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Era di un terzino del Como la pistola con la quale venne ucciso Mussolini
Il caso più significativo e non troppo conosciuto, è quello di Michele Moretti un terzino del Como e poi del Chiasso la cui figura è direttamente legata a quel che accadde il 27 aprile del 1945 sulla strada tra Musso e Dongo in direzione Svizzera. Qui venne identificato e arrestato e quindi giustiziato Benito Mussolini. La cronaca vuole che a sparargli fosse stato Walter Audisio, comandante della 52 Brigata Garibaldi. Ma la pistola dalla quale partirono i colpi non era sua. A consegnargliela era stato, poco prima, Piero Gatti dietro il cui nome di battaglia c’era proprio Michele Moretti il quale dopo quell’evento smise di giocare a pallone e andò a lavorare in fabbrica come operaio.
Spicca, invece, negli archivi storici dell’epoca la fotografia della Fiorentina scattata il 10 settembre del 1931 ovvero il giorno in cui venne inaugurato a Campo di Marte il nuovo stadio della Viola. Tutti i giocatori figurano con la mano destra levata al cielo nel tradizionale saluto fascista. Tutti tranne uno. Bruno Neri, il mediano che avrebbe giocato anche nella Lucchese, nel Torino e nel Faenza. Un gesto di disobbedienza civile che gli costò caro con la sospensione e l’iscrizione nelle liste dei sorvegliati speciali. Un gesto di grande coraggio testimoniato ancora oggi da una foto storica.
Uomini dimenticati, ma importanti per la storia del nostro Paese. Altri diventati celebri. Come Alfredo Martini che fu ct della nazionale italiana di ciclismo dal 1970 al 1990. Dal 1941 al 1957 fu anche discreto corridore e nel periodo bellico un convinto partigiano. Fino al giorno della sua morte che avvenne nel 2014 quando aveva novantatrè anni amava raccontare: “Pedalavo avanti e indietro per il Monte Morello con una sacca zeppa di molotov. Se fossi caduto sarei diventato un falò umano” Non cadde mai per la fortuna sua e del partigiani che da lui attendevano le armi.
Infine Sandro Gamba. Il nome i il cognome di un personaggio perlomeno mitico per tutti gli appassionati del basket. Aveva tredici anni anni, nel corsi di una coraggiosa manifestazione contro il regime in via Washington a Milano venne aggredito e pestato a sangue da un manipolo di fascisti. Uno di loro infierì con lo stivaletto sulla sua mano destra. Ricoverato in ospedale i medici non avevano dubbi. Occorreva amputare l’arto. Sandro rifiutò l’operazione. Con la maglia e sulla panchina della ”sua” Milano sarebbe diventato un’icona dello sport.