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  • In Paraguay era un dio: Arsenio Erico, il più forte di tutti secondo Di Stefano

    In Paraguay era un dio: Arsenio Erico, il più forte di tutti secondo Di Stefano

    • Remo Gandolfi
    “Non ho mai visto uno più forte di lui. Aveva tutto. Tecnica, potenza, velocità.
    E un fiuto per il gol davvero incredibile”
    A dire queste cose è un “certo” Alfredo Di Stefano, uno di quei calciatori che è davvero difficile lasciar furori dalla top 5 dei più forti di sempre.
    Ma a chi si riferisce Alfredo Di Stefano ? Forse ai suoi compatrioti Maradona o Messi ? A Pelè ? Forse a Cruyff o Beckenbauer ?
    No, sta parlando di Arsenio Erico.
    … immagino il vostro stupore …
    Eppure Arsenio Erico è stato non solo il più forte giocatore paraguayano di tutti i tempi ma le sue performance e i suoi gol in Argentina lo hanno catapultato nella storia del calcio sudamericano.
    Arsenio nasce ad Asuncion, in Paraguay, il 15 marzo 1915.
    La sua è una famiglia di calciatori.
    Il padre, lo zio e i fratelli hanno tutti giocato in diverse epoche per il Nacional, uno dei club più importanti del Paese.
    Arsenio Erico entra in questo Club a 11 anni.
    E’ già evidente a tutti che il suo talento è fuori dal comune.
    A 17 anni è già in prima squadra e non c’è un solo supporter del Nacional che non sia più che convinto che il futuro di questo ragazzo sarà assolutamente straordinario.
    In area di rigore è spietato.
    Ha un gran tiro, un’eccellente tecnica di base e una capacità innata di essere sempre al posto giusto nel momento giusto.
    Ma ha una caratteristica peculiare che lo rende impossibile da contenere: una elevazione assolutamente straordinaria.
    Questa dote, in un fisico slanciato (sfiora i 180 cm di altezza che all’epoca era una misura non comune) lo rendono praticamente insuperabile nel gioco aereo.
    Segna una quantità enorme di gol di testa.
    Tra i tifosi del Nacional è già diventato un idolo.
    Tutto però sembra destinato a finire.
    Scoppia la guerra del Chaco.
    E’ il giugno del 1932.
    Il Paraguay va in conflitto con la Bolivia, a seguito della disputa tra due compagnie petrolifere di questi due Paesi per una zona di confine ritenuta ricca di risorse naturali.
    Arsenio, come praticamente tutti i giovani del suo Paese, viene chiamato alle armi.
    Sembra proprio che la sua carriera, appena iniziata, sia già al capolinea.
    Ma quella che poteva sembrare una catastrofe a livello personale si trasforma invece in una insperata opportunità.
    Il comandante Molinas, sfegatato tifoso del Nacional, lo riconosce fra gli altri ragazzi appena arrivati al fronte.
    “Tu ragazzo sei il futuro del Nacional. Non possiamo permetterci di perderti”.
    Arsenio viene inviato alla Croce Rossa, il posto più sicuro di quell’assurdo conflitto.
    Ma c’è di più.
    La Croce Rossa ha la sua squadra di calcio, organizzata con l’obiettivo di disputare incontri-esibizione in giro per il Sudamerica per raccogliere fondi per i soldati al fronte.
    La squadra è solo poco più che mediocre ma Erico cattura l’attenzione praticamente di ogni squadra avversaria.
    E’ in Argentina che si scatena una vera e propria gara d’asta per il giovanissimo attaccante.
    River Plate e Boca Juniors, le due grandi per antonomasia, ingaggiano un braccio di ferro a suon di pesos.
    E quando il River pare averla spuntata arriva un’offerta “principesca” dall’Independiente, altra grande del calcio argentino.
    I “Rojos” offrono praticamente il doppio di quanto offerto dai “Millionarios” !
    12.000 pesos al Nacional (che ovviamente possiede ancora il cartellino di Arsenio), 200 pesos al mese per Arsenio e un assegno di 5.000 pesos per lui al momento della firma.
    Cifre pazzesche per il periodo.
    La prima cosa che fa Arsenio Erico è donare per intero i 5.000 pesos alla Croce Rossa paraguayana.
    Molto più di quello raccolto nei tanti mesi in tour per il continente dalla squadra.
    Quando debutta per l’Independiente ha appena compiuto 19 anni.
    Le prime due stagioni sono complicate da diversi infortuni che ne limitano il rendimento.
    Ma che il ragazzo sia un talento fuori dal normale se ne sono accorti tutti al “Estadio Libertadores de America”.
    Nel 1937 Erico riesce finalmente a giocare una stagione intera.
    Il risultato è impressionante: segna 48 reti in 34 partite.
    1,41 a partita. Una cifra impressionante.
    L’anno successivo la media sarà ancora migliore: i gol sono 43 ma in sole 30 partite.
    Ma quello che più conta è che in quel 1938 l’Independiente conquisterà il primo titolo della sua storia ed Arsenio Erico ne è il protagonista assoluto, anche se al suo fianco ci sono calciatori fantastici come Zorrilla, De La Mata, Sastre e Vilarino.
    E’ talmente entrato nel cuore della gente che per lui i soprannomi, così amati a quelle latitudini, si sprecano.
    E quasi tutti legati alla sua incredibile elevazione, che ha stupito e affascinato la fantasia dei tifosi.
    “El hombre de goma” “El saltarin Rojo” “El Aviador” “El diablo saltarin” “El rey del gol” “El mago” o “El virtuoso” solo per citarne alcuni.
    Proprio in quella stagione capiterà un episodio curioso che consegnerà definitivamente Arsenio Erico alla leggenda e al folklore del calcio argentino.
    Accade che la più grande azienda produttrice di tabacco del Paese, la “Cigarillo” metta in palio una impressionante quantità di denaro (qualcuno parla addirittura di un’automobile) per il giocatore che riuscirà a segnare 43 reti in una sola stagione, 43 come il nome del famoso “Cigarillo 43”.
    Come nelle previsioni Arsenio raggiunge per primo questa cifra, alla penultima partita del campionato.
