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Dal Papu a Gollini, prendere o lasciare: il metodo Gasperini non è per tutti. E quella doppia lite...
Qual è la ragione per cui alcuni giocatori dell’Atalanta sempre più spesso lasciano il club in aperto dissidio con l’allenatore Gian Piero Gasperini? E’ giusto chiederselo dopo che, in rapida successione, se ne sono andati prima il Papu Gomez (in pratica cacciato dalla società) e poi Pierluigi Gollini, ceduto al Tottenham in ragione dell’arrivo di Juan Agustin Musso dall’Udinese. Il primo fece a botte con l’allenatore durante l’intervallo di una partita di Champions (era l’1 dicembre 2020), il secondo - un po’ guascone e molto social - è caduto progressivamente in disgrazia fino ad essere sostituito, anche in partite-chiave, dal meno brillante Sportiello, un altro che Gasperini aveva giubilato qualche anno prima, retrocedendolo a secondo.
Si dice che chi ha un pessimo carattere sia un uomo di carattere (lo penso anch’io, spesso solo per giustificare me stesso) e in questo senso Gasperini è un uomo dal carattere ferreo e pronunciato. Si sa che non tratta bene i calciatori, che i suoi metodi sono duri e che, anche verbalmente, gli sfugge qualche parola di troppo. Niente di grave o gravissimo, ma una sorta di condizione alla quale o ci si adatta o si finisce per saltare. In realtà, come molti di noi, Gasperini ha l’umor mutevole. Spesso lo si vede arrivare al campo ingrugnato e poi scherzare durante l’allenamento con i calciatori. Altre volte accade il contrario e il tutto nel giro di pochi minuti. Di sicuro non si riesce a blandirlo con i complimenti. Le interviste di fine partita, anche in caso di vittoria della sua Atalanta, sono ruvide e spesso hanno toni sbrigativi e mai solenni.
Ovviamente nessuno può sostenere che Gasperini sia un maleducato, anzi. Visto come si sottopone alle domande dei colleghi, anche le più ripetitive (quelle sul caso-Gomez, ovviamente) o banali. Ma un leggero fastidio sottopelle, una sorta di contrattura dolorosa tradiscono un’inquietudine perenne, come se ci fosse ben altro a cui pensare. Gasperini interpreta il ruolo dell’allenatore in modo molto autoritario. Non ha dialogo con i calciatori, meno che mai si confronta con loro. L’anno scorso, Martin Skrtel, slovacco che ha giocato anche nel Liverpool, dopo una settimana di ritiro gli chiese un colloquio nel quale avrebbe voluto dirgli che con quei ritmi di allenamenti non si trovava bene. Gasperini non solo non gli parlò, ma dispose che venisse ceduto al più presto, cosa puntualmente avvenuta. Il metodo Gasperini non è per tutti. Ci sono gli intelligenti che, ingoiando qualche rospo, si adattano sapendo che poi fatica e impegno verranno ripagati dal campo, altri che non ci stanno o non ce la fanno. Castagne, finito al Leicester a guadagnare tre volte tanto, sapeva che Gasperini lo avrebbe valorizzato, ma appena trovato un club inglese ha fatto di tutto per andarsene.
Sulla stessa lunghezza d’onda c’è Gosens che ha molte richieste, ma un prezzo giudicato troppo elevato dai possibili compratori. Sì, perchè i Percassi - padre presidente, figlio amministratore delegato - non regalano nulla a nessuno. L’ultimo Ilicic, per esempio, ripudiato da Gasperini più per ragioni agonistiche che comportamentali, anche se l’allenatore gli imputa una certa indolenza negli allenamenti e in partita, costa caro: sei sette milioni, magari per un’operazione last minute. Agli acquisti e alle cessioni sovrintende il direttore sportivo Giovanni Sartori, bravo a scovare talenti a buon mercato quanto Gasperini lo è nella valorizzazione degli stessi. Peccato che tra i due non corra buon sangue e l’allenatore, non si sa bene perché, abbia chiesto più volte la testa del diesse. A rendere duraturo questo fragile equilibrio ci pensa lo società che, visti i risultati, non si vuol privare né dell’uno (Sartori), né dell’altro (Gasperini). A far da sfondo almeno un paio di episodi che videro l’allenatore protagonista negativo nei confronti di un avversario e di un addetto all’antidoping.
