Dilettanti e ragazzi vanno avanti, ma come? Zero tamponi ma regole rigide: viaggio sui campi di provincia FOTO
LA PREPARAZIONE - Appena arriviamo al campo, rigorosamente muniti di mascherina, veniamo fermati: l'allenatore della prima squadra, pronta a debuttare nel campionato di Seconda Categoria, ci prova la temperatura. Trentacinque e otto, siamo in regola. Compiliamo l'autocertificazione Figc e varchiamo il cancello, calcando finalmente l'erba. Gli spogliatoi sono chiusi, i ragazzi si cambiano, distanziati, sul muretto dietro una delle due porte. Gli spazi al chiuso non possono garantire il distanziamento sociale: i giocatori arrivano già in pantaloncini e maglietta, mettono gli scarpini al volo e sono pronti per giocare. Solo un attimo prima dell'ingresso in campo viene tolta la mascherina, tenuta costantemente sul viso, invece, da allenatore e staff. C'è chi parla di lavoro, chi della giornata appena trascorsa. E poi c'è il calcio, dai preliminari di Europa League del Milan ("sono partite inutili!") al fantacalcio, tra consigli per l'asta e coraggiose previsioni.

TUTTO PERSONALIZZATO - Il resto dell'allenamento segue linee canoniche, tra esercizi e corse. Al momento della partitella, ecco rosa e blu: ognuno ha la sua pettorina, la stessa per tutto l'anno. E quando arriva l'ora della pausa, spazio a borracce personalizzate. Fino al fischio dell'allenatore: sono quasi le 23, i lampioni sono pronti a spegnersi. Niente doccia al campo, il protocollo parla chiaro: possono essere utilizzate "solo se singole (fisicamente separate una dall’altra da pareti o altre barriere separatorie “antirespiro”) o se distanziate di almeno un metro una dall’altra; in alternativa, in maniera sfalsata (una sì e una no)". Condizioni rigide: risultato? Ci si lava a casa propria.

TRA I BIMBI - Scenario simile in un campetto della zona. Questa volta spazio al calcio giovanile, i bambini in campo hanno tra gli 8 e 9 anni. Compiliamo l'autocertificazione e osserviamo: i bimbi si cambiano separati. A distanza di un metro è stato posto un numero: ogni bambino ha il suo, come un'immaginaria cabina personale. Si allacciano gli scarpini, si sistemano velocemente i vestiti e via di corsa in campo, pronti a correre e inseguire il pallone.
QUI MILANO - Da Lecco a Milano, dove la situazione è simile. Siamo in zona Bicocca, il campo sportivo è quello dell'Orpas, società legata alla parrocchia di Sant'Angela Merici di Via Cagliero. Il modus operandi è lo stesso: agli atleti - muniti di mascherina e di autocertificazione anti-Covid - viene provata la febbre prima di entrare in campo. Gli spogliatoi inagibili obbligano i ragazzi a cambiarsi a bordo campo: ci si siede per terra, spalle appoggiate alla rete e, con rigorosa distanza di un metro, ci si cambia. Il pallone corre veloce su un nuovo campo sintetico: al fischio dell'allenatore, tutti riuniti intorno al mister per il discorso. Anche qui viene rispettata la distanza di sicurezza, con un accorgimento importante: non sputare. No, a differenza di altre volte non possiamo dire che si tratta di piccole e semplici regole. Sono accorgimenti rigidi, utili però per tornare a sorridere dietro il pallone che tanto amiamo. Anche e soprattutto negli oratori, nei campetti di provincia, nei campionati giovanili.

