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    D'Aversa: "La cosa più difficile è stata spiegare la testata a Henry a mia figlia di 9 anni"

    D'Aversa: "La cosa più difficile è stata spiegare la testata a Henry a mia figlia di 9 anni"

    Roberto D’Aversa, allenatore dell’Empoli, ha rilasciato un’intervista ai microfoni di ‘Cronache di spogliatoio’: vi riportiamo alcuni passaggi delle sue parole. 

    "Potevo fare meglio. È una frase che ripeto spesso, visto anche l’epilogo della mia esperienza a Lecce. Ho pagato tutte le conseguenze che potessero arrivare. Mi sono vergognato quando sono rientrato a casa e mia moglie mi ha detto: «Ma cosa hai combinato?». L’esonero, le 4 giornate di squalifica. Quella testata a Henry mi ha perseguitato: ho commesso un grave errore, mi sono subito scusato, e ho immediatamente chiamato il ragazzo dopo la partita. Ho dovuto spiegare tutto ai miei figli. Ho dovuto parlare con mio figlio Simone, che ha 16 anni e a cui dico sempre di non litigare in campo. Ho dovuto farlo con Francesco, che invece ne ha 14, che ama la pesca e il tennis. E guardare in faccia la più piccola, che ne ha 9, la più pura, dovendo raccontare il mio gesto e la mia giustificazione. Far capire che avevo sbagliato risultando credibile. Mi dispiace aver messo in difficoltà Corvino e Trinchera, dirigenti del Lecce. Non ho potuto portare a termine un lavoro strepitoso. Ho grande rammarico per questo. Ho ricevuto un attacco mediatico, ma il mondo del calcio non mi ha abbandonato. Non tutti si sono voltati dall’altra parte. Tantissimi dirigenti che non avevo mai incontrato in vita mia mi hanno chiamato o scritto per esprimermi vicinanza. E anche alcuni allenatori lo hanno fatto. Ho i loro nomi salvati nelle note del telefono. Hanno colpito un gesto che mi ha colpito. So bene chi sono quei nomi. La mia famiglia vive ancora a Lecce, dove abbiamo dato continuità al percorso di vita dei nostri figli, e la gente ci ha sempre espresso amore e vicinanza. I tifosi sono stati solidali, hanno capito quel gesto. Se ho avuto il timore di aver perso il treno della Serie A per colpa di quel gesto? Il telefono squillava comunque. Certo, arrivavano chiamate dalla Serie B e io tergiversavo. Non volevo perdere la Serie A. Il Cesena si era fatta avanti concretamente, abbiamo parlato. Ogni società di A che mi chiamava, magari aveva altre scelte. Ed è chiaro che dopo ciò che era successo, D’Aversa non fosse più al primo posto. Neanche al secondo. Non volevo andare all’estero, mi sembrava di scappare da ciò che era successo. Non volevo dare quell’immagine. Non avevo certezze. Infatti devo ringraziare per il coraggio sia il presidente Corsi, sia il direttore Gemmi. Qui c’è una circostanza che mi piace, vogliamo rimanere in Serie A".

    L’INIZIO DELL’EMPOLI E PELLEGRI - "Li ringrazio per non aver guardato l’etichetta. Sono il primo a cui non piacciono i pregiudizi. Vi faccio un esempio: Pietro Pellegri. Da sempre gli hanno attaccato delle etichette. Io me ne sono fregato: vedo solo che arriva prima al campo e va via oltre l’orario di allenamento. Si è messo a disposizione. Tutto il resto non conta. Solo i fatti hanno importanza. A Empoli ho trovato una società che sa osare. Siamo soddisfatti del percorso che abbiamo fatto fin qui. Abbiamo lavorato duro, siamo andati ben oltre le aspettative. Il pensiero della famiglia Corsi è chiaro: sono tanti anni che investono le proprie risorse sul settore giovanile, quest’anno sono stati bravi a individuare anche calciatori da valorizzare che arrivano da fuori. Il risultato è soltanto la conseguenza di come ci stiamo allenando. Non abbassiamo mai il livello di attenzione e di umiltà. Ognuno in rosa ha il proprio obiettivo, chiaramente, ma tutti sono applicati per il bene comune, per un obiettivo comune. È un gruppo in cui i giovani sono importanti così come i più anziani, che stanno svolgendo un ruolo fondamentale sia in campo che fuori".

    FAZZINI - "Su Fazzini c’è stata superficialità da parte nostra e della FIGC nella gestione. Forse avremmo potuto evitare la convocazione di ottobre. Ho trovato un ragazzo collaborativo, avevo un pensiero su di lui ma non pensavo fosse così forte e determinato. Non voglio creare aspettative. Deve incattivirsi perché è abituato a determinare, si piace molto nel mandare in porta i compagni ma deve incattivirsi. Fisicamente è un top: rapido e resistente, è veramente raro per quelli del suo ruolo e con la sua tecnica. Deve essere più “brutto”".

    GOGLICHIDZE - "Il nostro è un percorso e credo che un esempio possa essere Goglichidze. Quando contro l’Inter è stato espulso, è uscito in campo sconvolto. Già in campo, comunicando con Viti, aveva capito che sarebbe stato buttato fuori. La postura del suo percorso, con la maglia sul volto, mostrava quanto fosse mortificato. Mi sarei arrabbiato solo se fosse stata una sciocchezza voluta e fuori dai nostri principi. Quando sono arrivato faceva fatica ad avere il ritmo in allenamento. Non aveva mai giocato. Non parla italiano, parla poco inglese. Anche comunicarci non è facile. Ma lavora come un matto. Gli ho solo detto di far tesoro, gli ho spiegato che con le nuove regole e con il VAR deve stare ancor più attento al minimo tocco. È uno che si comporta da professionista ed è questo il messaggio che ci serve".

    VASQUEZ - "Su Vasquez è stato molto bravo il direttore. Lo scorso anno aveva giocato soltanto 7 partite con l’Ascoli in Serie B ed era retrocesso in C. Non so in quanti avrebbero avuto la lungimiranza di affidargli la porta di una squadra di Serie A. Ha sorpreso anche me: ma come dico sempre, arrivare in A è difficile, ma è confermarsi la vera sfida. Ha tutti i mezzi per farlo".

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