Dal cardinale Sepe a Padre Eligio: tra calcio e fede, ecco i 'preti nel pallone'
Furio Zara
Nel nome del pallone, della fede e dello Spirito Santo, che magari lui una mano ce la dà. La scenetta del cardinal Sepe che - come da tradizione, va detto - balla accanto a De Laurentiis intonando cori per il Napoli ("Chi non salta è juventino" e poi rivolto a Cristiano Ronaldo "Siamo noi di Napoli i veri cristiani"), ci riporta a quel connubio antico e moderno che ha visto - tra dribbling in campo e processioni in sacristia, o viceversa - la figura del prete 'pallonaro' elevarsi al rango di attore (non) protagonista. Sempre esistito, sia chiaro. Il rischio è quello di diventare una macchietta comica alla Ciccio e Franco che scatena sghignazzi. Frate Fedele da Cosenza, ricordate? Il frate ultrà dal linguaggio maccheronico aveva due fedi, l’altra era quella cattolica. Negli anni 90 conobbe stagioni di facile notorietà, più tardi venne accusato di aver abusato di una consorella, prima condannato, poi assolto con formula piena in Cassazione. Rimane celebre la lettera che - con il Cosenza inguaiato e retrocesso - frate Fedele scrisse all’allora presidente della FIGC Franco Carraro. "Caro Fratello Carraro, leggo che stai per commettere un grave atto di ingiustizia sportiva. Come cappellano del Cosenza 1914 ti ammonisco: non puoi cancellare la storia calcistica di un secolo per fini campanilistici. Stai attento! E' un monito solenne, e mi vesto di autorità e novello Fra Cristoforo di manzoniana memoria, vengo al castello, punto l'indice e pronunzio: «giorno verrà in cui…. E tu sai la fine che ha fatto Don Rodrigo! Però spero che il buon senso avrà il sopravvento e tu sarai benedetto da Dio! Ricordati che la giustizia divina non scherza! Con affetto francescano e sportivo e con la speranza nel cuore che tu possa rimettere il Cosenza in serie B come è giusto, ti benedico con riserva". I frati una volta parlavano agli uccellini, con Frate Fedele si rivolgevano invece ai vertici della Federcalcio. Ma di padri Fedele in giro - in quegli anni - ce n’erano parecchi, e ognuno ha la sciarpa della squadra del cuore. Alla Cagliese, girone infernale dei dilettanti, don Romano era presidente onorario, in pratica faceva il ds, sceglieva lui i giocatori e comunicava l’esonero all’allenatore di turno: "Quante volte, figliolo?". A Sora don Mario - un’estate di tanti anni fa - venne allontanato dai proprietari come un dirigente qualsiasi: troppo scomodo, il «pescatore di uomini» pescava esterni che facevano male la diagonale. Ma il prete-pallonaro più noto di tutti è stato sicuramente - andiamo ancora indietro, negli anni ’70 - Angelo Gelmini, meglio noto come Padre Eligio. Era molto attivo nel sociale, in anni in cui i preti cominciavano a mettere la testa fuori dalla parrocchia. Fondò la comunità per il recupero dei tossicodipendenti 'Mondo X', divenuta poi una rete di comunità, e la struttura turistico-spirituale 'Frateria'. Padre Eligio viaggiava con la squadra, era l’assistente spirituale di Gianni Rivera ("Mi ha cambiato la vita", ha raccontato più volte il campione rossonero), frequentava i ritiri, posava per foto ricordo tra Romeo Benetti e Aldo Maldera, sedeva a tavola - oscurato dagli immancabili occhiali neri da sole - con Nereo Rocco, era una presenza fissa a San Siro, finiva in copertina sul Guerin Sportivo (1976). Era un divo, in tutto e per tutto.