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Da Allegri a Nedved, è la Juve che non ti aspetti: stanno scaricando Dybala
Juve, di solito così non lo fa. Troppi commenti, troppe esternazioni, troppe punture di spillo e, apparentemente, disparità di trattamento. Con Paulo Dybala, la Juventus compassata, diplomatica e rapida (“Chi vuole andare via, se ne va ed amen”) s’è trasformata in una macchina comunicativa che blandisce e minaccia, accarezza e tira sberle, brandisce il bastone e mostra la carota. Colpa di Allegri che non lo sa usare al meglio, dei giornalisti che prima lo paragonano a Messi e poi lo infilzano, della nazionale argentina che rompe il ritmo degli allenamenti juventini, degli affari di cuore? Colpa di niente o quasi?
Tutto inizia alla fine di agosto e prosegue con l’inizio del campionato. Mentre Higuain latita, come spesso gli capita alla ripresa, la Joya è in forma sontuosa. Non solo segna a raffica, ma inventa, danza, dirige. La squadra gira intorno a lui, che è dappertutto, sulle fasce, in mezzo, nell’area avversaria. Segna al volo, su punizione, con dribbling che bevono due, tre difensori. Risorge il Pipita, lui arretra un po’ la sua posizione, poi sbaglia due rigori di fila e inanella qualche prestazione anonima. Intendiamoci, nulla di negativamente trascendentale. E’ lui, per esempio, che sviluppa il contropiede con relativo assist per il gol contro il Napoli. Però non basta. Ormai si trova nel classico cono d’ombra. I media lo punzecchiano. Anche quando ride in panchina dicono che è triste, che ha perso la serenità. S’adombrano pene d’amor perduto. Qualche tifoso sui social s’indispettisce, altri sospettano. Se Dybala non risplende, automaticamente s’inabissa. A lui non sono concessi quegli interludi d’opacità che tutti e a più riprese, attraversano.E’ il paradosso dei grandi:devono sempre fare qualcosa in più. Pena diventare un facile bersaglio. Che siano gli altri, i media, i tifosi a criticarlo si può capire, ma che sia la Juve a tirare le freccette, desta curiosità.
E’, infatti, soprattutto la Juve a punzecchiarlo con un comportamento, appunto, inconsueto. Trattasi di messaggi trasversali, in qualche modo di avvertimenti. Prima Allegri, che a proposito dell’impiego o meno del talento polacco-argentino, risponde con un “gioca solo chi corre”. Troppo banale se riferito a chi, invece, forse corre troppo rispetto al suo fisico e, diciamo così, alla sua vocazione: se prima Dybala stava venti metri dietro la porta ora veleggia quasi sempre a una quarantina di metri dall’area avversaria. Si sfianca, cerca tackle inutili, spesso è preda del tamburello avversario, rincorre. Così quando arriva a tirare quasi sempre è in equilibrio precario e stramazza a terra. Nevded, di solito laconico ed essenziale, rincara la dose con argomenti personali. A proposito dell’ex attaccante (ormai non si sa se sia un centrocampista, una mezza punta, un falso nueve o un falso central) dice: “Bisogna lavorare sodo e avere una vita privata irreprensibile.” Ma perché?
Dybala assomiglia forse a Balottelli? Dybala non corre, ma passeggia? Non è che, in questo caso, si sono sbagliati con Khedira, il cui apporto è ultimamente quantomeno misterioso e atleticamente imbarazzante? No, no: è Dybala che deve correre di più e “fare una vita da atleta”. Intanto si è accomodato in panchina senza dire una parola, non ha twittato, esternato, dichiarato alcunché, dimostrandosi assai saggio e prudente. Altri, al posto suo, avrebbero già perso la pazienza. Ma ora forse il caso si svela: non vizi, non fatiche, non ruoli sbagliati. Non affari di cuore, piuttosto affari puri e semplici. Anche qui, come per ogni Faust perfezionista ci vuole un Mefistofele tentatore. E quali vesti potrebbe indossare se non quelle del procuratore, che, in questo caso, è addirittura parente? Il tira e molla sul rinnovo servirebbe a prendere tempo per l’asta itinerante di Gustavo ( il fratello-procuratore, ingaggiato due mesi fa) in giro per l’Europa. Le punzecchiature starebbero a significare che la Signora sta perdendo la pazienza e che non vuole essere costretta a dover considerare un indecoroso triangolo modello Raiola-Mirabelli-Donnarumma. Contrariamente a quanto pensa Renato Zero, talvolta la geometria può essere reato.
