Film dedicato a Socrates, brasiliano ex Fiorentina
A Firenze, è inutile spiegare chi sia. Socrates, il Dottore. Quel calciatore che arrivò come un Messia, dritto dai Mondiali del 1982. E che poi, a Firenze, lasciò qualche bagliore, e molta tristezza. Per un declino terribile, per un disfacimento annunciato. Adesso, il regista Mimmo Calopresti ha deciso di fare un film su questo calciatore elegante, colto, sfortunato,morto nel dicembre di due anni fa.Si chiamava Socrates Sampaio de Souza Viera de Oliveira. Un nome da filosofo, e quattro cognomi da calciatore. Un volto nobile, con quella barbetta rada. Ricordava un po’ il volto di Che Guevara: e infatti, durante le contestazioni a Rio de Janeiro, durante l’ultima Confederations Cup, i manifestanti avevano le magliette col Che, e anche quelle con il volto di Socrates. E allora, a un documentarista attento come Calopresti è venuto in mente di farci un film, intorno a quel volto.Il padre, ricorda il quotidiano La Nazione, lo chiamò così dopo aver letto “La Repubblica” di Platone. Insomma, certi destini non nascono per caso. Socrates era laureato in Medicina, era uomo di cultura, politicamente impegnato a sinistra. Per un calciatore, altrettanti anatemi. Aveva anche un’ottima visione di gioco, una grande personalità sul campo. E allora, pazienza se aveva anche una testa pensante. Giocò nel Corinthians, i bianconeri di San Paolo. E nel 1982, l’anno del Mundial spagnolo, l’anno del grido di Tardelli, di Bearzot che giocava a carte con Pertini, lui – Socrates – fu il capitano della nazionale del Brasile. Una Nazionale in cui giocava Falcao, per dire. Mica gente qualunque.Arrivò a Firenze nel 1984. C’erano Giovanni Galli, Giancarlo Antognoni, Gabriele Oriali, Eraldo Pecci, Claudio Gentile, Daniel Passarella. Una grande squadra, ai vertici del calcio italiano: lo scudetto perso per un soffio era un ricordo vivo, una ferita che faceva male. Lui fece 25 presenze e 6 gol. Ma non riuscì mai veramente a radicarsi nella squadra. L’anno dopo, tornava in Brasile. Fu l’inizio del declino. Chiuse la carriera nel 1988, a 34 anni, e cominciò a fare il medico. Ma non riuscì molto a curare se stesso. La consuetudine con la bottiglia divenne sempre più forte, e più rovinosa. E’ morto nel 2011, per un’infezione: ma il fegato era devastato dalla cirrosi. “Vorrei morire di domenica, il giorno che il Corinthians vince il campionato”, aveva detto vent’anni prima. E fu accontentato.Di lui, rimane il ricordo di una persona intelligente, di un uomo prima di tutto. Un calciatore soltanto dopo. “Io non ci tengo a essere un campione di calcio, ma un uomo democratico, e un brasiliano democratico”, disse una volta. E quando stava morendo, in Brasile, gli dispiaceva il pensiero di non poter accompagnare i suoi figli a Firenze, per fargli conoscere le tantissime cose belle che aveva visto.Rimane il ricordo della sua eleganza, magro, longilineo, elegante, nel prendere la palla, nel lanciare i compagni. Nel fare quel gol a Zoff, durante quell’Italia-Brasile del 1982 che fu la vera finale anticipata di quel Mundial. Era il gol del pareggio. Poi un signore chiamato Paolo Rossi cambiò la storia. Ma di quell’antilope con la barba, in maglia gialla, ci ricordammo tutti.Il regista Mimmo Calopresti è già al lavoro: in Brasile intervisterà i suoi compagni di allora, Zico e Falcao, e andrà a filmare i luoghi in cui Socrates è cresciuto. Ma Calopresti sarà anche a Firenze, a intervistare i “vecchi” tifosi della curva Fiesole, e al circolo Vie Nuove, dove Socrates amava andare a discutere di politica. La speranza del regista è di presentare il film, in prima mondiale, nel giugno prossimo allo stadio Franchi di Firenze, nei giorni di apertura dei Mondiali. E poi, il film approderà in tv, per una miniserie di due puntate.