    Invece di ricevere il meritatissimo premio per l’impresa ottenuta come triste scappatoia l’azienda “Cigarillo” gli comunica che il premio sarà assegnato a chi segnerà ESATTAMENTE 43 reti in una stagione.
    A quel punto c’è solo una soluzione che Erico non dubita un secondo a mettere in atto: nelle partita successiva non segna neppure un gol, facendo segnare i compagni o addirittura mancando volontariamente delle occasioni incredibili sottoporta … tra le risate e il divertimento del pubblico che ovviamente conosceva tutta la storia !
    Sempre in quella stagione arriverà un’altra dimostrazione dello spessore di Arsenio Erico.
    Non del calciatore stavolta ma dell’uomo.
    L’Argentina gli offre la possibilità del secondo passaporto in modo da poter disputare con la “Albiceleste” gli imminenti mondiali di Parigi del 1938. C’è anche una enorme somma di denaro in ballo.
    Si parla addirittura di 200.000 pesos.
    Arsenio rifiuta l’offerta.
    Grazie, ma il mio paese è il Paraguay”
    Frase che lo farà assurgere allo stato di semidio nel suo Paese natio.
    L’Independiente si ripeterà l’anno successivo conquistando un altro titolo con Arsenio che per la terza stagione consecutiva supererà il muro dei 40 gol.
    La superiorità dei “Rojos” è impressionante.
    Non si contano le vittorie di larga misura a tal punto che più di una volta i giocatori dell’Independiente decidono di  inscenare una curiosa pantomima: Erico che, con la palla tra i piedi nell’area di rigore avversaria, ritorna verso la propria porta fingendo di dribblare anche i suoi compagni !
    Ma non c’è malizia o volontà di irridere gli avversari … è solo un modo per far divertire il proprio pubblico, di cui Arsenio è l’indiscusso idolo.
    Nel 1940 l’Independiente deve cedere il titolo al Boca Juniors, piazzandosi comunque al secondo posto (per la 5a volta nelle ultime otto stagioni) ed Erico inizierà a vedere calare le sue impressionanti medie realizzative.
    All’inizio del 1942 c’è qualche screzio con la società.
    Arsenio intanto non ha mai dimenticato una vecchia promessa fatta al padre.
    “Vincerò il campionato paraguayano con il Nacional”.
    Trova un accordo con l’Independiente e torna nel suo paese per disputare il campionato con la sua squadra del cuore.
    Manco a dirlo il Nacional vincerà il campionato a mani basse guidato dal suo figliol prodigo, davvero troppo forte per i suoi avversari.
    Missione compiuta e promessa al padre realizzata, Erico torna in Argentina, ovviamente sempre nelle file del suo Independiente. Ormai la soglia dei trent’anni è vicina e l’esplosività di un tempo inizia pian piano a scemare.
    Nel 1945 tornerà a toccare la quota di 20 gol in una stagione ma in quella successiva i suoi problemi al ginocchio sinistro, tormentato da problemi al menisco che si sta trascinando da tempo, iniziano a diventare difficili da gestire.
    4 gol in 19 partite sono il segnale inequivocabile che il tramonto è ormai prossimo.
    Dopo una  stagione all’Huracan condizionata dai suoi guai fisici e dopo un lungo periodo di inattività tornerà per il suo personale canto del cigno al suo amato Nacional, dove svolgerà i compiti di allenatore-giocatore.
    E’ il 1949 e a 34 anni Arsenio Erico, il più grande calciatore paraguayano di tutti i tempi, appenderà le fatidiche scarpe al chiodo.
    Ci sarà per lui una breve esperienza in panchina nel Club Sol de America, sempre in Paraguay che Erico porterà ad un brillante secondo posto.
    E’ l’ultima sua esperienza nel calcio.
    Arsenio torna a vivere in Argentina dove nel 1960 sposerà la signora Aurelia Blanco.
    Dopo pochi anni però i problemi mai risolti al menisco diventano seri davvero.
    Il ginocchio si infetta e la chirurgia di quel tempo non trova rimedio migliore che l’amputazione dell’arto.
    Il problema non si risolve.
    Tutt’altro.
    Sopraggiungono complicazioni e il suo cuore, il 23 luglio del 1977, cessa di battere.
    Arsenio Erico ha 62 anni.
    Quello che accade il giorno dopo, in una partita del campionato argentino tra River Plate e il suo amato Independiente, proprio le due squadre che 40 anni prima avevano strenuamente lottato a suon di pesos per assicurarsi le prestazioni del grande centravanti paraguayano, è entrato di diritto nella leggenda del calcio argentino.
    Uno spettacolo meraviglioso con le due tifoserie unite nel ricordare questo grande campione e persona di grande umiltà e lealtà in un unico, meraviglioso coro: “Se siente, se siente, Erico està presente” …
    L’Independiente si farà carico di tutte le spese relative al funerale, a cui assisterà una folla oceanica che accompagnerà la salma di Arsenio dalla sede del club di Avellaneda fino al cimitero di Moron in Buenos Aires ... distante 65 km. !
    Per anni vi sarà un contenzioso aperto tra il governo paraguayano e quello argentino per poter avere i resti di Erico nella propria terra.
    Nel 2010 il Paraguay la spunterà e riporterà a casa il proprio campione.
    Nessuno nella storia del calcio argentino ha fatto meglio di lui in termini realizzativi.
    295 reti in 332 presenze nel campionato argentino … due in più del fenomenale attaccante del River Plate Angel Labruna, fermo a 293.
    Quello che rimane però, oltre a questo impressionante numero di reti, sono le qualità umane di Erico.
    Persona umilissima, ha sempre condiviso con i compagni ogni trionfo, limitandosi a dire che “io segno semplicemente perché tra me e i miei compagni c’è un’intesa perfetta. Senza quella non potrei segnare tutte queste reti”.
    Paraguay e Argentina. Due nazioni accomunate da un unico grande affetto per un calciatore: Arsenio Pastor Erico Martinez.



