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    Empolimania: salvezza in smoking

    Empolimania: salvezza in smoking

    • Nico Raffi
    Neppure il più inguaribile ed ottimista tra i tifosi toscani avrebbe potuto, anche solo lontanamente, ipotizzare la trama e l‘epilogo di Empoli-Napoli, partita che ha mandato in estasi il pubblico del "Castellani" di fede empolese. Mentre scorrevano via lentamente dalle tribune le facce scure e stordite dei numerosi sostenitori partenopei presenti sugli spalti, in anticipo sulla fine di un match dagli sviluppi sorprendenti, i tifosi di casa scandivano a squarciagola le note di "O‘ surdato ‘nnammurato", riproponendo in chiave ironica e beffarda il celebre motivo popolare napoletano. Un sano dileggio che nasceva dalla consapevolezza di aver realizzato una duplice impresa dal sapore storico: l‘affermazione netta contro una big del torneo e la salvezza in serie A.

    Mai quest’anno l’Empoli di Sarri aveva sconfitto una delle formazioni più blasonate del campionato. C’era andato molto vicino con il Milan (due volte), con la Roma all’Olimpico, con l’Inter, con lo stesso Napoli all’andata quando si era ritrovato in vantaggio di due reti al San Paolo ma poi, per un motivo o per un altro, la vittoria era sempre sfuggita. Contro la squadra di Benitez l’intera posta è arrivata nella maniera più eclatante e impensata. Di fronte a un Napoli costretto a vincere per restare nella scia Champions tracciata da Lazio e Roma, si è sviluppata l'apoteosi stagionale della formazione di Sarri, capace di vestirsi a festa al momento giusto e di sciorinare il suo abito più lussuoso e scintillante sotto le luci dei riflettori del posticipo serale del giovedì. La vittoria contro il Napoli non ha significato soltanto la certezza della permanenza in A per gli azzurri ma ha rappresentato una sorta di serata di gala, una passerella autocelebrativa che ha messo in mostra il capolavoro tattico di mister Maurizio Sarri.

    L’Empoli arrivava da una serie di partite in cui lo smalto dei tempi migliori sembrava improvvisamente svanito. Come il famoso "Godot" di Samuel Beckett, anche la liberatoria festa finale si faceva sdegnosamente attendere senza arrivare mai. La squadra toscana, dopo un campionato condotto a ritmi vertiginosi, sembrava, per la prima volta, aver tirato il fiato. Dieci gol subiti in quattro partite. Due ko esterni sui campi di Juventus e Lazio, uno stentato pareggio casalingo con il già retrocesso Parma, la delusione del gol subito una settimana fa dall’Atalanta in pieno recupero che rimandava ulteriormente la festa salvezza. Nel mezzo il pugno di Denis a Tonelli in un post-partita di Bergamo da dimenticare in fretta, unitamente ai suoi assurdi strascichi polemici che tendevano, in qualche modo, pateticamente a giustificare la condotta violenta perpetrata dall’attaccante argentino. Eppure, proprio nel momento più difficile dal punto di vista psicologico, quello nel quale l’appagamento e la certezza di essere ad un passo dal traguardo, paradossalmente, ti possono sottrarre le forze residue, l’Empoli scopre di non essere Dorando Petri, nè di soffrire della sua celebre sindrome.

    Maccarone e compagni hanno aspettato l’occasione più propizia per esporre il proprio patrimonio tecnico-tattico e le proprie infinite risorse caratteriali. Hanno atteso il Napoli per indossare lo smoking e conquistare la salvezza nel modo più sfavillante e fragoroso. E lo hanno fatto nell’unico modo che conoscono: il gioco, il palleggio, l’applicazione di schemi e movimenti studiati ad arte e interpretati all’unisono da un gruppo sensazionale, plasmato a immagine e somiglianza di un tecnico che ha conosciuto la serie A a 55 anni. Ieri sera Maurizio Sarri si è accorto che ne valeva la pena di aspettare così tanto per vedersi materializzare davanti agli occhi il proprio personale "Godot": la meravigliosa catarsi finale e i frutti di un lavoro durato tre anni.
     

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