Nel primo caso - tre anni fa - espulso durante un Sampdoria-Atalanta, Gasperini scagliò a terra, senza un minimo di ragione, il segretario generale della Samp, Ienca, che si trovava nel tunnel degli spogliatoi. Nel secondo, in un controllo antidoping a sorpresa, dopo Atalanta-Torino 3-3 e prima di una gara di Coppa Italia, fu protagonista di un alterco dai toni eccessivi con il funzionario incaricato, che voleva fare il test dell’urina prima dell’allenamento. Molti pensano che se Gasperini non allena ancora una grande squadra (all’Inter stette poche giornate) sia perchè ha un carattere fintamente placido, ma del tutto incendiario. Può darsi. Però lui è così. Prendere o lasciare. E l’Atalanta prende perché l’allenatore, nonostante la sua durezza, vale e rende.
Si dice che chi ha un pessimo carattere sia un uomo di carattere (lo penso anch’io, spesso solo per giustificare me stesso) e in questo senso Gasperini è un uomo dal carattere ferreo e pronunciato. Si sa che non tratta bene i calciatori, che i suoi metodi sono duri e che, anche verbalmente, gli sfugge qualche parola di troppo. Niente di grave o gravissimo, ma una sorta di condizione alla quale o ci si adatta o si finisce per saltare. In realtà, come molti di noi, Gasperini ha l’umor mutevole. Spesso lo si vede arrivare al campo ingrugnato e poi scherzare durante l’allenamento con i calciatori. Altre volte accade il contrario e il tutto nel giro di pochi minuti. Di sicuro non si riesce a blandirlo con i complimenti. Le interviste di fine partita, anche in caso di vittoria della sua Atalanta, sono ruvide e spesso hanno toni sbrigativi e mai solenni.
Ovviamente nessuno può sostenere che Gasperini sia un maleducato, anzi. Visto come si sottopone alle domande dei colleghi, anche le più ripetitive (quelle sul caso-Gomez, ovviamente) o banali. Ma un leggero fastidio sottopelle, una sorta di contrattura dolorosa tradiscono un’inquietudine perenne, come se ci fosse ben altro a cui pensare. Gasperini interpreta il ruolo dell’allenatore in modo molto autoritario. Non ha dialogo con i calciatori, meno che mai si confronta con loro. L’anno scorso, Martin Skrtel, slovacco che ha giocato anche nel Liverpool, dopo una settimana di ritiro gli chiese un colloquio nel quale avrebbe voluto dirgli che con quei ritmi di allenamenti non si trovava bene. Gasperini non solo non gli parlò, ma dispose che venisse ceduto al più presto, cosa puntualmente avvenuta. Il metodo Gasperini non è per tutti. Ci sono gli intelligenti che, ingoiando qualche rospo, si adattano sapendo che poi fatica e impegno verranno ripagati dal campo, altri che non ci stanno o non ce la fanno. Castagne, finito al Leicester a guadagnare tre volte tanto, sapeva che Gasperini lo avrebbe valorizzato, ma appena trovato un club inglese ha fatto di tutto per andarsene.
Sulla stessa lunghezza d’onda c’è Gosens che ha molte richieste, ma un prezzo giudicato troppo elevato dai possibili compratori. Sì, perchè i Percassi - padre presidente, figlio amministratore delegato - non regalano nulla a nessuno. L’ultimo Ilicic, per esempio, ripudiato da Gasperini più per ragioni agonistiche che comportamentali, anche se l’allenatore gli imputa una certa indolenza negli allenamenti e in partita, costa caro: sei sette milioni, magari per un’operazione last minute. Agli acquisti e alle cessioni sovrintende il direttore sportivo Giovanni Sartori, bravo a scovare talenti a buon mercato quanto Gasperini lo è nella valorizzazione degli stessi. Peccato che tra i due non corra buon sangue e l’allenatore, non si sa bene perché, abbia chiesto più volte la testa del diesse. A rendere duraturo questo fragile equilibrio ci pensa lo società che, visti i risultati, non si vuol privare né dell’uno (Sartori), né dell’altro (Gasperini). A far da sfondo almeno un paio di episodi che videro l’allenatore protagonista negativo nei confronti di un avversario e di un addetto all’antidoping.
Nel primo caso - tre anni fa - espulso durante un Sampdoria-Atalanta, Gasperini scagliò a terra, senza un minimo di ragione, il segretario generale della Samp, Ienca, che si trovava nel tunnel degli spogliatoi. Nel secondo, in un controllo antidoping a sorpresa, dopo Atalanta-Torino 3-3 e prima di una gara di Coppa Italia, fu protagonista di un alterco dai toni eccessivi con il funzionario incaricato, che voleva fare il test dell’urina prima dell’allenamento. Molti pensano che se Gasperini non allena ancora una grande squadra (all’Inter stette poche giornate) sia perchè ha un carattere fintamente placido, ma del tutto incendiario. Può darsi. Però lui è così. Prendere o lasciare. E l’Atalanta prende perché l’allenatore, nonostante la sua durezza, vale e rende.