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VIDEO Renzi canta Coez: Cristina 1a in classifica, ma in Italia passa lo straniero
Il rischio grosso, però, è che nella musica come nel calcio, una sola legge possa non essere utile a far svoltare un intero sistema. Nel calcio esiste una quota minima di calciatori provenienti dai vivai, è vero, ma è altrettanto vero che pur di non investire su di loro, le nostre squadre mandano in campo stranieri mediocri in risposta a logiche di bilancio e mercato che per le nostre dirigenze sono più importanti di questioni tecniche e sociali. Il calcio non deve puntare solo sui vivai, ma ha bisogno di ripartire da ciò che è: uno sport, un mezzo per tirare fuori dalla strada tanti ragazzi in situazioni difficili, un momento di aggregazione, un gioco. Solo ripartendo da queste basi si potrà ambire a una progettualità che riporti in auge talento, tecnica e tattica e non metta al centro del campo scelte politiche ed economiche, almeno nel giro della nazionale.
E la stessa cosa, purtroppo, da anni accade nella musica. Il mondo discografico e radiofonico italiano, salvo poche rare eccezioni, investe e parte sempre da ciò che si vende più facilmente. Non importa se si tratti di suoni triti e ritriti, pezzi già sentiti mille volte e incisi sempre dai soliti cantanti o di personaggi musicali che sono sempre e solo un surrogato dei precedenti. In vetta alle classifiche oggi c'è Cristina D'Avena, che ripropone Holly & Benji in duetto con Benji & Fede.
NELLA GALLERY SI POSSONO ASCOLTARE LE SIGLE DEI CARTONI ANIMATI DI CRISTINA D'AVENA, OLTRE A MATTEO RENZI CHE CANTA 'LA MUSICA NON C'E' DI COEZ, PROTAGONISTA DELLA SCORSA PUNTATA DI ROCK AND GOL
Jovanotti esce con lo stesso singolo da anni ma tanto in radio funziona e va bene così. Pezzali, Renga e Nek vengono messi insieme perché di sicuro faranno sold out in tutti i palazzetti del nostro Paese, poco importa se mettendo limone e zucchero nel caffè viene fuori una bevanda difficile da mandare giù. Tutte operazioni nostalgia, che magari fanno bene al cuore, ma non certo alle orecchie. Per non parlare di Alessandra Amoroso, che poi è come ascoltare Noemi, che poi sono un po' come Emma o Annalisa: quattro accordi messi sapientemente insieme da riempire con testi che sembrano usciti da una chat di WhatsApp. Passano in radio e non senti la differenza tra il singolo di una o dell'altra.
Ma siamo sicuri che a un'azienda (che sia calcistica o musicale) convenga continuare a riproporre lo stesso prodotto, spendendo sempre meno per realizzarlo, per continuare a vendere nell'immediato senza progettualità e senza stare al passo con i tempi? Alla lunga si rischia di finire come Blockbuster, con negozi pieni fino a quando non si è compreso che altre realtà garantivano un prodotto migliore come qualità e più facilmente fruibile. Il risultato, purtroppo, è stato il fallimento nel 2013.
Ora, forse, in radio il problema non sono esattamente le quote azzurre. Probabilmente sarebbe importante ripartire da un'educazione musicale, che faccia percepire al pubblico italiano la musica per ciò che è: arte ed espressione, in continua evoluzione. Le quote radio devono essere create ad hoc per proporre suoni freschi, band che rischiano e azzardano, artisti che cercano contaminazioni tra generi e che magari girano il mondo alla scoperta di suoni e strumenti nuovi.
In Gran Bretagna e negli States sono diventate grandi e passano in radio da decenni band come The Strokes e The Verve, partite dal Garage Rock e dallo Shoegaze per arrivare al mainstream e grandi produzioni. Oggi ai primi posti per passaggi ci sono realtà come Wolf Alice e St Vincent, che hanno esordito con etichette indipendenti, quelle stesse che in Italia (dati Radiomonitor per il 2016) sembrano completamente sparite. Da noi qualcuno, Virgin Radio e Radio Deejay per fare due esempi virtuosi, ogni tanto ci prova a rischiare e sentire gente come Brunori Sas, Ex Otago, Baustelle, Ghali, Fabri Fibra o Rkomi in radio fa ben sperare ma è ancora troppo poco.
Ci si ritrova con pochi Insigne, che magari neanche fai giocare nelle partite che contano, qualche Buffon (senatori come Ligabue e Vasco, grandi che hanno fatto la storia ma che prima o poi lasceranno spazio) e tanti, troppi Gabbiadini. Gente con cui puoi vincere qualche partita in serie A, ma che non ti porta al Mondiale.
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