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Cissé, il ct con i dreadlock e quel conto aperto col destino
DESTINO - Dopo la vittoria contro l’Ecuador, Aliou Cissé è diventato il secondo ct africano a qualificarsi agli ottavi di finale di un Mondiale. Bel traguardo. Prima di lui c’era riuscito solo Stephen Keshi, con la Nigeria. Entrambi hanno centrato l’impresa da giocatori e capitani, con la Nigeria ’94 e il Senegal 2002. In questo il destino ha sorriso, ma l'ex difensore nato a Ziguinchor, Senegal sudoccidentale, non è stato sempre vincente e fortunato. Proprio vent’anni fa, prima del Mondiale, fu protagonista con la sua nazionale - allora guidata dal ct Bruno Metsu - in Coppa d’Africa. Percorso netto, fino all'ultimo atto contro il Camerun. Poi calci di rigore ed errore decisivo dal dischetto, con coppa svanita sul più bello e rimpianti indelebili.
MISSIONI - L'occasione per rifarsi arrivò in estate, con il Mondiale di Corea e Giappone. Esordio trionfale con la Francia, qualificazione agli ottavi e pure ai quarti. Tutto al debutto, per una prima volta da favola. Con un risultato che ancora resiste, accanto a quelli di Camerun e Ghana, come miglior piazzamento di una squadra africana nella massima competizione calcistica. Un parziale risarcimento per il classe '76, che dopo una carriera divisa tra Premier League (Birmingham City, Portsmouth) e Ligue 1 (Psg, Sedan, Lille, Montpellier) si è ritirato dal calcio giocato nel 2009, con le idee chiare fin da subito. "C’è una missione da compiere". E c’è una panchina, quella di casa, su cui sedersi per bussare di nuovo alla porta di un fato crudele non solo col pallone. Il 26 settembre 2002, il traghetto "Le Joola" si rigira al largo delle coste del Gambia. Muoiono oltre mille persone, tra cui undici suoi parenti. In Senegal, è lutto nazionale. Per lui, è una ferita che non passa.
BEFFE - Dopo 38 presenze in campo, nel 2012 Cissé diventa l’assistente del ct della nazionale Karim Séga Diouf. Tre anni dopo, il commissario tecnico è lui. L’allenatore coi dreadlock, che mette in serie risultati mai visti in annate frenetiche. Come prima cosa, convince Koulibaly a scegliere il Senegal: "Vinceremo insieme". Nel 2018 affronta poi il Mondiale in Russia. Tante aspettative, un verdetto incredibile: nella fase a gironi, la squadra africana e il Giappone chiudono alla pari in tutto, ma il criterio del fair play premia gli asiatici, che hanno ricevuto meno cartellini nelle prime tre gare. Si torna a casa, ma non è finita. Nell'annata successiva, Cissé porta di nuovo la nazionale in finale di Coppa d’Africa. Si inizia a pensare che possa essere la volta buona, ma arriva un’altra sconfitta e più che calcio sembra la storia di una maledizione. Il sortilegio si rompe solo all’inizio di quest’anno. Di nuovo in finale, contro l’Egitto, ancora ai calci di rigore. Stavolta è trionfo continentale. Per sistemare, in parte, quel conto col destino.
SOMIGLIANZE - Aliou Cissé è già un personaggio cult del Mondiale in Qatar. Sui social, ma non solo, lo paragonano a Snoop Dogg e a Bob Marley e in una vecchia intervista a Canal+ fu lui stesso a rivelare di dovere molto al cantautore giamaicano: "Lo ascolto da quando ero bambino, mi ispira quando alleno". Punti di contatto. La storia fa sorridere anche i suoi giocatori, tanto che lo stesso Sadio Mané lo aveva celebrato più o meno così su Instagram, dopo il trionfo in Coppa d’Africa: "Il nostro Bob Marley, il tattico", con tanto di cuori e bandiera nazionale a corredo.
PROMESSE - Il ct ha oggi in testa un solo pensiero, reso ancor più forte dal discorso di Samuel Eto’o, presidente della federazione calcistica camerunese: "In Qatar può essere il Mondiale dell’Africa". Cissé, da campione continentale in carica, ha raccolto la sfida e lo ha ribadito ai canali ufficiali della Fifa: "Questa manifestazione rappresenta il sogno di un intero continente. C’è grande voglia di andare il più lontano possibile o, quantomeno, di non fissare alcun limite". Adesso c’è l’Inghilterra, in una partita da dentro o fuori che verrà affrontata con un segreto che è pure un asso nella manica: "Non vedo il tempo trascorrere, ho l’impressione di essere arrivato ieri. Siamo migliorati con serenità, anche se l’impazienza a volte si è fatta sentire. Il duro lavoro finisce sempre per ripagare". Per il Senegal, il 2022 ha fin qui detto che è il momento di raccogliere.