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    Diogo Leite a CM: 'Grazie Bonucci, mi hai migliorato. La Lazio può farcela col Bayern'

    Diogo Leite a CM: 'Grazie Bonucci, mi hai migliorato. La Lazio può farcela col Bayern'

    • Marco Tripodi
    E' considerato uno dei migliori difensori della Bundesliga. Implacabile nei duelli aerei, pulito nelle chiusure, abile con il suo mancino nell'impostare l'azione. Diogo Leite è in poche parole il prototipo del difensore moderno. Non a caso si sta imponendo sulla ribalta internazionale come uno dei marcatori più interessanti e promettenti d'Europa, tanto che il suo nome è comparso lo scorso gennaio sui taccuini degli uomini-mercato del Real Madrid. Per il momento, tuttavia, il 25enne portoghese ha intenzione di dedicarsi soltanto all'Union Berlino, il club che due estati lo prelevò dal Porto per affidargli le chiavi del proprio reparto arretrato, trasportandolo dalle sponde dell'Atlantico al cuore del Vecchio Continente.

    NUOVA SFIDA - Trasferirsi dal Portogallo alla Germania non è stata una sfida semplice – ammette Diogo in esclusiva a Calciomercato.com - Ma ho accettato con grande stimolo la possibilità di allontanarmi dalla mia confort zone e confrontarmi con una realtà differente non solo dal punto di vista sportivo. Berlino è una città molto grande, soprattutto rispetto a Porto, il luogo in cui sono nato e cresciuto e che avrò sempre nel cuore. Quando sono arrivato qui non conoscevo nessuno e, ovviamente, non parlavo una parola di tedesco. Ma ho trovato persone molto aperte e disponibili che mi hanno aiutato a integrarmi presto. E' bello vivere qui. Berlino è una città cosmopolita, piena di turisti e stranieri che lavorano. Questo mi ha permesso di migliorare molto il mio inglese. L'unica vera pecca è...la cucina! Per fortuna ci sono molti ristoranti italiani dove posso mangiare bene. Perché la cucina tedesca davvero non è proprio il massimo”. 

    PAROLACCE - Non sai molto di tedesco ma scommetto che le parolacce le hai imparate subito...“E' vero (ride, ndr). Ma la colpa è dei compagni e degli avversari. Sono loro che me le hanno insegnate in campo. Io mi limito a volte a ripeterle”.

    UNION UBER ALLES - Berlino, insomma, ti è entrata nel cuore e tu sei entrato presto in quello dei calorosissimi tifosi dell'Union. Anche perché sei stato tra i protagonisti della prima storica qualificazione in Champions League della squadra. Quando sei arrivato ti aspettavi tutto questo affetto? “Giocare la Champions è sempre qualcosa di speciale ma farla assaporare per la prima volta a questa incredibile tifoseria è fantastico. I nostri sostenitori sono davvero unici e si meritavano di vivere un'emozione simile. E' stato bellissimo vedere l'Olympiastadion riempito da 80.000 persone. Purtroppo il girone in cui eravamo inseriti era molto duro e non siamo riusciti ad andare oltre il primo turno. Rimane comunque un'esperienza unica che nessuno di noi dimenticherà mai”.

    NOTTI DA CHAMPIONS - Nel vostro gruppo c'erano Real Madrid e Napoli, oltre al Braga, tuo vecchio club. Che sensazione hai provato nel giocare al Bernabeu e nello stadio che fu di Maradona? “Io avevo già giocato la Champions con il Porto. Ma disputare certe gare in certi stadi è davvero un privilegio. A Napoli ho provato brividi speciali nel passare accanto alla statua di Maradona prima di entrare in campo. E' stato unico. E poi abbiamo ottenuto anche un buon pareggio contro la squadra Campione d'Italia. Il primo punto di sempre per l'Union in Champions”.

    LAZIO O BAYERN - A proposito di Champions, stasera si disputerà la sfida tra il Bayern Monaco e la Lazio. Dopo la vittoria dell'andata credi che i biancocelesti possano fare l'impresa? “Mi aspetto una bella gara tra due grandi squadre, piene di talenti e qualità. La Lazio è un team molto forte e interessante che può certamente puntare al passaggio del turno. E l'1-0 dell'andata lo dimostra. Inoltre il Bayern non è in un buon momento. Però i bavaresi hanno grande esperienza e meritano rispetto e favori del pronostico. Il Bayern quando gioca in Champions è sempre favorito. E' abituato a lottare al vertice in tutte le competizioni. Anche per questo credo che sarà una gara completamente differente rispetto alla quella dell'Olimpico”.

    OBIETTIVO NAZIONALE - Quest'estate ci sarà l'Europeo, immagino che un tuo obiettivo sia quello di far parte dell'organico del Portogallo: “E' proprio così: non un sogno ma un obiettivo per raggiungere il quale continuerò a dare il massimo. Ho sempre fatto parte di tutte le rappresentative giovanili, dove ho anche vinto molto, e ora ho intenzione di completare il percorso. In passato sono stato convocato in nazionale maggiore ma non ho ancora debuttato. Nel frattempo sono cresciuto tanto e sento che sono preparato a vestire la maglia della mia Selecao”.

