Redazione Calciomercato
Cosa vuole Conte dal Napoli? Osimhen-Lukaku è il capriccio di un uomo incapace di controllare i propri demoni
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È genuino, Antonio Conte. E di questo bisogna dargliene atto. Non si nasconde, perché proprio non ne è capace. Se qualcosa non gli va a genio, lo dice in faccia. Senza peli sulla lingua e senza compromessi. Ed è per questo che la sua carriera ha preso probabilmente una direzione anziché un'altra. Non ha mai lisciato il pelo. Non ha mai fatto buon viso a cattivo gioco. E questo, nel mondo del calcio - e non solo - è sfortunatamente un limite. Perché se sul campo ha quasi sempre vinto - per giunta spesso dominando o cogliendo imprese contro pronostico - da ogni piazza se n'è andato lasciandosi male. È successo ovunque. A Torino. A Londra. A Milano. Il rovescio della medaglia di chi non conosce compromessi e chi, per il suo carattere, ha pagato. Conte infatti si trova dov'è oggi, in fondo anche per questo. Perché Napoli non era la prima scelta. Perché a lungo ha atteso che qualcuno si facesse vivo. Ma il suo telefono è squillato solo per la chiamata di Aurelio De Laurentiis. Altrove, tra le big d'Europa, gli hanno preferito di tutto. Da scommesse totali in stile Vincent Kompany a Monaco di Baviera a profili del futuro come Thiago Motta a Torino; da tecnici come Flick a Barcellona ad allievi promettenti come Enzo Maresca al Chelsea; fino a usati neanche troppo sicuri come Paulo Fonseca al Milan.
Noi il perché lo sappiamo: Antonio Conte si è fatto la nomea del piantagrane. Quel che ne deduciamo però è che a oggi, il diretto interessato, questa cosa non deve averla ancora troppo capita. Non se alla prima uscita in sala stampa alla viglia di Verona-Napoli l'atteggiamento è di chi per l'ennesima volta in carriera è già pronto ad andare in guerra con il suo datore di lavoro; per giunta il peggiore di tutti quando c'è da fare a gara a chi ha la zucca più dura. Cosa vuole Antonio Conte dal Napoli? Cosa pensa di ottenere con un'uscita del tipo "se il club vuole incrementare la rosa bene, altrimenti abbiamo giovani come Iccarino e Saco"?
No, non è stata un'uscita intelligente. E chi vi scrive questo lo fa da 'contiano convinto', uno di quelli della primissima ora. Non lo è stata per una serie infinita di ragioni. Dalla suscettibilità del suo datore di lavoro su cui è anche inutile addentrarsi in quanto nota al mondo, a quella di una piazza altamente umorale, una di quelle da tenere a bada più che da fomentare alimentandone un fuoco assai già pericoloso di suo. Perché dunque gettare subito benzina, a quale fine?
Anche perché, a dirla tutta, che cosa serve sul mercato a questo Napoli? In primis Conte è in una posizione assolutamente privilegiata. Ha tenuto Di Lorenzo e Kvara, allenandoli dal giorno zero. Dal giorno zero ha avuto anche il suo prezioso esterno, Leonardo Spinazzola; così come il primo nome indicato sulla lista consegnata ad ADL: Alessandro Buongiorno. E questo gruppo l'ha preso in mano con l'enorme vantaggio di poter pianificare una preparazione che sembra uscita dagli anni '80 più che dal 2024. Mentre il mondo delle big si arrovella in voli transoceanici per giocare amichevoli in stadi a latitudini esotiche e fusorari improbabili, il tutto sull'altare del dio denaro, il Napoli si è allenato un mese in montagna tra Dimaro e Castel Di Sangro. Roba che non c'era internet. Roba che le notizie le leggevi sul televideo e i gol te li mostrava Gianpiero Galeazzi la domenica dalle 18 su Rai 1. Avete presente che vantaggio può essere lavorare un mese così anziché girare il mondo? E avete presente che vantaggio sarà giocare una sola volta a settimana? Perché forse Conte si è dimenticato anche di quello. Sì perché se c'è una squadra che può permettersi di essere un po' più corta delle altre, è proprio il Napoli, che quest'anno giocherà 38 partite e la Coppa Italia. Per giunta con un tecnico che in carriera ha dimostrato di fidarsi del turnover come si fida di quelli che in Piazza Giuseppe Garibaldi fanno il gioco delle tre carte ai turisti.
Ecco perché non si capisce proprio perché Antonio Conte sia già così incazzato, perché se ne sia uscito con bordate del genere ancor prima di incominciare. È vero, al Napoli qualcuno è partito e la rosa, in termini di alternative, non è completa. Ma lo sono le altre? Inzaghi è campione d'Italia e aspetta un difensore da giugno. Al Milan Morata è arrivato l'altro giorno e Fofana letteralmente ieri, per il resto Fonseca ha fatto tutta l'estate con chi c'era l'anno scorso e con i ragazzini portati in America. Motta ha a che fare con una Juventus che in questo momento sta in alto mare. Conte ci è o ci fa? La situazione economica del calcio italiano e del Napoli la conosce? La verità è che quello del salentino pare più che altro un capriccio. Uno sfogo dovuto al fatto che ancora non ha capito con quale attaccante dovrà lavorare, se sarà il suo amato Romelu Lukaku o Victor Osimhen. Perché alla fine questa è l'unica spiegazione che ha un minimo di razionalità. Conte vorrebbe essere più avanti nella costruzione dei suoi automatismi offensivi e questo infinito stallo legato alla posizione del nigeriano non gli ha permesso di essere dove vorrebbe. Anche in questo caso, però, il tecnico si dimostra troppo fumantino nella sua impazienza. La sua infatti è una posizione win/win. Se arriveranno i soldi del nigeriano, Lukaku prenderà un volo per Napoli; anche perché la palestra del Chelsea è più affollata delle nostre il pomeriggio del 2 gennaio e di liberarsi del belga a Londra non vedono l'ora. E se non arriveranno i soldi nel nigeriano, Osimhen resterà a Napoli e sarà il miglior acquisto possibile: uno di quelli che a Spalletti ha fatto vincere lo Scudetto. L'agitazione è insomma incomprensibile, frutto di un uomo che ribolle sì di passione, ma che è al tempo stesso incapace di controllare i propri demoni. Gli stessi che lo portarono a mollare la Juventus a luglio, scelta di cui si pentì per sua stessa ammissione. Gli stessi che in un amen lo misero ai ferri corti con Marina Granovskaia, per giunta dopo un titolo incredibile al Chelsea. Gli stessi del patto di Villa Bellini, quando l'intero mondo Inter si dovette sedere a un tavolo per provare a convincerlo che partire non era la scelta giusta. Gli stessi che, oggi, ancor prima di incominciare, hanno già acceso una pericolosa scintilla in quella polveriera chiamata Napoli. E Aurelio De Laurentiis, tra i tanti e indiscutibili talenti, non ha fama di essere un buon pompiere.