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  • Dal Bologna di Ulivieri al Verona, com'è cambiata la Serie B in 20 anni

    Dal Bologna di Ulivieri al Verona, com'è cambiata la Serie B in 20 anni

    • Luca Bedogni
    Negli ultimi 30 anni, pur avendo conseguito ben cinque promozioni, l'Hellas Verona è arrivata prima soltanto una volta, in Serie B. Accadde nella stagione 1998/99, quando l'emergente Cesare Prandelli guidò gli scaligeri alla conquista del campionato cadetto, staccando il Torino giusto di un punto. Allora la stagione era più corta, si giocavano 38 gare e non 42 come oggi. Due anni prima, per dire, nel 1996, il Verona di Attilio Perotti si guadagnò la Serie A piazzandosi secondo, senza strafare, dietro a un Bologna capolista che se non aveva l'attacco più forte del torneo, poteva certo vantare la miglior difesa. I rossoblù di Ulivieri, pensate, nell'arco di un'intera stagione segnarono 42 gol; due reti in meno delle 40 che il Verona di Pecchia ha già raggiunto sabato scorso, con il tris al Cesena, nel solo girone d'andata. D'altra parte, gli attuali campioni d'inverno hanno incassato lo stesso numero di gol che quel Bologna subì in un anno: 23. 

    40 GOL - Benché questi raffronti possano apparire un po' campati per aria, servono comunque a introdurre ed evidenziare un fatto: questo Verona è primo per un motivo, perché va in gol con grande facilità. Su 21 partite giocate, 8 volte ha vinto prendendo il largo, vale a dire segnando più di due gol. Balzano agli occhi i 4-1, i 3-1, gli 0-3 ecc.. a dimostrazione di quanto si diceva a inizio anno, che i favoriti erano appunto i veneti appena retrocessi. Raccontata così, sembra però che l'Hellas sia stata in testa dalla prima all'ultima partita. Invece no. Un po' per l'iniziale exploit del Cittadella, un po' per il brusco rallentamento avvenuto verso metà novembre, non ha ancora saputo ammazzare il campionato scrollandosi di dosso le altre pretendenti. Dopo aver raggiunto la vetta alla nona giornata grazie a uno di quei poker di cui si parlava (contro l'Ascoli, il 15 ottobre), la squadra di Pecchia ha poi vacillato in seguito alle batoste subite contro Novara (0-4) e Cittadella (5-1), l'undicesima e la dodicesima di campionato, vittima di un improvviso e sconcertante contrappasso. Una flessione durata almeno cinque gare, derby contro il Vicenza compreso (perso 1-0), prima della ripresa registrabile nelle ultime tre partite precedenti la sosta (7 punti). Ora il Verona è primo a metà strada, a quota 41, e pare fortemente intenzionato a portarsi a casa il quarto campionato di Serie B della sua storia (dopo quelli del 1957, del 1982 e del 1999). Stavolta per merito di?

    SETTI, FUSCO, PECCHIA - Be', innanzitutto del presidente Maurizio Setti, imprenditore carpigiano classe 1963, che dalla fine degli anni Ottanta si è impegnato nel settore della moda con la creazione  del gruppo Antress. Questi, a fronte di una retrocessione amara come quella della scorsa stagione, ha saputo aprire un nuovo ciclo individuando nell'avvocato Filippo Fusco e nell'ex calciatore di Napoli e Juventus, Fabio Pecchia gli uomini giusti per la rinascita. Il primo in qualità di direttore sportivo, l'altro di allenatore hanno costruito una squadra potenzialmente in grado di centrare la promozione al primo colpo. Per entrambi, Verona è una sfida importante. Fusco, pur essendo dentro al mondo del calcio già dagli anni Novanta, ha rivestito ufficialmente questo ruolo soltanto al Bologna, nel 2014; quanto a Pecchia, curriculum del giocatore a parte, le panchine di Gubbio (2011) e Latina (2012) sarebbero apparse forse insufficienti, qualora non avesse anche collaborato con Benitez a Napoli, Madrid e Newcastle in questi ultimi anni. Il presidente Setti ha visto in lui prima di tutto una persona intelligente, magari capace di importare nuove metodologie o comunque in grado di trasmettere qualcosa dal sapore internazionale, che male non avrebbe fatto. E i due, al momento, direttore sportivo e allenatore non hanno certo deluso le aspettative. Basta guardare la rosa e soprattutto il rendimento di certi giocatori. 

    PAZZINI - E se il riscatto di Pazzini poteva essere preventivato, chi si sarebbe spinto a prevedere 16 gol in 17 presenze? In questo girone d'andata ha segnato in tutti i modi, di testa, al volo, di rapina, e per di più sempre con una fame sottoporta, una cattiveria inesorabile. Qualche rete dal dischetto, si dirà, potrebbe forse attenuare la portata di queste cifre. Errore. 

    BESSA - C'è poi chi, dal Verona, sta ricevendo la sua consacrazione: sto parlando di Daniel Bessa. Classe 1993, faceva parte di quella Primavera dell'Inter da cui è uscito pure un certo Duncan. Bessa, brasiliano naturalizzato italiano, era il numero 10 di quella squadra. Del suo modo di giocare, colpiva e colpisce tuttora la tecnica e l'agilità nello stretto, l'uso funzionale della suola, la capacità di alternare sapientemente il passaggio lungo a quello breve, tutte cose che derivano probabilmente da una certa familiarità con il futsal, sport praticato dal fratello Raphael che ha fatto parte addirittura della Nazionale italiana di calcio a 5. Infortunatosi gravemente proprio in quell'anno, Daniel è stato girato in prestito prima al Vicenza nel 2013, poi in Portogallo, in Olanda, infine è rientrato in Italia nel 2014 per giocare nel Bologna della promozione in A: 26 presenze, 1 gol. En passant, ricordo che il ds di quel Bologna, prima dell'arrivo di Corvino, era Filippo Fusco. Bessa, tuttavia, non seguirà il Bologna in A, ma passa al Como dove trascorre la stagione 2015/2016, la stagione scorsa. Cresce il numero delle presenze (36), ma anche il numero dei gol (3), appare a tratti straripante, incanta pur sprecando molte occasioni. Quelle stesse occasioni che non avrebbe sbagliato l'anno dopo, approdato al Verona: infatti oltre a essere una mezzala regista, fonte inesauribile del gioco di Pecchia, Bessa ha già segnato 5 gol, di cui almeno due splendidi (contro l'Ascoli e contro il Cesena). 

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