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Date questa Inter a Mourinho e vincerà lo scudetto!
Non so quanto questa provocazione sia realizzabile (dal punto di vista regolamentare è certamente possibile), ma sono certo che sia per il sistema di gioco (il 4-2-3-1 all’Inter lo impose proprio Mourinho nell’anno del triplete), sia per la qualità dei giocatori, il portoghese sarebbe l’allenatore più adatto a guidare una squadra forte e ambiziosa che, dopo di lui, ha vinto solo una Coppa Italia con Leonardo in panchina.
La differenza tra l’Inter e Mourinho, al di là del “de profundis” cantatogli dai suoi detrattori per l’ultima stagione chiusa a zero titoli, anche se con due secondi posti (in Premier e in FA Cup), è che il tecnico ha continuato a vincere a Madrid (Liga, Coppa del Re e Supercoppa), a Londra con il Chelsea (Premier e Coppa di Lega) e a Manchester, sponda United (Europa League, Coppa di Lega e Supercoppa), mentre l’Inter è stata attraversata da un ritorno importante (Roberto Mancini), passando da una proprietà all’altra (da Moratti a Thohir, da Thohir a Suning), senza raccogliere nulla. A meno che non si consideri un trionfo la rocambolesca conquista del quarto posto, la stagione scorsa, ai danni della Lazio.
Ecco è questo il primo punto di (s)vista da cambiare. All’Inter si sono convinti che una stagione positiva possa essere anche una stagione senza vittorie. Per Mourinho, al contrario, un esito del genere è, se non ignominioso, certamente imbarazzante.
Questo scarto mentale sarebbe fondamentale per uscire dalle secche della mediocrità e stabilire, una volta per tutte, che l’Inter deve, con tutte le sue risorse, puntare sempre al massimo. Con Mourinho l’ambizione sarebbe il principio generatore di ogni consenso, sia quello che appartiene ai calciatori, sia quello relativo all’ambiente, tifosi compresi.
Ma la comunione più salda e profonda che potrebbe esserci con il portoghese, al di là delle ragioni emozionali per un ritorno a casa mai avvenuto dalla magica notte di Madrid, è con la squadra che, al contrario dell’attuale United, ha più qualità, più forza e più fame. Con il Manchester, Mourinho ha problemi in difesa, soprattutto nei due centrali Bailly e Lindelof. De Vrij, Skriniar e Miranda sono certamente più affidabili. Handanovic “pareggia” De Gea
Sugli esterni meglio Vrsaliko e Asamoah di Young e Shaw (Valencia, infortunato, per ora non c’è). A centrocampo è più forte lo United (Fred, Pogba, Matic, Fellaini, Lingard), ma davanti nessuno è meglio di Icardi, nemmeno Lukaku che pure segna tanto.
Così come, sull’esterno, Perisic batte quasi tutti. Mourinho avrebbe ceduto a qualsiasi richiesta pur di portarlo a Manchester, sia un anno che un mese fa. Figurarsi se lo potesse ritrovare all’Inter a lavorare sulla fascia sinistra.
Dall’altra parte Politano o Candreva o, magari, Karamoh (potrebbe fare l’Eto’o). Dietro a Icardi ci starebbe Nainggolan (che è anche un ottimo centrocampista a due) o Keita, bravo, con la sua velocità, ad attaccare dall’esterno.
Ora non voglio assolutamente sostenere che Spalletti sia per forza di cose inferiore a Mourinho.
Ci sono, però, due aspetti rilevanti nelle rispettive carriere.
Il primo: Mourinho ha vinto tanto dappertutto (25 trofei, di cui quattro internazionali, distribuiti in quattro Paesi, otto negli ultimi otto anni), Spalletti solo a Roma (Coppa Italia e Supercoppa) e con lo Zenit San Pietroburgo in Russia (due campionati, una Coppa e una Supercoppa nazionali).
Il secondo: se è vero che Spalletti ha una conoscenza tattica superiore a Mourinho, non può certamente raggiungerlo nella trasmissione delle motivazioni. Quasi sempre - tranne a Madrid proprio con Ronaldo e, negli ultimi tempi, con Pogba - i calciatori del portoghese si sono detti disponibili a fare qualsiasi cosa per lui. Ibrahimovic, certamente esagerando, arrivò a sostenere che avrebbe anche ucciso.
E’ vero, il tempo cambia gli uomini. E, forse, Mourinho non è più lo stesso, come diversi sono i calciatori di adesso rispetto solo a dieci anni fa. Però l’Inter (che ha fatto un mercato di gran lunga superiore a quello dello United) e l’Italia sono per lui l’unico porto dove valga la pena di riapprodare. Battere se stesso è impossibile, ma provare a vincere un altro scudetto, dopo sette consecutivi della Juve, è necessario. Con Mourinnho si può, con Spalletti non so.
@gia_pad