Di Marzio: ecco il mio Mondiale, tra una partita in spiaggia e l'euforia dei tifosi
Sì, mi è scappata una lacrimuccia. Nascosta dagli occhiali, non mi andava di farmi vedere così dai miei compagni di viaggio. La chiamano saudade, è proprio così. Questo posto ti resta dentro, abiterà per sempre nella tua anima. Quasi 40 giorni a Rio, di casa a Copacabana, un Mondiale visto con gli occhi dei tifosi. Ne ho conosciuti tantissimi, ho ascoltato i loro cori, non dimenticherò mai cileni e colombiani, messicani e argentini. Il nostro Hotel era l'Astoria Palace, a due passi dal lussuoso Copacabana Palace, dove sono riuscito comunque a entrare grazie ad un personaggio unico, Antonio Rosellini. Quando è venuto a salutarci, nel giorno della nostra partenza, mi sono commosso. Anche lì. Cappellino, ciabatte, accento tipico di Foligno, una disponibilità fuori dal comune. Ci ha veramente adottato in questo mese brasiliano, anche per sentirsi meno solo. Negli anni 80, ogni trattativa Italia-Brasile passava per lui: Cerezo e Alemao, Careca e Junior, altri tempi, altro mercato. Adesso ha 81 anni, vive senza moglie e figlia a pochi passi dall'albergo più famoso della cidade, dove ha abitato con tanto di suite per almeno 10 anni, nei tempi d'oro. Tutte le mattine fa ancora colazione lì, così l'ho visto chiacchierare con Blatter e Platini, Caniggia e Seedorf. Raccontando di quando Lady Diana faceva il bagno in piscina, ma "nessuno doveva saperlo". Eppure i paparazzi erano dovunque nei palazzi attorno e le foto finirono su tutte le prime pagine del mondo. Rio, una città magica. Dove si beve birra come fosse acqua, la chiamano cerveja o chop. Dove si mangia carne a volontà, così dopo un po' le churrascarie ti vanno fuori dalle orecchie. La più moderna e apprezzata si chiama Fogo do Chao, a Botafogo, e ha sotituito il Porcao. Lì abbiamo festeggiato il quarantesimo compleanno di Adani e incrociato Hugo Sanchez, meraviglia. In spiaggia, invece, ti portano i camarao con limone e sale, leggermente cotti, uno spettacolo. Meno quando ti accorgi che il telefonino è stato rubato, in un baleno, nemmeno te ne rendi conto. È accaduto al mio amico Bonan, l'aveva appoggiato sotto la sedia su cui era seduto. Da dietro, una mano e via, sparito. Inutile gridare al "ladrao", non lo prenderanno mai. Serve solo fare la denuncia (lenta, ti chiedono le stesse cose mille volte) per recuperare almeno la vecchia sim quando torni in Italia. Occhi apertissimi anche quando attraversi la strada. I brasiliani diventano matti se ti vedono passare mentre il loro semaforo è verde: invece di rallentare, come capita spesso da noi, accelerano per metterti paura. Così devi correre per evitare di farti mettere sotto, giuro non si fermano. Anche nella corsia di bici e corse, vige una rigidità impressionante. Se metti il piedino sulla pista dove sta passando un ragazzo a duemila all'ora, magari per sbaglio, scatta un urlo alla Tarzan, non ti devi nemmeno permettere. I tassisti invece diventano presto i tuoi migliori amici, viaggiare con loro costa poco (1 euro, 3 reais: il cambio nei giorni del Mondiale), alzi la mano e ti prendono in qualsiasi punto della città, anche a notte fonda. Parcheggi pochi, ma ho notato un particolare che da noi mai mi sembra di aver visto. Posti riservati a donne in dolce attesa e anziani, non solo disabili. Il rispetto è totale. Ma il luogo dove ci sarà sempre spazio è la spiaggia. Da Copa a Ipanema, da Leblon a Barra. Giocano tutti, con il sole e con la pioggia, sempre e comunque. Interminabili partite sulla sabbia, di tutti i tipi. Futbol, futvolley, squadre che si allenano come in Italia sui campi in erba, personal trainer che preparano signori e signore con il culto del fisico. Puoi vedere Coutinho che fa un richiamo di preparazione prima di tornare a Liverpool, Wenger che si diverte a palleggiare con Vieri e Cannavaro. E poi trovi pescatori, venditori ambulanti che ti vorrebbero mollare di tutto, fidanzatini che festeggiano a mare il loro anniversario, personaggi simpaticissimi che corrono ogni sera e li ritrovi alle stessa ora senza sgarrare mai, insieme a due gemellini negati che non sanno usare la palla né con i piedi né con le mani. Semplicità e allegria. Un sorriso quando li conosci, una lacrimuccia quando li lasci. Almeno per me, non è stata solo la Coppa di Gotze, di Scolari all'inferno e Neymar in ospedale, dell'Italia a casa subito senza gloria. Il mio Mondiale sulla strada e sulla spiaggia lo ricorderò proprio così, come ve l'ho raccontato. Obrigado, Brasiu. Gianluca Di Marzio (giornalista Sky Sport)