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Di Francesco: 'De Rossi chiamò Pallotta per evitare il mio esonero. Su Monchi e Schick...'
Dopo la partita contro il Porto a marzo dello scorso anno arrivò l'esonero.
Il calcio è così, legato a episodi: l’esonero è stato un insieme di situazioni al di là dei risultati. C’era un po’ di malcontento che ci ha portato a quell'epilogo. Era un momento particolare, avevamo perso il derby.
Male
Sì, male, ma io su quattro derby ne ho vinti due e perso solo quello: è l’unico che si ricorda. A Oporto siamo stati sfortunati per l’arbitraggio. Meritavamo i quarti. L’anno prima arrivammo in semifinale. In Europa abbiamo fatto il massimo. resta il dispiacere della sconfitta a Liverpool, in condizioni particolari. Poi all’Olimpico ci siamo fatti gol da soli subito, l’espulsione di El Shaarawy, il salvataggio sulla linea…
Parlava di malcontento.
Non dico a livello personale, era un periodo particolare, difficile per tutti, se fossimo passati con il Porto non so quale sarebbe stato il mio futuro, forse avrei scelto di andarmene io.
La campagna acquisti quell'estate sfasciò una squadra che andava solo migliorata.
Sono state fatte delle scelte non corrette, a cominciare da quella che rimpiango più di tutte, le partenze di Strootman e Nainggolan. Strootman è un giocatore straordinario, con la sua partenza abbiamo perso personalità e lo abbiamo pagato in continuità di risultati. Ho il rimpianto di non aver insistito a farlo restare, ho assecondato la sua decisione. I risultati altalenanti del secondo anno non ci furono nel primo, nonostante il caos con il mercato di gennaio, Dzeko in bilico, stava per andare al Chelsea. I giovani andavano aspettati, ho dovuto rivedere il sistema di gioco per adattarlo alle caratteristiche di certi giocatori. Under è dovuto maturare, Kluivert ha avuto bisogno di tempo. Poi Zaniolo. Tutti mi dicevano che era un ragazzino complicato, io non ho avuto nessun problema con lui, all’inizio alcune volte l’ho ripreso davanti alla squadra ed è diventato il gioiello del calcio italiano.
Pastore è stato un equivoco tattico.
Non voglio attribuire responsabilità a nessuno. Anche quest’anno si è visto che il problema principale è il fisico. Non abbiamo avuto un buon rapporto, ma non riesco ad avere rancore per certe sue dichiarazioni. Non è riuscito a render come ci si aspettava, ho visto che anche quest'anno aveva grande voglia ma non gioca da mesi. La qualità non è in discussione.
Qual è il vero rapporto con Monchi?
Ho avuto sempre un ottimo rapporto, devo ringraziarlo perché è stato uno di quelli che mi ha voluto alla Roma. Non è facile fare il mercato dovendo vendere Salah e Alisson, abbiamo avuto contrasti su alcune situazioni, come in una famiglia, ma abbiamo cercato di andare sempre nella stessa direzione.
La stima l'ha avuta anche dagli altri dirigenti?
Sì, anche se non capisco il pregiudizio, io sono arrivato alla Roma dopo anni importanti al Sassuolo, con risultati straordinari, ma nessuno li ricordava. Il pregiudizio iniziale che ho dovuto combattere è stato un peso, non sono uno che si sa vendere, ma sono me stesso, anche nei miei errori sono me stesso. Mi sento ancora con Fienga, la stima è reciproca. Le critiche arrivarono alla prima partita pareggiata o alla sconfitta a Milano al 96′. Sentirsi in discussione o il capro espiatorio dispiace. Ma sono diventato più combattivo. Alla lunga però la tensione rischia di logorarti.
Come per un 2-2 a Cagliari nel recupero, dopo che vincevate 2-0. In una foto si vede lei che ride, arrivarono altre critiche.
Era una risata di rabbia, sono cattiverie. Quella sera accadde qualcosa di impensabile, loro erano rimasti in nove, non abbiamo gestito l’ultima palla, dopo una partita dominata abbiamo pareggiato e il mio è stato un ghigno di rabbia.
Si diceva che i giocatori alla fine non la seguissero più.
Hanno dato sempre il massimo, ci sono stati momenti in cui non sono stato bravo a entrare nella loro testa. Sono state dette tante cose sbagliate. Anche quando la società ha deciso di mandarmi via alcuni giocatori hanno fatto di tutto per far cambiare idea a Pallotta, che presa la sua decisione. Con il presidente mi sono sentito qualche giorno dopo l’esonero, le sue parole mi hanno fatto piacere.
Qual è stato il ruolo di Totti?
Il fatto che sia stato lui a scegliere Ranieri ha fatto pensare che non fosse vicino a me. Non è stato così. Era l’uomo della società e l’amico dell’allenatore, mi ha sempre sostenuto, fino alla fine. Poi ha dovuto scegliere Ranieri, perché faceva parte del suo ruolo. Qualcuno ci ha speculato, ma i nostri rapporti sono tuttora buoni. Aveva la capacità di farmi capire le sensazioni dello spogliatoio, che conosceva bene, sa distinguere i giocatori di qualità, è un intenditore. Aveva una grande capacità di sdrammatizzare e trovare il sorriso nei momenti più difficili. L’ironia è una delle più grandi qualità.
Fu lui a parlare con Nainggolan, dopo il video di capodanno.
Le gestione di Radja in quel caso fu condivisa da tutti, compreso il giocatore. Con lui il rapporto è stato leale. L’ho sentito durante il mercato, lo volevo portare alla Samp, mi aveva dato disponibilità, poi ha scelto il Cagliari per una questione di cuore. Capisce le situazioni in un attimo. Mi era d’aiuto in campo, come Dzeko, Kolarov, De Rossi.
Il capitano in una partito con il Genoa andò in panchina pur non potendo giocare. Già si parlava del suo esonero.
Voleva stare vicino alla squadra e anche a me, ha dimostrato attaccamento in un momento di difficoltà.
Le è stato vicino anche alla fine?
Sicuro. Daniele è uno di quelli che ha chiamato il presidente per evitare il mio esonero. Io dico sempre che l’allenatore è un uomo solo, ribadisco nessuno ha mai giocato contro. La Roma di Pallotta ha raggiunto il massimo con me in panchina. Nonostante gli infortuni, che sono ancora tanti. Trovare una spiegazione non è facile. A volte ci sono giocatori predisposti. Pensate a Pastore. Io vengo criticato perché cambio tanto, ma a volte tolgo un titolare per il timore che si infortuni.
Schick è stato una scommessa azzardata? Nel 4-3-3 faceva fatica, per me è un centravanti o una seconda punta, riusciva a far meglio più vicino al centravanti. È arrivato in una condizione fisica inadeguata, poi si è fatto male, lo abbiamo dovuto gestire. Davanti aveva un giocatore come Dzeko, che su 60 partite 55 te le fa ad altissimi livelli. Come Kolarov. Per come si curano, per il rispetto del loro corpo sono professionisti straordinari. Schick era condizionato dalle critiche e del prezzo che era stato pagato.