
Corsa Scudetto, chi la spunta? Napoli e Inter davanti a tutte, solo Juventus e Atalanta possono crederci
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Questa ripresa però, da adesso, apre a una volta lunga fino a metà marzo, in un concentrato di impegni ravvicinati teoricamente destinato prima a frullare e poi a far sedimentare il prodotto, restituendo inevitabilmente quel che all'inizio della primavera sarà forse una gerarchia un po' più chiara. A oggi, non ci resta che fare un piccolo borsino di ciò che abbiamo visto, di ciò che arriva, di ciò che si può fare e di ciò che servirà per ottenerlo. In rigoroso ordine di classifica.
Napoli, può vincere perché non ha le coppe
Non muta l'idea, il pareggio di San Siro prima della sosta non cambia un granché il succo di quell'analisi fatta su 'queste pagine' poco meno di un mese fa. Lo schiaffone del Maradona preso dall'Atalanta è più un segnale positivo per i bergamaschi che uno così negativo per la squadra di Conte, che prima aveva vinto senza brillare col Milan e poi ha quasi fatto lo stesso con l'Inter. 'Senza brillare' resta il concetto chiave intorno a cui ruota un po' tutto, dalle forze ai dubbi che ci possono essere intorno ai partenopei. Da un lato la consueta solidità difensiva delle squadre di Conte e un impegno a settimana. Dall'altro un calcio concettualmente ridotto all'osso in cui il tecnico salentino si è sedimentato negli anni, abbandonando i concetti interessanti di inizio carriera e delle prime due stagioni juventine. Un'idea oggi forse superata persino in Italia, ma che in un campionato appunto al "ribasso" come questo e in cui manca una vera dominatrice, potrebbe alla fine pagare i dividenti. Anche perché se arriva a marzo davanti, poi Conte sa come tirare fino al traguardo. Che il Napoli insomma sarà protagonista fino alla fine lo diamo per assodato.
Juventus, può vincere se prende un difensore
Alla ripresa Thiago Motta riparte, dati alla mano, come l'unico ancora imbattuto di questa Serie A. E chi è dotato di buona memoria ricorderà come l'indicazione di questo dato statistico, a questo punto della stagione, tenda poi a trasformarsi nella parola 'Scudetto'. Scongiuri dei tifosi juventini a parte, il campo dice che ai bianconeri servirà ritrovare qualcosa dietro. C'è infatti stata una 'Juve con Bremer' e una 'Juve senza Bremer'. La prima aveva subito un gol in 7 uscite ufficiali. La seconda ne ha presi 11 in 9 partite. Se vorranno partecipare per davvero alla corsa, Giuntoli e il suo team dovranno necessariamente intervenire a gennaio per tamponare il reparto. Milan Skriniar, da questo punto di vista, potrebbe sicuramente essere una valida soluzione. Anche perché dietro, già prima del grave ko di Bremer, i bianconeri avevano dato la sensazione di essere un po' corti. Il resto è il frutto di un lavoro che seppur ancora alla fase embrionale, sta iniziando a mostrare determinati principi di gioco. Motta ha spinto nella direzione giusta e la fase offensiva, al di là dei mal di pancia e del possibile stop per infortunio - o presunti tali - di Vlahovic, sta trovando a turno una serie di interpreti che là davanti si sono presi la scena, da Mbangulà a Yildiz, da Conceicao a Weah. Il tutto nell'attesa che Koopmeiners salga ai livelli di Bergamo e che Douglas Luiz inizi a prendersi la scena. Insomma, la Juve ha teoricamente di cui essere ottimista. Lo sforzo societario in difesa però è una condicio sine qua non per la parola 'Scudetto'.
Lazio, avvio da applausi ma la rosa è corta
È senza dubbio la sorpresa positiva di questa prima parte di stagione. Arrivato con l'incognita di dover far bene anche in una grande piazza - dopo il miracolo dell'anno scorso a Verona - Marco Baroni ha messo su una squadra che nel silenzio più o meno generale è prima tra le 36 di Europa League e a -1 dalla vetta della Serie A. L'avvio insomma è stato veramente da applausi. La Lazio ha vinto 10 delle ultime 11 uscite ufficiali - arrendendosi di misura solo alla Juventus. Rendimento e impatto insomma sono stati davvero eccezionali, ma se la domanda è "può vincere lo Scudetto?", la risposta, razionalmente, non può essere affermativa. La rosa dei biancocelesti infatti è corta, oltre che qualitativamente inferiore alle concorrenti. Il doppio impegno, alla lunga, peserà. E se analizziamo i rendimenti non possiamo non porci alcune domande 'statistiche'. Quanti gol potrà fare ancora il 36enne Pedro, a oggi vice-caponnoniere della squadra con 6 reti complessive in tutte le competizioni dietro i 7 sigilli di Castellanos? Quanto potrà reggere il centrocampo, a cui non ci sono reali alternative a Guendouzi e Rovella? Ecco, sulla Lazio pesano le incognite che sono un po' il filo conduttore delle lunga gestione Lotito. Un presidente che è sempre stato molto bravo a circondarsi di allenatori davvero in gamba - Pioli, Inzaghi, Sarri, oggi Baroni - ma le cui rose non hanno certo mai prosperato in abbondanza di soluzioni.