Tutto inizia alla fine di agosto e prosegue con l’inizio del campionato. Mentre Higuain latita, come spesso gli capita alla ripresa, la Joya è in forma sontuosa. Non solo segna a raffica, ma inventa, danza, dirige. La squadra gira intorno a lui, che è dappertutto, sulle fasce, in mezzo, nell’area avversaria. Segna al volo, su punizione, con dribbling che bevono due, tre difensori. Risorge il Pipita, lui arretra un po’ la sua posizione, poi sbaglia due rigori di fila e inanella qualche prestazione anonima. Intendiamoci, nulla di negativamente trascendentale. E’ lui, per esempio, che sviluppa il contropiede con relativo assist per il gol contro il Napoli. Però non basta. Ormai si trova nel classico cono d’ombra. I media lo punzecchiano. Anche quando ride in panchina dicono che è triste, che ha perso la serenità. S’adombrano pene d’amor perduto. Qualche tifoso sui social s’indispettisce, altri sospettano. Se Dybala non risplende, automaticamente s’inabissa. A lui non sono concessi quegli interludi d’opacità che tutti e a più riprese, attraversano.E’ il paradosso dei grandi:devono sempre fare qualcosa in più. Pena diventare un facile bersaglio. Che siano gli altri, i media, i tifosi a criticarlo si può capire, ma che sia la Juve a tirare le freccette, desta curiosità.
E’, infatti, soprattutto la Juve a punzecchiarlo con un comportamento, appunto, inconsueto. Trattasi di messaggi trasversali, in qualche modo di avvertimenti. Prima Allegri, che a proposito dell’impiego o meno del talento polacco-argentino, risponde con un “gioca solo chi corre”. Troppo banale se riferito a chi, invece, forse corre troppo rispetto al suo fisico e, diciamo così, alla sua vocazione: se prima Dybala stava venti metri dietro la porta ora veleggia quasi sempre a una quarantina di metri dall’area avversaria. Si sfianca, cerca tackle inutili, spesso è preda del tamburello avversario, rincorre. Così quando arriva a tirare quasi sempre è in equilibrio precario e stramazza a terra. Nevded, di solito laconico ed essenziale, rincara la dose con argomenti personali. A proposito dell’ex attaccante (ormai non si sa se sia un centrocampista, una mezza punta, un falso nueve o un falso central) dice: “Bisogna lavorare sodo e avere una vita privata irreprensibile.” Ma perché?
Dybala assomiglia forse a Balottelli? Dybala non corre, ma passeggia? Non è che, in questo caso, si sono sbagliati con Khedira, il cui apporto è ultimamente quantomeno misterioso e atleticamente imbarazzante? No, no: è Dybala che deve correre di più e “fare una vita da atleta”. Intanto si è accomodato in panchina senza dire una parola, non ha twittato, esternato, dichiarato alcunché, dimostrandosi assai saggio e prudente. Altri, al posto suo, avrebbero già perso la pazienza. Ma ora forse il caso si svela: non vizi, non fatiche, non ruoli sbagliati. Non affari di cuore, piuttosto affari puri e semplici. Anche qui, come per ogni Faust perfezionista ci vuole un Mefistofele tentatore. E quali vesti potrebbe indossare se non quelle del procuratore, che, in questo caso, è addirittura parente? Il tira e molla sul rinnovo servirebbe a prendere tempo per l’asta itinerante di Gustavo ( il fratello-procuratore, ingaggiato due mesi fa) in giro per l’Europa. Le punzecchiature starebbero a significare che la Signora sta perdendo la pazienza e che non vuole essere costretta a dover considerare un indecoroso triangolo modello Raiola-Mirabelli-Donnarumma. Contrariamente a quanto pensa Renato Zero, talvolta la geometria può essere reato.