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    Chivu: 'Prendevo farmaci, ero aggressivo, i compagni chiamavano mia moglie preoccupati'

    Chivu: 'Prendevo farmaci, ero aggressivo, i compagni chiamavano mia moglie preoccupati'

    Christian Chivu, allenatore dell'Inter Primavera e fra i protagonisti del Triplete nerazzurro nel 2010, si confessa in un'intervista in esclusiva a Sportitalia per la rubrica "Mister Si Nasce". L'ex difensore di Roma e Inter, tra le altre, racconta anche particolari inediti piuttosto forti sulla sua vita privata. 

    Chivu ricorda il 6 gennaio 2010, il giorno della rinascita dopo la frattura al cranio riportata durante Chievo-Inter: "Era il mio giorno di rinascita. Non è stato un momento facile da gestire. Poteva finire tutto, ma nella sfortuna, sono stato fortunato. Ci è mancato poco e non sarei riuscito più a parlare o a muovere la parte sinistra del mio corpo. I giorni di convalescenza, le mille domande che mi facevo, l'incertezza di non essere più un calciatore professionista, ma con la fortuna di essere ancora un uomo normale. Mettevo sulla bilancia le due cose, per fortuna sono ancora qua".

    Il rumeno poi racconta il periodo del post-infortunio: "Dopo due mesi e mezzo ero in campo, con tutte le mie paure e incertezze del caso. Giocando soffrivo soprattutto nel colpo di testa. Tutto ciò che ho dovuto subire dopo con tutte le medicine che prendevo mi avevano portato a fare delle cose che non appartenevamo a me. Come i gesti osceni fatti dopo la partita di Coppa a Roma, il pugno a Marco Rossi, la litigata con Rafa Benitez. Nessuno però sa che prendevo delle medicine che mi toglievano i filtri".

    Chivu prosegue, parlando del malessere provocato dai farmaci e dalle preoccupazione dell'ambiente nerazzurro per la sua salute psico-fisica: "Mi ricordo che i miei compagni chiamavano a casa mia moglie e le chiedevano se tutto fosse a posto. Se io a casa ero aggressivo, se mettevo le mani addosso. Questo ci tengo molto a chiarirlo, perché  poi vengo giudicato per uno che è andato a Roma a fare quei gesti osceni nonostante abbia chiesto scusa. Il pugno a Marco Rossi è stato come un primo istinto animale, ma c'è un perché: dintoina. Avrei dovuto prenderli per due mesi, ma li ho portati avanti per nove mesi. Ci tenevo a dirlo".

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