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De Zerbi: 'Inter ko per colpa del campo? No, ma resta l'anti Juve'
È stato più un exploit del Sassuolo o piuttosto un flop di Icardi e soci?
«Non si può sapere dove finiscano i meriti di una squadra e dove comincino i demeriti dell’altra. Noi possiamo battere certi avversari soltanto se non disputano una grande partita. Ci siamo espressi ad alti livelli, anche se nella ripresa potevamo fare meglio, palleggiando di più nella loro metà campo, per abbassare i ritmi e per provare a mandarli fuori gara».
Aveva preparato qualche mossa per imbrigliare l’Inter?
«Nulla di particolare. Avevamo studiato i suoi movimenti. Sapevamo che in fase difensiva gioca in un certo modo: in possesso palla, passa alla difesa a tre, con Brozovic play e Asamoah mezzala. Il Sassuolo è stato efficace nell’organizzazione di gioco e nel manovrare sempre ad alta velocità».
Secondo Spalletti, l’Inter è stata penalizzata dalle condizioni del terreno di gioco.
«Anche noi siamo stati svantaggiati. Entrambe le squadre prediligono il gioco di qualità. Il fattore delle condizioni del campo incide ancor più quando si deve manovrare in spazi più chiusi, come è successo ai nerazzurri, quando si è trovata sotto per 1-0».
Senza il rigore trasformato da Berardi, l’Inter avrebbe evitato la sconfitta?
«Non giudico le decisioni arbitrali. Non l’ho fatto per l’intera scorsa stagione».
Ha avuto modo di parlare con Spalletti a fine partita? «No. Mi sarebbe piaciuto confrontarmi con lui, perché lo stimo da sempre, apprezzo molto il suo calcio. Non è un tecnico predefinito, ha intuizioni brillanti e cambia a seconda dei giocatori a disposizione. È un valore aggiunto per le squadre che allena».
Ma l’Inter, con tanti giocatori di qualità, non è troppo dipendente da Icardi?
«Quando hai un fuoriclasse, è normale che molto giri attorno a quel giocatore di livello superiore agli altri. Icardi e Lautaro, che seguo da due anni e mi piace tanto, formano una coppia esplosiva. Ma non si può parlare di Icardi in modo avulso dal collettivo perché, per finalizzare, bisogna portare palla lì davanti».
Quale tecnico la intriga di più in Serie A?
«Già detto di Spalletti, seguo con interesse Giampaolo, che si evolve continuamente. Per me avrebbe già meritato la chiamata di un top club».
Con Cristiano Ronaldo, la Juventus è ancora più lontana dalle dirette concorrenti?
«Al di là del portoghese, i bianconeri hanno la forza che deriva dall’abitudine a vincere. L’arrivo di Ronaldo dà lustro alla Serie A: adesso dobbiamo tornare a comandare, per fascino e spettacolo, nel calcio europeo, come capitava sino a una decina d’anni fa».
Il patron Squinzi le ha chiesto soltanto la salvezza per il Sassuolo?
«Non ci poniamo obiettivi precisi; tutti noi siamo curiosi di scoprire quanto possiamo crescere. Ora dobbiamo gestire il successo conquistato contro l’Inter. Varrà tanto per l’autostima, però guai se pensassimo oltre il prossimo incontro, a Cagliari».
Nella stagione a Benevento ha valorizzato in particolare Brignola. Quali giocatori del Sassuolo possono arrivare in Nazionale?
«Berardi ha i numeri per imporsi anche in azzurro. Poi vorrei aiutare nel grande salto Locatelli, un ’98 che non teme confronti con i play della Serie A, e Ferrari, che deve pretendere di più da se stesso, cominciando ad alzare l’asticella della sua ambizione. In assoluto sono orgoglioso di allenare, in una squadra con età media di poco superiore ai 24 anni, tanti giocatori di prospettiva: Berardi, Di Francesco, Duncan, Babacar, Lirola, Rogerio, Djuricic, Sensi e altri».
E Boateng?
«Unico, eccezionale. È stato il primo giocatore che ho voluto. Ha intelligenza e personalità, in campo e fuori. Avendo giocato in tanti Paesi, è bravissimo nell’aiutare i compagni stranieri ad ambientarsi subito nella nuova realtà».
Quanto le sono servite le esperienze negative di Palermo e Benevento?
«Tantissimo. Mi ritrovo più ricco, come allenatore e come uomo. A Benevento ho vissuto una stagione fondamentale. Ho imparato soprattutto a gestire calciatori importanti, come Sandro e Sagna. E ho conosciuto Vigorito, presidente straordinario. Ci sentiamo due volte a settimana: domenica è stato uno dei primi a telefonarmi per farmi i complimenti».
Cambia il calcio di De Zerbi?
«Il nuovo non finisce mai. Bisogna essere intelligenti per sfruttare le caratteristiche dei giocatori, senza rinunciare alla propria idea di base di calcio».
«Già detto di Spalletti, seguo con interesse Giampaolo, che si evolve continuamente. Per me avrebbe già meritato la chiamata di un top club».
Con Cristiano Ronaldo, la Juventus è ancora più lontana dalle dirette concorrenti?
«Al di là del portoghese, i bianconeri hanno la forza che deriva dall’abitudine a vincere. L’arrivo di Ronaldo dà lustro alla Serie A: adesso dobbiamo tornare a comandare, per fascino e spettacolo, nel calcio europeo, come capitava sino a una decina d’anni fa».
Il patron Squinzi le ha chiesto soltanto la salvezza per il Sassuolo?
«Non ci poniamo obiettivi precisi; tutti noi siamo curiosi di scoprire quanto possiamo crescere. Ora dobbiamo gestire il successo conquistato contro l’Inter. Varrà tanto per l’autostima, però guai se pensassimo oltre il prossimo incontro, a Cagliari».
Nella stagione a Benevento ha valorizzato in particolare Brignola. Quali giocatori del Sassuolo possono arrivare in Nazionale?
«Berardi ha i numeri per imporsi anche in azzurro. Poi vorrei aiutare nel grande salto Locatelli, un ’98 che non teme confronti con i play della Serie A, e Ferrari, che deve pretendere di più da se stesso, cominciando ad alzare l’asticella della sua ambizione. In assoluto sono orgoglioso di allenare, in una squadra con età media di poco superiore ai 24 anni, tanti giocatori di prospettiva: Berardi, Di Francesco, Duncan, Babacar, Lirola, Rogerio, Djuricic, Sensi e altri».
E Boateng?
«Unico, eccezionale. È stato il primo giocatore che ho voluto. Ha intelligenza e personalità, in campo e fuori. Avendo giocato in tanti Paesi, è bravissimo nell’aiutare i compagni stranieri ad ambientarsi subito nella nuova realtà».
Quanto le sono servite le esperienze negative di Palermo e Benevento?
«Tantissimo. Mi ritrovo più ricco, come allenatore e come uomo. A Benevento ho vissuto una stagione fondamentale. Ho imparato soprattutto a gestire calciatori importanti, come Sandro e Sagna. E ho conosciuto Vigorito, presidente straordinario. Ci sentiamo due volte a settimana: domenica è stato uno dei primi a telefonarmi per farmi i complimenti».
Cambia il calcio di De Zerbi?
«Il nuovo non finisce mai. Bisogna essere intelligenti per sfruttare le caratteristiche dei giocatori, senza rinunciare alla propria idea di base di calcio».