Chirico: la Juve ha paura della Champions. Ronaldo ha ragione, ma il Re resta a Torino
Paura che nascerà pure da un’ossessione tramandata negli anni da una dirigenza all’altra, ma che si materializza ogni volta che gioca questa competizione. Paura di non farcela, di sentirsi inferiori all’avversario, di non sapere cosa fare quando le cose iniziano a mettersi male, tipo dopo il pareggio di van de Beek martedì scorso: da quel preciso istante la squadra è andata in totale confusione mentale da non essere più in grado di riorganizzarsi, ragionare e provare lei a vincere la partita. Invece niente, encefalogramma piatto. Una squadra in balìa dell’avversario, che ha poi passeggiato su un cadavere (scusatemi: non è una bella immagine, ma rende bene l’idea).
“Se la sono fatta addosso” ha mimato in modo abbastanza inequivocabile Ronaldo la cagarella venuta a tanti. Lui, come sempre, il suo l’aveva fatto (ovvero, gol) ma come ha spiegato a mamma Dolores “non è che io possa fare miracoli”, ed è vero. Illudersi che con CR7 in rosa fosse pressoché automatico vincere la Champions è stato un errore commesso da tanti, forse anche da qualcuno alla Continassa. Averlo in squadra è tanta roba, e può darti di sicuro una grande mano, però in campo si gioca in 11 e se gli altri non sono all’altezza della situazione hai voglia a sperare che Cristiano te la butti dentro lo stesso. E’ già capitato con Platini, è ricapitato con Zidane, poi con Tevez e adesso con Ronaldo. A proposito: dal cagòn alla cagarella. Momenti ed espressioni diverse, medesimo concetto di fondo. Ovvero, la paura. Sempre lei.
Paura di osare, di uscire dal solito refrain di provare a gestire la partita con calma (in questo caso, halma) anziché provare ad aggredire l’avversario, spaventarlo anziché farsi spaventare. La paura è un prodotto dell’inconscio e la si può sconfiggere usando il cervello, resettando all’istante i pensieri negativi. Questione di abitudine, di mentalità, che questa Juve non possiede, perché finora nessuno è stato in grado di inculcargliela.
Bisogna esserci abituati, come lo è appunto Ronaldo, l’ultimo ad arrendersi martedì scorso mentre i compagni si perdevano per strada, e dalla panchina non arrivava un’idea una per invertire la direzione presa dalla gara. Inevitabile farti poi sopraffare dalla paura, come percepito ad un certo punto da Cristiano stesso sul campo.
Adesso in tanti temono che Ronaldo, deluso, possa andarsene. E dove? Chi paga 30 milioni netti l’anno un giocatore di 34 anni seppur pluri pallone d’oro e di un’altra categoria? I cinesi, o gli arabi. Campionati che il portoghese stesso non ritiene alla sua altezza e dove forse andrà a chiudere la carriera quando si renderà conto di non essere lui più all’altezza dei grandi tornei mondiali. No, non se ne andrà, perché a Torino lo trattano come un Re, e gioca in un top club di cui è proprietaria una delle famiglie più ricche del mondo, in grado di poterlo accontentare su tutto. Anche togliergli di torno i fifoni.
Se il gioco del calcio è “molto semplice” non dovrebbe essere poi così difficile giocarlo meglio degli altri, o sbaglio? Perché quando hai la totale consapevolezza nei tuoi mezzi, la paura difficilmente ti assale. Il contrario di ciò che capita a questa Juve in Champions League, e Ronaldo se n’è accorto.