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  • Ci resta solo l'EuroFiction: Juventus, Milan e Atalanta mostrano che il calcio italiano vale al massimo l'Europa League

    Ci resta solo l'EuroFiction: Juventus, Milan e Atalanta mostrano che il calcio italiano vale al massimo l'Europa League

    • Massimo Callegari
      Massimo Callegari

    Derby di Milano o d’Italia agli ottavi, Atalanta ai quarti dopo l’incrocio benevolo con Lille o Aston Villa: ci eravamo già fatti la nostra EuroVision, ci resta solo l’EuroFiction. I playoff di Champions ci (ri)mettono di fronte a una cruda realtà: la nostra dimensione ideale è l’Europa League. Vinta dall’Atalanta, sfiorata da Roma e Inter, sognata ora con ragionevoli ambizioni dalla Lazio. Nulla di disonorevole, l’importante è prenderne atto e lavorare per migliorare. Possiamo avere una locomotiva come la Juve del primo ciclo di Allegri o come l’Inter di Inzaghi, che attende con ragionevole ottimismo la campagna d’Olanda agli ottavi. Possiamo addirittura sognare un exploit come quello di due anni fa, una mini-Serie A dai quarti in poi, o come quello dell’Atalanta nell’edizione covid. Ma le difficoltà generali restano e sono di ordine tecnico e atletico, come ha dimostrato soprattutto PSV-Juve.


    Ci resta solo l'EuroFiction: Juventus, Milan e Atalanta mostrano che il calcio italiano vale al massimo l'Europa League

    Qualcuno si era risentito, addirittura offeso, quando avevo definito l’andata dello Stadium “una partita più vicina al livello dell’Europa League che della Champions”. L’aggiornamento del Philips Stadion è questo: è stata una partita da Champions per intensità, emotività e anche perle tecniche di Perisic e Weah sui gol. E la Juventus è uscita proprio perché non ne ha retto i ritmi e non ha avuto la velocità e la precisione del PSV, che si è presentato con un organico molto simile a quella che un anno fa, dopo due confronti non entusiasmanti, era stato eliminato agli ottavi dal Borussia Dortmund poi finalista. Un anno in più di esperienza a questi livelli, che contro la Juve si è visto. Oggi i plotoni di esecuzione sono schierati contro Thiago Motta come lo erano solo pochi mesi fa contro Allegri.

    E oggi come ieri si trascura il valore assoluto dei calciatori. Da Nicolussi Caviglia e Iling Junior, pur titolari in finale di Coppa Italia, si è passati a Kelly e Savona, attorniati da presunti leader più bravi a scusarsi a favor di telecamera che a trascinare in campo. La società che chiedeva all’allenatore “l’obiettivo minimo degli ottavi” gli ha messo a disposizione una squadra che ieri ha iniziato con 4/11 alla prima Champions della carriera. Stesso “curriculum” per altri quattro subentrati dalla panchina. Di più: Kelly e Veiga (subito ko) erano alla seconda presenza assoluta e tra quelli a disposizione ieri solo Conceiçao, McKennie, Kolo Muani (con l’Eintracht, mai col PSG) e Vlahovic avevano già giocato da titolari una sfida di Champions a eliminazione diretta prima di questa col PSV.

    Qualche dubbio sul valore della rosa, al netto degli infortuni, è lecito? Dopo sei mesi si può dire che il valore dell’esperienza, dell’abitudine a certe pressioni, è stato tragicamente sottovalutato? E che ne ha pagato le conseguenze anche Thiago Motta, pure lui al primo anno da allenatore in Europa e complice della società nell’epurazione dei senatori? Su una base così fragile, alcune scelte di Eindhoven non hanno convinto: il dinamico Thuram fuori, il febbricitante Koopmeiners in campo, chi è entrato e chi (non) è uscito.


    L’EuroFiction però lascia un messaggio chiaro: ciò che luccica in Serie A non è oro in Champions. Vale per Kolo Mouani, devastante in campionato ma non nei suoi 165’ contro il PSV e anche per Leao, che col Verona dà spettacolo ma all’andata contro il Feyenoord ha fallito un gol clamoroso tradendo il Milan come Maignan (gol subìto) e Theo (espulsione tragicomica). I più attesi, proprio loro (semicit.). E vale anche per l’Atalanta del Timido Principe, Charles De Ketelaere. In una serata di episodi contrari, la verve del Bruges ha riproposto l’incapacità della Dea di “diventare grande”. Forse perché nessuno glielo chiede davvero, forse perché viene applaudita se va avanti in Europa ma anche se esce. E forse perché anche Gasperini fatica a reggere la pressione quando si alzano le aspettative.

    Le scelte di prospettiva, come le tante riserve schierate contro l’Inter nella semifinale di Supercoppa per avere i titolari al top in questo periodo, non hanno portato il rendimento atteso. In campionato lo scudetto resta un sogno bello e possibile, a patto di non disertare altri inviti a sedersi al tavolo delle grandi, accettando la pressione che ciò comporta, senza farsi travolgere dall’adrenalina. Se si perde equilibrio, anche le dichiarazioni superano i limiti: il clamoroso j’accuse a Lookman per il penalty gate rischia di avere conseguenze rovinose sul finale di stagione.


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