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  • Ciccio Mascetti, il 'Lord Brummel' del Barone Liedholm: elegante dentro e fuori dal campo, se ne va un alfiere del calcio pulito

    Ciccio Mascetti, il 'Lord Brummel' del Barone Liedholm: elegante dentro e fuori dal campo, se ne va un alfiere del calcio pulito

    • Furio Zara
    Era elegante in campo - la schiena dritta, la testa alta a scrutare l’orizzonte del gioco, l’armonia dei movimenti, il passo da fondista - ed era elegante fuori, nel porgersi agli altri, nella sua seconda vita, da direttore sportivo. Con Emiliano «Ciccio» Mascetti se ne va un uomo di calcio nel senso più virtuoso del termine: amava il calcio, lo rispettava, sapeva di calcio senza ostentazione, come chi fa il pane riconosce la bontà di un impasto dal primo sbuffo di farina Il suo nome è indissolubilmente legato al più incredibile degli scudetti del nostro calcio, quello vinto dall’Hellas Verona nell’anno di grazia 1985. Mascetti era il ds, amico fraterno e primo consigliere di Osvaldo Bagnoli. Quella squadra in fondo l’aveva costruita lui, un pezzo alla volta, assemblando quei giocatori - Di Gennaro, Fanna, Tricella, Marangon, Galderisi, Volpati - che erano stati scartati dalle grandi.

    All'acquisto dei due stranieri decisivi per la vittoria - in quei primi anni 80 se ne potevano tesserare solo due per squadra - Mascetti ci arrivò un po’ per volta. Paliamo ovviamente di Hans Peter Briegel e di Preben Elkjaer Larsen. Briegel arrivò a Verona che aveva 29 anni, era titolare della Germania Ovest, due anni prima aveva perso contro di noi la finale del Mondiale al Bernabeu. Nel presentarlo a Bagnoli, Mascetti gli disse: «E’ un carro armato, può fare il terzino e il mediano». La prima scelta per il ruolo di punta, in realtà, era il portoghese Gomes, ma costava troppo. Allora Mascetti dirottò sul danese Elkjaer, che giocava in un campionato minore, nel Lokeren, in Belgio. Briegel e Elkjaer faranno la fortuna del Verona e questo grazie alle intuizioni di Mascetti. A Verona rimase nove anni nel ruolo di ds, portando la squadra dalla B alla Coppa dei Campioni; poi lavorò altri otto anni alla Roma (voluto da Dino Viola: una Coppa Italia e una finale di Coppa Uefa), quindi all’Atalanta e infine alla Sampdoria, da consulente.

    Ciccio Mascetti aveva 79 anni, stava male da tempo. Lascia la moglie Emanuela e due figli, Matteo e Matilde. Comasco di Monte Alpino, aveva messo quasi subito e per sempre radici a Verona, dove viveva, a San Giorgio in Braida, tra l’Adige e Borgo Trento. Del Verona era stato la bandiera. Se Gianfranco Zigoni, Zigo-gol, era lo zingaro felice che faceva battere il cuore del Bentegodi; Ciccio Mascetti rappresentava meglio di chiunque altro quel senso di appartenenza, portava in dote l’identità, era facile e bello - per i veronesi - riconoscersi in questo ragazzo e poi uomo dal profilo antico, corretto, leale, un vero «Hombre vertical» prima che anche questo slogan diventasse di moda e venisse appiccicato a tutti. La contabilità dei numeri dice molto, ma non tutto. Undici campionati in gialloblù: dal 1967 al 1973 e dal 1975 al 1980, mettendo insieme 282 presenze e 35 reti in Serie A (fu record a lungo prima dell’exploit di Luca Toni) e 108 presenze e 8 reti in Serie B. Tra le altre sue squadre Como e Pisa agli inizi di carriera e Torino a metà anni 70, un biennio a interrompere momentaneamente la lunga storia d’amore col Verona.

    Mezzala offensiva (ma era nato centravanti di manovra), i piedi buoni, l’intelligenza spiccata di chi si sa inserire in area avversaria, una discreta «legnata» dal limite dell’area. Questo in campo. Fuori era un esempio, un capitano vero, a cui guardare nei momenti di difficoltà. Nils Liedholm - che lo ebbe al Verona in Serie B - un po’ si riconosceva in lui e l’aveva soprannominato «Lord Brummell», come il padre del dandismo, per via della naturale eleganza che abbiamo detto. Durante le partite dell’Hellas - in quei gloriosi anni 80 - Mascetti andava in panchina con Bagnoli. Una camicia azzurra, un giubbino di camoscio, il ciuffo spettinato. Con Bagnoli bastava uno sguardo per capirsi: avevano la stessa idea di calcio, semplice, pulita, depurata dalla fuffa di chi alza il fumo per coprire la mancanza di sostanza, inclinata al buonsenso e alla praticità.

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