
    Per quasi due stagioni passa da un team all’altro nella sua regione ma senza mai fare autentici sfracelli.
    Jorge Newbery, lo Sportivo Estudiantes e infine il Gimnasia y Esgrima de Mendoza.
    Qui finalmente inizia ad esprimersi a buoni livelli tanto che arriva per Funes la chiamata, invero abbastanza inattesa, dei Millionarios di Bogotà, squadra di vertice del campionato colombiano in quel periodo decisamente ricco e attrattivo.
    Funes arriva nel giugno del 1994 in tempo per giocare il “Torneo Finalizacion” di quell’anno chiuso dai Millionarios al 2° posto alle spalle dell’America de Cali e con il contributo di 4 reti realizzate da Funes.
    Il torneo successivo, l’Apertura del 1985, solleva però parecchi dubbi sulle qualità del giovane attaccante argentino.
    Con una sola rete all’attivo in quasi 20 partite pare che per Juan Gilberto Funes sia di nuovo ora di rifare le valigie … senza che ci sia esattamente la fila di pretendenti per il suo cartellino.
    Però ha ancora 6 mesi di contratto e probabilmente anche per la mancanza di richieste concrete i Millionarios finiscono per confermare Funes anche per l’imminente “Finalizacion”.
    Sarà una delle scelte più felici che farà il Club in quel periodo.
    Juan Gilberto Funes si trasforma in una autentica iradiddio.
    Nella seconda parte della stagione segnerà 32 reti in meno di 40 incontri stabilendo un record difficilmente battibile.
    Per tutti ormai è diventato “il Bufalo” per la sua straripante prestanza fisica.
    Nel computo complessivo della stagione arriverà secondo nella classifica dei marcatori distanziato di un solo gol (34 contro 33) da un altro attaccante argentino, Miguel Oswaldo Gonzalez.
    I suoi exploit in terra colombiana non passano inosservati nella sua Argentina.
    Ora però non ci sono più squadre di secondo rango a richiedere i suoi servigi.
    Ad acquistare a suon di pesos il suo cartellino sono sempre dei “Millionarios”, ma stavolta di Argentina.
    Il River Plate acquisterà Funes nel giugno del 1986 proprio in tempo per schierarlo nelle semifinali del torneo e soprattutto nella finale, disputata contro l’America di Cali.
    Funes sarà il grande protagonista delle due finali, segnando sia all’andata in Colombia che al ritorno nel Monumental.
    L’anno successivo ad attendere Funes c’è il trasferimento all’Olympiakos in Grecia ma ci sono soprattutto le 4 presenze nella Nazionale di Carlos Bilardo, alcune delle quali nella Copa America disputata quell’anno proprio in terra argentina.
    Sarà durante la sua permanenza in Francia che gli verrà riscontrato per la prima volta il suo problema al cuore.
    I medici al Nizza sconsiglieranno seduta stante a Funes di continuare l’attività sportiva.
    Funes non prende neppure in considerazione l’idea.
    Torna in Argentina e firma con il Velez Sarsfield. Sarà un’altra eccellente stagione per “El Bufalo” che segnerà 12 reti in 25 partite.
    Nell’estate del 1990 l’Argentina andrà ai Mondiali italiani a difendere il titolo.
    Sono in molti a ritenere Funes meritevole di un posto tra i 22.
    Non sarà così ma quello che accadrà pochi mesi dopo sarà una delusione decisamente maggiore per il forte centravanti di San Luis che a settembre di quel 1990 dovrà dire addio al calcio, a soli 27 anni di età.


     


    ANEDDOTI E CURIOSITA’
     
    Il pallone è sempre stato una passione assoluta per “Juancito”. “Aiutavo mio padre al nostro distributore di benzina e quando chiudevamo per la pausa dopo il pranzo mio padre andava a riposare nel retrobottega e io con ancora la tuta da lavoro addosso andavo a giocare a calcio al campetto con i miei amici”.
     
    Il denaro non fu mai un aspetto prioritario per Juan Gilberto Funes. Quando firmò il suo primo contratto professionistico con la prima squadra dell’Huracan de San Luis rifiutò lo stipendio.
    “Datelo a qualcuno dei ragazzi della squadra che ne ha più bisogno di me”.
     
    L’inizio ai Millionarios de Bogotà fu difficilissimo. Funes segnava con il contagocce e faceva fatica a giocare con la serenità necessaria. Ricordava così quel periodo lo stesso Juan Gilberto. “Non so cosa mi succede. So solo che la palla non vuol proprio saperne di entrare in porta. Però intorno a me sento comunque tanta fiducia e SO che questo momento prima o poi finirà”. E aveva perfettamente ragione …
     
    Pensiero rafforzato da questa dichiarazione “La fiducia che sento qui in Colombia mi motiva per fare sempre meglio. A volte arrivo a casa distrutto dopo l’allenamento ma non vedo l’ora che arrivi il giorno successivo. Il mio obiettivo è lottare per migliorarmi continuamente”.
     
