Era a Disneyland quando Genoa e Atalanta chiudevano gli ultimi dettagli. Un giorno tra Pluto e Topolino con i suoi figli, i minipini, come li ama chiamare lui. Mentre si metteva in posa con Mary Poppins per una foto, Pinilla diventava nerazzurro: lunedì sarà a Bergamo per le visite, poi debutterà - ironia della sorte - proprio contro il Genoa a Marassi, in quella che è stata per pochi mesi la sua casa. Non se ne sarebbe andato, Mauricio. Non ha puntato i piedi perché giocava meno di Matri. Ha solo preso coscienza della volontà di Preziosi di cederlo al miglior offerente, serviva fare cassa con una cessione. Nel prestito fino a giugno c'è infatti l'obbligo di riscatto a 2 milioni, non legati alla salvezza. Quindi soldi sicuri, che finiranno nelle casse del Grifone a giugno. Perché Atalanta e non Torino? Una scelta sua, del giocatore intendo. Lo volevano sia Ventura che  Colantuono, l'offerta economica era simile, qualche bonus in più o in meno rispetto al milione netto di stipendio. Pinilla ha deciso così, preferendo Bergamo, nonostante la corte serrata di Petrachi che fino all'ultimo ha sperato di vincere la volata al traguardo. Ha deciso dopo aver parlato con Carmona e Migliaccio da una parte, Bovo e Glik dall'altra, amici ed ex compagni che hanno fatto di tutto per convincerlo a seguire una delle due strade. Nemmeno il suo agente Caliandro ha potuto indirizzarne la scelta, giusto che fosse lui a prendersi la responsabilità della decisione. E non lo spaventa nemmeno la concorrenza, se è vero che al Toro avrebbe giocato sempre e comunque, mentre all'Atalanta dovrà fare coppia pesante con Denis e c'è il rischio che in determinate partite (fuori casa magari e con le grandi) Cola scelga ovviamente solo uno dei due. Pinilla ha chiuso gli occhi e preso la maglia della Dea tra le mani, un'altra sfida per chi ama sorprendere. Mentre il Toro adesso sogna Zapata del Napoli. Sperando che i sogni non siano desideri solo a Disneyland. 

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