Fiorentina, ha trovato una quadra, ma le altre sono superiori
A inizio ottobre a Firenze si respirava un'aria strana. L'esordio al Franchi in Conference League contro i semiprofessionisti gallesi del TNS rappresentava per Raffaele Palladino già una sorta di ultima spiaggia. L'ambiente ribolliva come solo Firenze, con quell'ego da nobile decaduta che non ha mai abbandonato una piazza mentalmente ferma ai fasti degli anni '90. Palladino era già considerato "non altezza", affossato da una sperimentazione maldigerita da tifosi e da quegli addetti ai lavori che in città ne fanno cassa di risonanza. Il tempo ha premiato però il tecnico, capace di fare un passo indietro su determinati dettami tattici e di trovare quella quadra che con 18 punti figli di 6 vittorie consecutive mette oggi la Viola al terzo posto della classifica. E così in città si è passati all'estremo opposto, da depressione a esaltazione, con una partita col Como al rientro che se vinta consegnerà alla Fiorentina un successivo match con l'Inter che certamente qualcuno a Firenze definirà 'da Scudetto' - sempre per restare in tema di esagerazioni. La verità sulla Viola ci pare un filo diversa. La squadra messa in piedi da Commisso è competitiva, il tecnico è promettente, De Gea un grande portiere e Moise Kean un bomber che a Firenze mancava da un bel po'. Al di là di tutto questo però in questo gruppo le rose di Inter, Napoli, Juventus e Atalanta restano chiaramente superiori. Che si suicidino tutte e quattro, appare improbabile.
L'Atalanta, può vincere ma dovrà fare delle scelte
Dopo l'uno-due di fine settembre che aveva visto la Dea perdere in casa col Como e non andare oltre l'1-1 a Bologna, Gian Piero Gasperini aveva detto "fino a dicembre probabilmente faticheremo", riferendosi alla necessità di darsi tempo e pazienza. Il tecnico infatti avrebbe dovuto ricreare la solita amalgama miracolosa che puntualmente mette insieme ogni anno dopo le rivoluzioni estive. La cosa curiosa però è che proprio da quelle dichiarazioni, l'Atalanta ha messo il turbo. In 9 uscite ufficiali tra campionato e Champions la Dea ha vinto 8 partite subendo complessivamente 3 gol e segnandone 25. Qui dentro l'esplosione di Retegui, la crescita di pedine come Hien, il rendimento del solito fronte offensivo che il Gasp ruota a piacimento a seconda dell'avversario, esaltando il risultato finale senza deprimere gli ingredienti, come solo i grandi chef. La questione però in fondo è chiara, per quanto Gasperini giustamente preferisca andarci con i piedi di piombo: perché questa squadra non dovrebbe credere al colpaccio? Interpreti e rotazioni ci sono, allenatore, società e piazza pure. Certo, a un determinato momento bisognerà scegliere. Scegliere se crederci davvero e dedicarci anima e corpo a questa apparente 'utopia Scudetto', oppure accontentarsi di un piazzamento che la 'rivoluzione Gasperini' ha trasformato in normalità per Bergamo. Nel corso dei mesi inoltre potrà arrivare anche uno Scamacca in più. Il rumore di fondo, però, resta la Champions. Una competizione che già a Berna potrebbe dare la Dea quasi certa al playoff di febbraio, ma con il fascino di due sfide a Real Madrid e Barcellona che Gasperini non snobberà mai nella vita. Insomma, la chiave sarà nel doppio impegno e nel fare una scelta drastica... Se abbiamo capito però qualcosa di Gasperini in tutti questi anni, difficilmente vedremo qualcosa del genere.
Inter, può vincere perché è la più forte
La questione qui è apparentemente la più semplice di tutti: l'Inter resta la squadra più forte del campionato. Il problema casomai per i nerazzurri è che fin qui hanno faticato a dimostrarlo. La 'sindrome da pancia piena' su una rosa decisamente avanti con l'età - i nerazzurri sono con costanza la squadra che mette in campo un undici la cui media età complessiva è la più alta del campionato - è probabilmente la spiegazione più plausibile a un rendimento che non è più quello della scorsa stagione. Specie in quella solidità difensiva un tempo marchio dei nerazzurri di Inzaghi e che vede invece a oggi l'Inter subire gli stessi gol di Lazio e Milan, uno in più del Bologna e quattro in più dell'Empoli. Dovrà ricostruire un po' quella, Inzaghi, i cui gol incassati sono stati molto spesso, appunto, frutto di distrazioni individuali e approcci di squadra piuttosto leggeri alle partite. Saprà Inzaghi mantenere stimolato, concretato, affamato un gruppo che non è più quello di baldanzosi giovanotti ma uno di uomini nella seconda fase/fase calante della loro carriera? Per noi, il concetto, è in fondo tutto qui. Se la risposta sarà affermativa, l'Inter tornerà a essere la squadra da battere.