Chirico: 'Cassazione, terzo schiaffo all'inchiesta Prisma. Juve, ora chiedi i danni! Sui conti non doveva indagare il pool di Torino'
L’inchiesta Prisma passa così da Torino a Roma. Dove ha sede ufficiale la Consob, l’organo di controllo del mercato finanziario ed in particolare delle società quotate, e tra queste c’è appunto la Juve, che a Roma ha il server con il quale comunica al mercato i dati di Borsa. Proprio perché il titolo bianconero è quotato a Piazza affari, si pensava che la destinazione naturale sarebbe stata Milano, invece la Cassazione ha optato per la capitale.
La sostanza della decisione cambia poco: a Torino non avrebbero dovuto occuparsi delle faccende finanziarie di Madama.
Dopo il “ritiro” volontario (o indotto?) dalla scena del pm Ciro Santoriello protagonista di alcune discutibili uscite pubbliche contro la Juventus, e l’archiviazione del caso Orsolini da parte della Procura di Bologna, è arrivato dalla Cassazione il terzo schiaffo al pool torinese titolare dell’indagine. Quello che inizialmente aveva chiesto addirittura l’arresto di Andrea Agnelli, e che adesso si vede privata in toto di un’inchiesta che aveva riempito per mesi intere pagine di giornali e dato non poca visibilità mediatica ai magistrati torinesi. Tutto finito: adesso di Juve, plusvalenze, side letters e quant’altro aveva appassionato le folle e animato il dibattito su quotidiani e tv, se ne occuperà la Procura romana ricominciando tutto daccapo.
E non è da escludere che possa finire tutto in una bella archiviazione, com’era già capitato quando altri Tribunali dovettero occuparsi delle plusvalenze dei club. Così come, dopo quella di Bologna, potrebbero decidere di archiviare per “mancanza di valore legale” le Procure di Cagliari, Modena, Bergamo, Genova e Udine su altre carte sospette recapitategli dai colleghi subalpini.
Dovesse davvero concludersi in una bolla di sapone, la Juventus potrebbe (ma non lo farà) chiedere i danni per il pubblico ludibrio alla quale è stata esposta l’immagine del club. Soprattutto i suoi legali dovrebbero (ma non lo faranno) andare a suonare il campanello di via Gregorio Allegri 14, sede della Federazione, e chiedere al presidente Gravina la restituzione di almeno quei 718mila euro di multa, ingiustamente inflitta alla società per reati nemmeno normati dai regolamenti federali e, per giunta, emersi da un’inchiesta che non avrebbe dovuto nemmeno essere svolta , ma che la giustizia sportiva – animata dalla sua solita fretta – ha preso per buona.
Sarebbe troppo bello e divertente finisse così, ma siamo certi che non accadrà. Perché Elkann ha già dato prova due volte, con Calciopoli prima ed ora con Prisma, di non volere aprire contenziosi con le istituzioni calcistiche ma subirne in silenzio le angherie. Forse però ci siamo spinti un po’ troppo avanti con la narrazione: vediamo prima cosa deciderà il Foro romano, dopodiché – eventualmente – ci divertiremo con le invettive. Non risparmiando nessuno.