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Crimini di guerra da Israele nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania: dopo 53 anni si può indagare
La notizia spaventa militari e politici israeliani. La paura di essere processati li limiterà in futuro? Sarebbe già utile se i vertici proposti alle prossime elezioni si rendessero conto del numero di tombe di cui sono responsabili in Libano. O che personaggi come Moshe Ya’alon, che ha assassinato Khalil al Wazir, all’epoca condottiero dell’operazione Margine di protezione nella Striscia di Gaza, risalente al 2014, ricevessero la punizione meritata.
Invece di mettersi a disposizione della Corte, Israele ha reagito con un fiume d’indignazione, lamentele e minacce. Il leader dell’attuale opposizione, Yair Lapid ha definito la decisione “vergognosa” e sostiene che essa possa incoraggiare la resistenza palestinese.
“Israele non ha commesso nessun crimine di guerra nei Territori occupati”, commenta il generale Yair Golan. Il protocollo di vicinato in base al quale i soldati portano con sé dei palestinesi come scudi umani è l’eredità lasciata proprio da Golan all’esercito d’Israele.
Quasi mille civili innocenti furono uccisi durante l’operazione Margine di protezione e più di 200 manifestanti disarmati furono altrettanto barbaramente uccisi alla barriera di confine di Gaza. Le evidenti verità sembrano sempre essere state omesse dal dibattito pubblico.
Ora, però, si torna a sperare: un pubblico ministero del Gambia, un giudice del Benin e uno della Francia faranno ciò che è giusto fare. La Corte penale internazionale ha il dovere di fare chiarezza e rendere giustizia alle vittime di cui Israele porta ancora le macchie di sangue sulle proprie mani.