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Disastro Italia, altro che 'calcio is back': una due giorni di Champions nefasta e domande sul futuro che fanno paura
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Sei squadre italiane erano infatti tra le migliori 8 d'Europa in tutte le competizioni. Inter, Milan e Napoli ai quarti di Champions. Juventus e Roma a quelli di Europa League. Fiorentina in quelli di Conference. Quell'anno la Serie A avrebbe poi fatto l'en-plein, piazzando un'italiana in tutte e tre le finali, salvo non vederne nemmeno una alzare il tanto agognato trofeo.
Un bel prendere, per carità. Da metterci la firma, al di là del risultato finale.
Anche perché del 'calcio is back', neanche due anni dopo, resta la scoppola e il gran ridimensionamento che la due giorni di Champions ha restituito al pallone nostrano. Atalanta, Milan e Juventus. Tutte a casa e contro compagini più o meno modeste - seppur ben organizzate e tutte meritevoli del risultato finale - come Bruges, Feyenoord e PSV.
L'Italia del calcio esce dalla massima competizione europea con un'autentica tranvata, altro che 'calcio is back'. Delle 8 teste di serie del playoff di Champions, le uniche due a tornare a casa, per giunta contro-pronostico, sono Atalanta e Milan. Delle 16 squadre impegnate in questo playoff, l'unica a subire una rimonta nel match di ritorno e a veder scappare via la qualificazione, è stata la Juventus. Una Caporetto calcistica, arrivata per giunta contro squadre appartenenti, appunto, a campionati teoricamente minori. Olanda e Belgio.
Federazioni lontane in quell'ormai fondamentale 'UEFA Country Coefficient' che dall'anno scorso abbiamo iniziato a guardare come una certa ossessività. Un coefficiente che in ogni singola stagione può dare o levare una squadra in più in Champions League. Traguardo l'anno scorso raggiunto per via dei cammini europei di Atalanta e Fiorentina. Ma che quest'anno pare ormai già compresso. Le proiezioni statistiche questa mattina dicono infatti che la partita è in sostanza già chiusa.
Con 20.892 punti l'Inghilterra (6 club su 7 ancora in corsa) viaggia serena verso il quinto team; e con l'eliminazione di 3 squadre italiane dalla Champions, la Spagna, al momento seconda, ha per alcuni modelli matematici già oggi l'83% di piazzarsi al secondo posto e prendersi l'extra-team nella prossima stagione. Traduzione? Servirebbe un altro cammino trionfale in Europa League di Lazio o Roma; della Fiorentina di nuovo in Conference League, e il tutto unito a un buon risultato anche dell'Inter di Champions, per provare a insidiare un traguardo che già oggi pare utopistico. L'Italia, con 4 club rimasti in corsa, potrà infatti conquistarsi da qui a fine stagione un massimo di 8.625 punti; la Spagna, da qui alla fine, con 6 club rimasti in corsa, potrà provare a conquistarsi un massimo di 14.214 punti.
Al di là di calcoli statistici e previsioni di complicatissime rincorse, le uscite di Atalanta, Milan e Juventus - seppur in modalità differenti - restituiscono tutte la sgradevole sensazione di aver avuto un crollo. Un'assenza totale - o quasi - di personalità.
Tutte erano le favorite delle viglia.
Tutte giocavano con la pressione di dover fare risultato.
E tutte hanno fallito piuttosto chiaramente, seppur con modalità diverse.
La più sfortunata è stata certamente l'Atalanta, che tra andata e ritorno ha visto girare male tutti gli episodi possibili.
La più deludente è stata il Milan, che tra andata e ritorno ha combinato davvero poco, per altro contro la più 'scarsa' delle tre avversarie.
La più sciagurata è stata la Juventus, qualificata al termine di 3 dei 4 tempi giocati, ma nonostante questo in balia, per tutto il match di ritorno, di un avversario più leggero e più brillante.
Sì perché un altro tratto comune delle tre eliminazioni è stato proprio quello: l'incapacità di gestire la pressione. Bruges, Feyenoord e PSV hanno infatti affrontato con leggerezza l'impegno, consapevoli di aver poco da perdere e molto da guadagnare. Questo ha restituito squadre che in campo hanno gestito la palla senza affanni e con personalità, fosse questo fatto con il mix di ragazzini promettenti del Bruges o con i veterani Noa Lang e Ivan Perisic del PSV, autentiche spine nel fianco della Juve.
Insomma, l'Italia è uscita distrutta non solo nel singolo risultato finale di cui stiamo narrando le proporzioni - il già citato 0 su 3 - ma ridimensionata anche nella propria percezione di nazione-potenza. Quella stessa che due anni fa aveva portato alcuni dirigenti a pensare che lo slogan 'calcio is back' fosse appropriato per un Paese che non vince la Champions League da 14 anni e che non va ai Mondiali con la sua Nazionale dal 2014.
Questa mattina, per tutti, la presa di coscienza che al di là degli slogan, purtroppo, c'è la realtà dei fatti. E questa, per alcuni, da parecchio tempo, è in realtà una serie di domande le cui risposte fanno un po' paura: chi siamo? Che ruolo abbiamo nel calcio di oggi? Qual è il nostro futuro?
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