Cinema e pallone, il resto è noia
Due anni prima a Genova, grazie anche all’interessamento di alcuni appassionati inglesi più che altro nobili o benestanti con parecchio tempo a loro disposizione, venne fondato ufficialmente il “Genoa Cricket Football Club” ovvero la prima squadra di calcio italiana che nasceva trascinata a poppa dalla scia di un movimento britannico già sufficientemente radicato negli ambienti chic ma anche trasgressivi londinesi. Un gioco dalle radici antichissime, pare già frequentato nella Cina della dinastia Ming, ma ora perfezionato, regolamentato e sperimentato a livello popolare. Si trattava di un’altra forma di arte destinata, nei secoli, a diventare il secondo spettacolo più bello del mondo.
Mi piace ricordare questa data celebrativa proprio perché questo spezzone di vacanze pre e post natalizie ha coinciso, in Italia, con quello stop al campionato maggiore sulla cui utilità è già stato detto e manifestato con mille dubbi e perplessità. Le brevi ferie dei calciatori sono state accolte con grande entusiasmo dai gestori delle sale cinematografiche i cui botteghini hanno fatto registrare incassi da record assoluti malgrado la cancellazione sul costo del biglietto dei tradizionali bonus Aiace e “Over 60”. Il blocco delle automobili, poi, nelle maggiori metropoli dove l’aria è sempre più tossica e avvelenata ha sicuramente favorito i quattro passi dietro casa per raggiungere il cinema più vicino. Ma questo, soprattutto, perché in televisione latitava il grande calcio della Serie A e non tutti i tifosi sono ancora psicologicamente dipendenti dal pallone inglese o spagnolo. In ogni caso il passaggio, temporaneo, da Dybala a “Guerre Stellari” non è stato poi così male.
Del resto cinema e pallone, ormai, rappresentato i due poli di riferimento privilegiati dal pubblico italiano e, forse, anche europeo. Non a caso il “tycoon” più astuto del mondo, in arte Murdoch, ha fatto negli anni di calcio e film le colonne portanti dell’impero Sky e si contende con altri netto a colpi di miliardi il meglio della produzione. Gli stessi protagonisti dei due spettacoli più gettonati stanno diventando sempre più speculari sia dal punto di vista dell’immagine e sia sotto il profilo dei guadagni milionari. Ma questa, comunque, non è una grande novità. Da sempre e specialmente negli Usa il cinema ha sempre pescato nello sport per inventare nuovi divi. Fin dai tempi del famoso Tarzan e dalla nuotatrice Ester Williams per arrivare ai contemporanei Schwarzenegger, Hulk Hogan, Terry Crews, John Cena, Lou Ferrigno e persino Mike Tyson. Il basket e il wrestling al servizio di Hollywood con risultati dignitosi.
Meno frequenti e contaminazioni in Italia dove gli sportivi che si fecero attori non sono tantissimi. Il più celebre, Raf Vallone, era un ottimo giocatore del Torino. Waler Chiari un pugile destinato a buona carriera. Il mitico Bud Spencer, cioè Pedersoli, olimpionico di nuoto eppoi icona del “spaghetti western”. Le ragioni di questa minore invasione tra i due generi fanno capo ad un fatto culturale. Perlomeno fino a qualche tempo fa. Lo sportivo italiano e in particolare il tifoso possiede del suo idolo una iconografia che non ammette sovrapposizioni suggerite dalla finzione. E questo spiega come sia il cinema e sia la televisione abbiano sempre centrato solo in parte il successo quando si è trattato di mandare in scena “figure” come quelli di Coppi, Bartali, Valentino Mazzola e Mennea. E anche l’unico film di puro calcio realizzato da Sandro Ciotti sulla vita di Crujiff è rimasta opera da cult per pochi intimi. In ogni caso gli auguri di lunga vita al cinema e al calcio, in questo giorno di ricorrenza, sono più che mai doverosi. In quanto a divertimento popolare, Il resto è noia.