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    Corriere della Sera - Lucci e l’ordine di uccidere. La faida tra ultrà milanisti spalleggiati dai clan

    Corriere della Sera - Lucci e l’ordine di uccidere. La faida tra ultrà milanisti spalleggiati dai clan

    • Redazione CM
    Enzo Anghinelli ha sfidato la morte tre volte. Come riporta il Corriere della Sera il 5 novembre del ’98 in via Forlanini: due colpi al petto, uno rimasto per sempre nel corpo. Poi la mattina del 12 aprile 2019, quando due uomini in scooter gli hanno sparato in faccia in via Cadore, a Porta Romana. Sopravvissuto per miracolo. L’agguato che apre la stagione della guerra sugli spalti del Meazza. Cinque anni di morti e violenze, messi ora in fila dall’inchiesta «Doppia curva» della Dda sugli interessi mafiosi intorno al tifo di Inter e Milan.

    E poi, l’ultima volta, l’11 luglio di quest’anno. Quando è lui ad andare nella tana del lupo, alla barberia «Italian Ink» di Luca Lucci a Cologno Monzese. Anghinelli dice di aver «sentito un bisogno irrefrenabile di parlare con Lucci» perché «volevo da lui delle spiegazioni sulle aggressioni subite allo stadio». Di botte Enzino ne ha prese tante nei mesi precedenti all’agguato del 2019. Come quando interviene in difesa dell’amico Alessandro Verga Ruffoni detto Tavernello picchiato a dicembre 2018 durante Bologna-Milan perché accusato di essere uno «scissionista». Ad Anghinelli tocca il 17 marzo 2019 al derby Milan-inter quando affronta i rivali: «Perché a Bologna te la sei presa con l’avvocato?». Ma va male e finisce con la faccia tumefatta. Un mese dopo arrivano i proiettili e un agguato rimasto fino a ieri irrisolto.

    Così quest’estate decide di «sfidare» Lucci. «Sono in pace». Ma viene ancora pestato, nonostante abbia le stampelle e un piede ingessato. Ad aggredirlo è Daniele Cataldo, 52 anni, una fila di precedenti per armi, droga e rapina, braccio operativo di Lucci. Con lui c’è Islam Hagag, che con Christian Rosiello è stato l’ombra del rapper Fedez: con lui ai concerti, con lui in vacanza. Anghinelli fugge come può. Hagag gli sussurra: «Sei un morto che cammina». Cataldo lo picchia e gli urla «sbirro». Poi parlando con la moglie si lascia andare: «Quello che mi ha accusato, quello che abbiamo fatto...».

    Come scrive Il Corriere della Sera per gli investigatori della squadra Mobile, coordinati dai pm Lesti-ombra-storari, è la conferma di tanti sospetti che in questi oltre 2 mila giorni si sono addensati su di lui. Ieri mattina Cataldo è stato fermato per tentato omicidio e accusato di far parte della gang delle curve già finita in cella con il blitz del 30 settembre. E con lui è stato accusato anche il capo della Sud, Luca Lucci (già in carcere) in qualità di «mandante».

    Come scrive Il Corriere della Sera, Cataldo avrebbe guidato lo scooter (chi ha sparato è ancora in via di identificazione), Lucci avrebbe però dato l’ordine. In mezzo non questioni di droga — come si era pensato visti i precedenti di Anghinelli — ma il tentativo di scalata al tifo rossonero del gruppo «Black Devil»: 50 ultrà sotto la guida del calabrese Domenico «Mimmo» Vottari.

    Anghinelli, Verga e altri — si parla dell’ex calciatore di Serie A, Beppe Sculli (non indagato) — avrebbero appoggiato il tentativo di mettere le mani sul business in quel momento in capo a Lucci, progettando anche un agguato nei suoi confronti. Vottari, legato all ’ndrangheta di San Luca, a un certo punto era riuscito a entrare al primo anello blu di San Siro. Poi, nonostante il peso del nome, era stato costretto a sparire. Perché Lucci poteva (e può), come ricostruito dalle indagini della Mobile, diretta da Alfonso Iadevaia, contare sull’appoggio dei Barbaro di Platì, una delle ’ndrine più potenti della Calabria. Storie che sembrano uscite da una fiction messicana ma che due anni dopo si sono riviste identiche sul fronte interista con l’uccisione del capo ultrà Vittorio Boiocchi e la scalata del boss Antonio Bellocco, a sua volta ucciso dal capo della Nord, Andrea Beretta. Un romanzo criminale senza fine, pronto a riservare nuovi colpi di scena.

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