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Droni, Var, visori ottici: il futuro del calcio è qui
MATCH ANALYSIS - Come dicevano i pitagorici, la scienza libera dall'errore. La match analysis nasce con Charles Reep negli anni '50 del secolo scorso: deluso dal gioco lento dello Swindon Town durante una gara casalinga, nel secondo tempo Reep decide di appuntarsi con una matita qualche dato statistico. Per esempio, il numero di passaggi necessari a costruire il gol dello Swindon. Troppi. Teorico del gioco veloce, della palla lunga e della verticalizzazione immediata, pubblica nel 1968 sul Journal of the Royal Statistical Society un'analisi statistica dei modelli di gioco ricorrenti: è il primo vero analista della storia del calcio. I club inglesi si rendono conto dell'utilità di uno studio delle costanti tattiche, sia nella preparazione delle partite, sia nell'organizzazione degli allenamenti. Le videocassette VHS degli anni '80 e '90, consegnate nelle mani dell'allenatore, sono le scatole che contengono i segreti degli avversari. Oggi, i file multimediali e i software permettono di creare in tempo reale archivi di dati sulla prestazione del singolo e del collettivo. Gli allenatori saltano sulle panchine insieme agli analisti di fiducia, o sempre più spesso trovano nel club di arrivo un team di professionisti che continua il lavoro di sintesi a prescindere dalla guida tecnica di riferimento. La match analysis è l'arte della guerra tradotta nel calcio: “Conoscere l'altro e se stessi: cento battaglie, senza rischi; non conoscere l'altro, né se stessi: ogni battaglia è un rischio certo.”
VAR - Deus ex machina, o divinità che parla da una macchina: nella tragedia greca, è il personaggio che compare sulla scena per risolvere una vicenda altrimenti inestricabile. L'attore viene sollevato da un marchingegno di funi e carrucole, e da lassù spara la sua rivelazione. 2500 anni dopo il calcio italiano decide di alzare sopra il palcoscenico della serie A il VAR. Trattandosi di una divinità calcistica, la confusione all'inizio è sessuale: è maschio o femmina? Disorientati, si passa poi a metterne in dubbio la natura: è fatto di carne come noi, o è una tecnologia? Un paio di apparizioni e vola sul palco il primo pomodoro. Lo lancia James Pallotta dall'America, patria del positivismo. “Hanno messo il VAR, ma se non lo usano a cosa serve?”, le parole del fedele tradito nel momento del bisogno. Ovvero, se questo deus esiste, perché non risolve tutte le ingiustizie? Qualcuno, più coraggioso, si spinge ad aprire la tendina che chiude quella scatoletta piovuta in campo. Dentro sono seduti due ometti sui trenta/quaranta in pantaloncini e calzettoni; uno ha la barba di tre giorni, l'altro sembra uguale spiccicato all'arbitro che ha annullato un gol regolare settimana scorsa. Massimiliano Allegri fischia dalla platea: non c'è verità qui, dice, è solo un'altra interpretazione. Tutto vero. Per fortuna, non usa più sacrificare i feticci: rivedere l'azione con l'aiuto del replay si dimostra effettivamente utile a ridurre il margine d'errore. La tecnologia cerca l'approssimazione più vicina alla realtà; sperando che fra 2500 anni il cybercalcio italiano non decida di introdurre il VAR del VAR, con Irrati arbitro in campo, Orsato VAR di Irrati, Damato VAR di Orsato e così via fino alla follia.
DRONI - Jorge Luis Pinto, ct dell'Honduras, sta distribuendo le pettorine ai giocatori che stasera affronteranno l'Australia, a Sidney, nella gara di ritorno dei playoff mondiali. Poi si blocca e guarda il cielo: c'è qualcosa, una trentina di metri sopra il campo di allenamento. Troppo piccolo per essere un elicottero, troppo statico per essere un uccello. Può essere solo un ufo. O un drone. “È una cosa imbarazzante. Non facciamo gli innocenti, esiste lo spionaggio nel calcio. Come il VAR si è ritagliato uno spazio nel mondo del calcio, così i droni si ritagliano uno spazio nel mondo dello spionaggio” la sua dichiarazione ai giornalisti. Scena già vista: nel Mondiale brasiliano a lamentarsi era stato Didier Deschamps, a pochi giorni dall'esordio proprio contro l'Honduras. “Sono sempre più usati; è difficile combattere la tecnologia,” disse il tecnico francese. Si offese un giornalista honduregno: “Il drone non è nostro”. Agli imbucati si aggiungono quelli che l'invito a spiare ce l'hanno: gli allenatori europei (Delio Rossi, Giampaolo, Sarri e Mancini i precursori italiani) li usano per controllare i movimenti dei loro giocatori e raccogliere dati durante le esercitazioni tattiche. E fra spie, assistenti tecnici, soldati, guardie ambientali, non manca chi, fra i robot volanti, si dedica allo spettacolo. Pochi mesi fa a Oeiras si è giocata la finale della coppa di Portogallo fra Benfica e Vitoria: a recapitare il pallone dal cielo, per il calcio d'inizio, un uomo vestito da assaltatore galattico su un drone a forma di ragno.
COSA CI ASPETTA - Chi non si è mai sacrificato come uomo-barriera per far allenare il compagno più talentuoso sulle punizioni? Bene, da domani a (non) prendere le pallonate saranno gli ologrammi. Negli Stati Uniti i ricevitori della squadra di football dei Baltimora Ravens si esercitano già contro una difesa di fantasmi, per limitare gli infortuni. Sempre nella NFL è in prova una micro-camera installata sul casco del quarterback: se il calcio prenderà nota, lo spettatore potrà mettere a sedere Casemiro con una veronica durante un Clásico, le mani nel sacchetto dei popcorn, i piedi nelle pantofole. E attenzione all'occhiale-visore stile supersayan per gli arbitri: possibilità di zoom sull'entrata a martello di Pepe, o sul labiale del terzinaccio di categoria. Nel frattempo in Giappone si studia il calcio per androidi: inventata nel 1997, la RoboCup ha l'obbiettivo di creare una squadra di scatole di latta che possa competere alla pari contro i futuri campioni del mondo “umani” del 2050. Prepariamoci: i colpi proibiti non serviranno.