    ANEDDOTI E CURIOSITA’
     
    Si è detto del colpo di testa di Erico e della sua incredibile elevazione.
    Un altro dei suoi colpi preferiti era “il colpo dello scorpione” quello per intenderci che Renè Higuita portò qualche anno fa sui campi di calcio. Ma se Higuita lo praticò non più di due o tre volte in partite ufficiali e comunque con lo scopo di allontanare il pallone, per Arsenio Erico era invece semplicemente un modo in più per tirare verso la porta.
    Si sa per certo che segnò almeno una volta in questo modo, durante un match contro il Boca Juniors,
    Un’altra caratteristica dello stile calcistico di Arsenio era il colpo di tacco. Fino ad allora nessuno aveva mai utilizzato questa zona del piede per giocare a calcio.
    Arsenio Erico trasformò questa “giocata” in una incredibile fonte di assist per i compagni che, proprio con il colpo di tacco, liberava in zona gol quando lui stesso era impossibilitato a concludere.
     
    Durante uno dei suoi primi ricoveri in ospedale per curare quel maledetto menisco che tanto lo perseguitava uno dei medici che lo aveva in cura gli chiese quando si sarebbe finalmente nazionalizzato argentino per giocare con “l’Albiceleste”. Perentoria la risposta di Arsenio: “Io morirò paraguayano dottore”.
     
    Infine l’ultimo è un ricordo della moglie, la sua adorata Aurelia Blanco.
    Poco prima di morire Arsenio la chiamò vicino a se e con un bisbiglio le disse “Se dovessi morire stanotte Aurelia non dimenticarti di seppellirmi con un pallone al mio fianco”.
    La moglie lo baciò sulla fronte e si limitò a dirgli “Dormi ora Arsenio che è notte fonda”.
     

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