    MAESTRI - Una crescita dovuta anche ai giocatori più esperti che hai avuto al tuo fianco: “Ho avuto il privilegio di giocare giovanissimo al Porto con Pepe come collega di reparto e ho imparato tantissimo da lui. Il suo modo di approcciare alle partite mi ha influenzato molto. Ma soprattutto mi ha colpito la sua incredibile personalità. E' un leader vero che sa trasmettere fiducia a tutta la squadra. So che in campo appare come un duro ma quella è solo la corazza che si è costruito. Fuori è completamente diverso. E' un ragazzo simpatico e gradevole ma soprattutto è un gran motivatore e un ottimo maestro”.

    A LEZIONE DA LEO - Nella prima parte di stagione hai giocato anche accanto a Leonardo Bonucci. Cosa ti ha lasciato questa esperienza? “Leo è un campione, uno che ha vinto tanto in carriera. Purtroppo la sua esperienza qui non è stata positiva né duratura ma io mi considero comunque fortunato per averci potuto giocare assieme. Mi ha aiutato a migliorare nell'impostazione e oggi, anche grazie a lui, mi considero un po' più forte di prima”.

    BIG COACH - Tra i tuoi maestri c'è anche Sergio Conceicao, l'allenatore che ti ha fatto debuttare in prima squadra al Porto. Che tecnico è? “E' un professionista molto esigente. Uno che cerca sempre di tirare fuori il massimo da ogni giocatore, stimolandolo giorno dopo giorno a dare sempre qualcosa in più. Personalmente mi ha fatto crescere tanto, in ogni allenamento mi ha insegnato qualcosa. Sono convinto che abbia davvero tutto per diventar un top manager”. 

    ALL'UNION - Oggi in panchina hai invece Nenad Bjelica, un altro tecnico con un passato in Italia (allo Spezia, nel 2013-'14) e la fama del duro. Come ti trovi con lui? “E' un allenatore con una grande personalità che sa parlare molte lingue. E questo non è un aspetto secondario. Spesso si avvicina ai suoi giocatori cercando di parlare nella loro lingua e ciò contribuisce ad accrescere un legame unico. E' molto esigente ma è quello che ci serve e infatti con il suo arrivo siamo migliorati tanto sia a livello collettivo che individuale”.

    ‌PLAYSTATION - In Italia in questi giorni si parla molto della decisione del CT Luciano Spalletti di vietare i videogiochi nel prossimo ritiro della Nazionale. Tu che rapporti hai con le consolle? “Non nascondo che anche io, come tanti colleghi e compagni, amo giocare alla Playstation ma senza eccedere. Spesso giochiamo in gruppo e lo trovo un modo ottimo per socializzare. Anche perché io sono un tipo piuttosto tranquillo, che non ha altre particolari distrazioni. Mi piace stare a casa a rilassarmi, guardando una bella serie tv. Quando non fa troppo freddo esco con i compagni e cerchiamo di conoscere un po' meglio la città. Mi piace poi anche giocare a padel e tennis ma li pratico solo in estate, quando sono in ferie”.

    APPELLATIVI - Hai qualche soprannome? “Oggi no ma da piccolo mi chiamavano cinesino perché dicevano che avevo gli occhi piccoli. La curiosità è che mentre in Portogallo mi hanno sempre chiamato Leite, ora in Germania mi chiamano tutti Diogo. E' un po' strano ma ormai mi ci sto abituando”.
     
    ‌IL SEGRETO DEL SUCCESSO - Tu sei arrivato nella cantera del Porto a sette anni e dopo dieci hai debuttato in prima squadra. Se dovessi dare un consiglio a un bambino che sogna di diventare calciatore, cosa gli diresti? “La prima cosa è pensare soltanto a divertirsi. Quando io avevo otto o nove anni non mi interessava diventare un professionista. Volevo solo giocare a calcio e divertirmi. E lo facevo anche in allenamento. Ovviamente vedevo i miei idoli in tv e speravo un giorno di poter essere al posto loro. Ma il mio obiettivo non era quello. Da ragazzino pensavo solo ad alimentare la mia passione correndo dietro a un pallone. E' sempre stato quello il mio motore. Lottavo ogni giorno pensando che dovevo sempre fare meglio del giorno prima. Crescendo è diventato più difficile. Aumentano le aspettative e le pressioni. Ma soprattutto le rinunce. Non farsi distrarre è difficile e doloroso, perché non puoi fare cose che i tuoi coetanei fanno regolarmente. Ma è soltanto focalizzandoti sul tuo obiettivo che lo sforzo viene ripagato. Bisogna lavorare tanto, insomma. Ma senza rinunciare mai a divertirsi in campo”.

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