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    De Zerbi: 'Potrei allenare altrove, ma penso solo al mio Shakhtar e vorrei tornare in Ucraina'

    De Zerbi: 'Potrei allenare altrove, ma penso solo al mio Shakhtar e vorrei tornare in Ucraina'

    L'allenatore italiano dello Shakhtar Donetsk, Roberto De Zerbi ha dichiarato in un'intervista alla Gazzetta dello Sport: "In tv guardo tutto sulla guerra dalla mattina alla sera. Non riesco a vedere altro, nemmeno le partite di calcio. Provo un grande vuoto, sto peggio adesso dei giorni passati a Kiev sotto le bombe. Là c’era da fare: organizzare la fuga per noi e i giocatori, parlare con l'ambasciata e invece qui non si può fare niente, solo guardare e sentire chi è ancora là". 

    "Un magazziniere e un calciatore si sono arruolati, ma non in prima linea. A Kiev per fortuna non c'è più nessuno, siamo riusciti a spostare i giocatori nella parte occidentale del Paese. Portarli fuori purtroppo non si può: chi ha tra i 18 e i 60 anni non può lasciare l'Ucraina. Alcuni dipendenti vivevano a Irpin, le loro case sono state bombardate. Il dottore abita a Obolon, bombe anche lì". 

    "I calciatori potrebbero giocare altrove. I brasiliani sono depressi, vorrebbero giocare. Qualche club mi ha chiamato per averli: mi ha dato fastidio. Ho avvertito i ragazzi: non sbagliate a firmare quando i vostri compagni sono sotto le bombe. Vi comportereste male. Ok mister, mi hanno risposto". 

    "Anche io potrei allenare altrove. Mi hanno cercato delle squadre all’estero, non ho voluto neanche parlarne. Sì, abbiamo ricevuto una lettera con cui il club ci libera. Ma ora non ho l’animo. Non riesco a pensare a un’altra squadra. Ho fatto sette mesi in un Paese, non si cancellano in dieci giorni. Anzi: se dovesse riprendere prima o poi il campionato ucraino, mi piacerebbe fare un altro anno allo Shakhtar, se mi volessero ancora. Ha la priorità assoluta, aspetto finché ci sarà la possibilità di tornare. Qualunque fosse la squadra, anche senza i brasiliani, anche se non volessero o potessero puntare a vincere. Sarebbe importante per me. Perché ci hanno costretto a scappare come i ladri, ma noi abbiamo lavorato. I ladri, i delinquenti sono i russi che ci hanno invaso". 

    "Eravamo primi a 12 giornate dalla fine. Se ci dessero il titolo a tavolino, non lo vorrei. Lo avremmo vinto sul campo, il campionato. Per anni. In Turchia finalmente cominciavo a vedere il frutto del lavoro, a dirmi 'che squadra'. Avevo pure iniziato a pensare come migliorarla ulteriormente. E da un giorno all’altro si è sfasciato tutto. Questa cosa mi distrugge". 

    "Io non avevo capito gli ucraini, perché ero immerso nel calcio. Freddi, chiusi, diffidenti. Ma questa guerra mi ha fatto capire il loro orgoglio, la loro dignità. Hanno la libertà da 30 anni, difendono valori che noi diamo per scontati. Ho sentito dire che Zelensky si doveva arrendere subito perché così porta il popolo al massacro. Ma gli ucraini, tutti, combatterebbero pure se Zelensky si fosse arreso, sarebbero ancora lì a combattere. E poi chi dice così dà alla libertà, alla dignità, all’orgoglio, all’appartenenza un valore scontato, dimenticando che qualcuno lo ha fatto per noi tanti anni fa". 

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