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    FALLO LATERALE: Platini vola col drone

    FALLO LATERALE: Platini vola col drone

    • Fernando Pernambuco
    Tutto è relativo! Mai banalità fu più immortale di questa. Tuttavia desta impressione il giubilo con cui è stata accolta l'inaugurazione della linea C della Metropolitana di Roma. Non solo perchè è la più costosa al mondo (160 milioni di € al km) non solo perché ci sono stati 15 anni di ritardo, non solo per la gestione a dir poco caotica della municipalizzata ATAC in eterno deficit. Ma soprattutto per la gioia, manifestata da cittadini e aministratori, che i convogli non siano guidati da un conducente, bensì da un computer. E così siamo preservati dall'errore umano. Già, ma siamo immuni dall'errore, salvi dalla catastrofe? L'ho presa alla lontana, ma in realtà la linea C della Metro capitolina è molto vicina a una questione che dilania puntualmente la coscienza calcistica dell'Occidente: tecnologia in campo sì o no? E quindi, per dirla con Platini, "Un giorno non lontano arbitrerà un drone". Il nocciolo della questione non è strettamente calcistico, quanto filosofico; riguarda tutto l'Occidente, ma fa capire quante implicazioni si raddensino attorno a una palla.

    Il paradosso di Platini, infatti, declina calcisticamente un tema cruciale del nostro presente: il rapporto tra uomo e tecnica. Un rapporto particolarmente ambiguo, con risvollti inquietanti. Le applicazioni della tecnica, ovvero la tecnologia, vengono sempre più spesso percepite come soluzione di ogni problema. E' una specie di anelito mistico che c'induce a pensare alla tecnologia come a un assoluto privo di ogni difetto (intellettivo, morale, psicologico) umano. Teso alla perfezione, l'uomo sostituisce il Dio della religione con quello della tecnologia. Così prima un pilota telematico, poi un giudice digitale, poi un amante sistema operativo (vedi il bel film "Her") e alla fine un arbitro drone. Proprio non ne possiamo più dell'elemento che ci caratterizza: il limite. Il tifoso coltiva il sentimento dell'illimitato al quadrato e a meno che la sua squadra non perda più di 5-0 non si dà pace. Alla fine la colpa è sempre o quasi del Dio relativo, cioè dell'arbitro. Non c'è aiuto tecnologico che tenga. Se va male, il colpevole è lui, per la semplice ragione che decide. "Ma no! Non e' cosi! - dicono i fautori della magica pozione tecnologica- Noi vogliamo solo aiutarli, gli arbitri!". In realtà gli arbitri non può aiutarli nessuno. Sono esseri soli innanzi a folle oceaniche. Sono figure tragiche esposte alla più dura delle torture: quella della scelta reiterata e immediata. I responsabili, in poco più di 90 minuti, di decine di condanne e assoluzioni. L' unico modo per salvarli è sostituirli.

    Dotare i giocatori di sensori alle caviglie per leggere il fallo su display, usare un pallone fornito d' intelligenza artificiale per stabilire la volontarietà, microcellule per il fuorigioco. Già, ma chi decide? Un computer, naturally! La moviola, con tutte le sue relative limitazioni "umane" (la regolamentazione delle chiamate, la qualità delle immagini, la decisione immediata...) sarà un' aratro a chiodo rispetto a un trattore, un povero relitto d' umana interpretazione rispetto all' assoluto tecnologico. E allora quel poco di senso ludico, il caso, l' imponderabile, l'enigmatico? "Que reste t il de nos amour?" Il sentimento, la passione, il dramma, la gioa, lo sconforto? E il "Cosi' è se vi pare? Che resterà di loro? Ma no, non preoccupiamoci. Almeno fino a quando ci sarà un Juve-Roma.
     

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