    Sempre a proposito della sua grande generosità si scoprì diverso tempo dopo la sua morte e fu il figlio a raccontarlo in una intervista che Juan Gilberto Funes durante la sua permanenza in Colombia finanziò interamente l’operazione avvenuta negli USA di un ragazzo tifoso dei Millionarios malato di cancro.
     
    “Quando arrivai al River non ero nessuno. Nonostante questo mi sentii a casa fin dal primo momento e sapete perché ? Perché questo Club ha un anima. E’ formato da persone incredibili e tutti mi fecero sentire a mio agio.
     
    Sempre parlando del suo periodo al River. “All’inizio fu dura. Avevo problemi fisici, non riuscivo ad esprimermi al meglio. Poi feci quei due gol in finale di Libertadores e tutto cambiò per sempre”.
     
    A fine carriera un tributo importante ad un’icona del River Plate.
    “Ancora oggi faccio fatica a crederci … ho giocato al fianco del “Beto” Alonso !”
     
    Assai diversi i ricordi per “El Bufalo” del suo trasferimento in Grecia all’Olympiakos.
    “In Grecia lo spirito di squadra non esisteva. Oltre a me c’erano altri tra calciatori stranieri. I calciatori greci non ci rivolgevano la parola. Eravamo esclusi dalla vita sociale del Club. C’erano dei compagni di squadra che non ci salutavano neppure o che ridevano di noi quando pronunciavamo male qualche parola.
    Finito l’allenamento andavo a casa ed ero praticamente sempre da solo.
    Non fu affatto facile”.
    Continuano i ricordi “Avevo un rivale per il posto di centravanti. Era un ragazzo greco e suo fratello era uno dei capi ultras. Ad ogni allenamento avevo 500 tifosi che mi insultavano istigati da lui”.
     
    Le cose andarono decisamente meglio in Francia, anche se fu proprio in quel paese che gli vennero riscontrati per la prima volta i suoi gravi problemi al cuore.
    “Al Nizza come allenatore avevo Jean Fernandez. Era “innamorato” di me. Segnai tre reti nelle prime due amichevoli. Sembrava l’inizio di una meravigliosa avventura”.
     
    Il racconto di Juan Gilberto di quei terribili giorni.
    “Nel Club c’era una grande eccitazione, tanta attesa che iniziasse la stagione.
    Poi arrivò la mazzata. Il medico sociale mi disse che avevano riscontrato un “soffio al cuore” decisamente importante. Non poteva prendersi la responsabilità di dare il benestare alla mia incorporazione nel team. Non mi importa un accidente dissi loro. Sono 10 anni che gioco a calcio e non ho mai avuto un problema. La responsabilità me la assumo io !”
     
     
    Poi c’è il Boca Juniors, l’amore di sempre rimasto per Juan Gilberto Funes proibito.
    “Quando arrivai al Boca provai un’emozione fortissima. L’accoglienza fu davvero incredibile, commovente. Ricordo che pensai che dopo aver giocato almeno un anno nel Boca avrei potuto anche lasciare il calcio definitivamente”.
     
    Non fu così purtroppo per Juan Gilberto Funes che racconta così la sua purtroppo breve vita lontano dal calcio.
    “Se c’è anche una possibilità su cento che io possa morire in un campo di calcio non posso semplicemente correre questo rischio. Ho una moglie e un figlio di due anni di cui prendermi cura. La mia vita non finisce con il calcio … anche se mi capita spesso di notte di pensare a tutto questo e di piangere come un bambino”.
     
    Infine l’ultimo sogno, rimasto purtroppo anche questo incompiuto.
    La scuola calcio che Juan Gilberto Funes stava allestendo e che sarebbe stata pronta per l’estate del 1992.
    Lui stesso andava a lavorarci, dipingendo le stanze, comprando di tasca sua palloni da allenamento e materiale sportivo.
    Oggi c’è una fondazione benefica che lo ricorda. La Fondazione “Coracon de Bufalo” di cui è presidente il figlio Juan Pablo.
    E per definire chi era Juan Gilberto Funes basta leggere quello che c’è scritto alla base della scultura a lui dedicata a San Luis.
    “Perché non rinnegò mai le sue origini, perché rimase sempre umile, perché tornava sempre e comunque nella sua terra natia, perché sempre diede una meravigliosa immagine di se stesso e della sua patria in Argentina e nel mondo. Il suo popolo non dimentica”

     

    Il ricordo del “Bufalo” Funes del figlio Juan Pablo.

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