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Lazio, addio a Patarca: lo scopritore di Nesta e Di Canio cacciato da Lotito
IL RAPPORTO CON DI CANIO - Patarca fu il primo a notare le qualità di Paolo Di Canio. Un legame particolare tra i due: a unirli non solo il Quarticciolo (entrambi sono nati e cresciuti lì) ma soprattutto il carattere ribelle e fuori dagli schemi. Da giovane, il responsabile del settore giovanile biancoceleste non riuscì a compiere il definitivo salto di qualità proprio a causa di problemi legati al temperamento. Proprio per questo motivo, nelle vesti di allenatore e responsabile Patarca ha sempre puntato sull'aspetto comportamentale accanto al lato tecnico. È proprio con Di Canio che ha dovuto lavorare molto. Dall'episodio in occasione del successo della Nazionale al Mondiale in Spagna nel 1982, con Volfango che beccò Di Canio mentre festeggiava in piedi sul tetto di una macchina e lo costrinse a scendere, alla famosa finale Lazio-Lodigiani. Il giovane Paolo restò in panchina per tutti i 90 minuti e a fine match lanciò la borsa in strada, minacciando di smettere di giocare. Ci pensò Patarca a rimettere in riga Di Canio, rimproverandolo davanti i genitori e riportandolo sulla strada giusta.
OLD SCHOOL - Non solo Di Canio. Tra le scoperte di Patarca troviamo Alessandro Nesta, Marco Di Vaio, Luigi Di Biagio e Flavio Roma. L'ex capitano biancoceleste fu scelto proprio da lui per un provino e ci mise ben poco a convincere Volfango. Sono tanti i calciatori scovati dall'ex responsabile della Scuola Calcio laziale. Patarca rappresentava la vecchia scuola di osservatori: un lavoro costante tra i campi di periferia della Capitale, a caccia dei nuovi talenti. Una metodologia completamente diversa rispetto a quella dei talent scout di oggi, basata principalmente sull'utilizzo di dati e video grazie a particolari software creati proprio per individuare i giovani talenti attraverso la tecnologia. Un modo nuovo di studiare i campioni del futuro e che vede sempre meno impegnati gli osservatori direttamente sul rettangolo verde di gioco.
LAZIO - Dal gol di Di Canio sotto la Curva Sud al rifiuto dell'offerta fatta recapitare da Bruno Conti. Patarca non nasce laziale ma lo diventa nel corso della sua carriera, tanto da dire di no alla Roma nel 2005, quando lasciò la Lazio dopo l'arrivo alla guida del club biancoceleste di Claudio Lotito. Un amore sbocciato definitivamente 19 anni prima in occasione del derby deciso dal suo pupillo Paolo Di Canio, che all'esordio nella stracittadina andrò a esultare sotto il settore occupato dai tifosi romanisti. Un gol che Patarca sentì anche suo: Paolo, quel ragazzino in cui Volfango si rivedeva per il suo temperamento, era diventato grande. Uno dei tanti giovani maturati in campo e fuori grazie al maestro del Quarticciolo.
@AlessandroDF24