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Deloitte: 'Mercato influenzato da nuovi casi Donnarumma'
“L’ultima sessione di mercato ha risentito delle minori disponibilità liquide dei club italiani, per via dell’incidenza della pandemia sui ricavi da biglietti e abbonamenti, ma anche dal mancato ricorso all’indebitamento come in passato. Le disposizioni normative di settore, infatti, obbligano i club a rispettare uno specifico ratio di liquidità in assenza del quale non può essere condotta una sessione di calciomercato con saldo della campagna trasferimenti a deficit. In altri termini, anche qualora i club vorranno finanziare la campagna acquisti con capitale di debito non potranno farlo a meno di rispettare un rapporto tra attività e passività correnti superiore a 0,6, soglia già ridotta rispetto al precedente 0,8 a causa della pandemia. Con questa limitazione, le alternative dei club per finanziare i trasferimenti in ingresso possono essere le seguenti: l’iniezione di mezzi propri da parte degli azionisti nelle forme di aumento capitale, versamento in conto futuro aumento capitale, o finanziamento soci infruttifero e postergato; o in alternativa la cessione dei diritti alle prestazioni sportive dei calciatori (i cartellini), meglio se plusvalenti o a elevato ingaggio. Va tenuto presente però che la seconda alternativa non è sempre percorribile, o meglio non è possibile quando il contratto del giocatore è in scadenza, caso in cui – in ossequio alla Sentenza Bosman – la cessione verso club europei avverrebbe a “parametro zero” essendo il calciatore libero di scegliere in quale squadra continuare”.
Inoltre, va considerata l’elevata disponibilità economica di club come Real Madrid, Paris Saint Germain e Manchester City che rendono difficile una concorrenza reale e genera l’effetto di una strutturale difficoltà per i club italiani ad attrarre giocatori, con conseguenti risvolti su tutto l’indotto calcistico nazionale. A tal proposito Gabrielli aggiunge: “Il legislatore è sembrato intenzionato a risolvere il problema dello scarso appeal agendo principalmente per mezzo di alcune leve fiscali strutturate in termini di regimi agevolativi per i calciatori fiscalmente residenti all’estero che trasferiscano la loro residenza fiscale in Italia qualora ingaggiati da club italiani. Tra le disposizioni che nel lungo termine potrebbero avere un’elevata capacita di attrarre i giocatori, è opportuno ricordare la tassazione parziale degli ingaggi prevista dall’articolo 5 del Decreto Crescita in grado di generare l’effetto di ridurre il cuneo fiscale avvicinando il netto dell’ingaggio percepito dal giocatore al valore lordo dell’ingaggio corrisposto dal club e anche la forfettizzazione delle imposte dovute sui redditi esteri dei giocatori che abbiano trasferito la loro residenza in Italia (prevista dall’art. 24-bis del Testo Unico delle Imposte sui Redditi)”.
“C’è solo da sperare – conclude Gabrielli – che queste disposizioni non siano vanificate da interpretazioni eccessivamente restrittive dell’Agenzia delle entrate, come già accaduto recentemente quando si è negata l’applicazione della disposizione sulla tassazione parziale introdotta dal Decreto Crescita per i periodi di imposta antecedenti a quello di emanazione del Dpcm relativo alle modalità di versamento del contributo dello 0,5% della quota imponibile del reddito del giocatore da destinare ad un fondo destinato a promuovere lo sport giovanile”.