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  • Che fine ha fatto? Sforza, da 'Tre uomini e una gamba' alla Champions

    Che fine ha fatto? Sforza, da 'Tre uomini e una gamba' alla Champions

    • Alessandro Di Gioia
    Il campionato italiano, negli anni '90 e nei primi anni 2000, era il più difficile d'Europa: giusto e doveroso ricordarlo, prima di parlare di Ciriaco Sforza,che dai ragazzi di oggi verrà considerato un autentico Carneade con una celebre apparizione in un film, mentre per chi ha la mia età incarna i crismi del talentuoso metronomo o trequartista svizzero di origine italiana, mai realmente sbocciato come calciatore.

    DA AVELLINO AL KAISERSLAUTERN - Già, perchè il padre di Sforza, protagonista del ritorno dopo le ferie del "Che fine ha fatto?", emigrò dalla provincia di Avellino nella Svizzera tedesca, come tanti italiani, per cercare lavoro e fortuna: a Wohlen, nel 1970, nacque Ciriaco, che iniziò a giocare nell'Aarau, per poi passare nel 1990 al Grasshoppers, blasonato club svizzero di Zurigo. La giovinezza è da vera promessa del calcio europeo: debutto a 16 anni nella massima serie elvetica, diventando il più giovane professionista di sempre del suo paese. Le buone prestazioni con la maglia delle Cavallette gli valgono la chiamata dalla Germania, nel 1993, da parte del Kaiserslautern, che sborsò 2 miliardi di lire per aggiudicarsi il "calciatore svizzero dell'anno". Nel 1995 poi il grande salto, nel più prestigioso club europeo: il Bayern Monaco. Ma l'Italia è nel suo cuore e nella sua mente, tanto che già nel 1991 aveva sfiorato il passaggio nel Napoli di Ferlaino.

    INTER, CHE DELUSIONE! E QUELLA RIVALITA' CON INCE... - Tocca all'Inter di Moratti assicurarsi i suoi servigi: il presidente, per il volere del tecnico di allora Roy Hodgson che si era innamorato di quel trequartista dall'andatura ciondolante, lo acquista, contando anche sul doppio passaporto di Sforza che lo rende comunitario. Cinque miliardi al Bayern, 600 milioni a stagione per tre anni a Ciriaco e tutti contenti. Tutti, tranne i tifosi: il tecnico inglese lo aveva infatti voluto confidando nelle buone prestazioni disputate da Sforza con la maglia della Svizzera, allenata in precedenza proprio da Hodgson, ma con la maglia dll'Inter la musica cambia decisamente. A parte il gol all'esordio con l'Udinese e qualche apparizione da buon metronomo sulla mediana, Sforza disputerà una stagione da pianto greco: lento, abulico, estraneo al gioco. Inoltre fu ampiamente condizionato dal dualismo venutosi a creare con l'inglese Paul Ince, che aveva il suo stesso ruolo e che venne schierato da Hodgson sulla fascia: tutta la squadra finì per risentirne pericolosamente, Sforza e Ince passarono la stagione a litigare in campo. Bilancio finale in nerazzurro? 40 presenze e 4 gol, con la finale di Coppa Uefa persa all'ultimo contro lo Schalke 04.

    L'IMMORTALITA' DI "TRE UOMINI E UNA GAMBA" - Il periodo nerazzurro segnò fortemente la sua carriera, tanto che Sforza non si riprese più: qualche altra stagione tra Kaiserslautern e Bayern, senza però mai eccellere come agli inizi. Solo in nazionale continuò ad essere protagonista, ma troppo poco per tornare a far parlare di sè. Chiuse la carriera dopo un acceso diverbio con il tecnico del Kaiserslautern Henke, prima di ritirarsi e diventare subito allenatore del Lucerna. Dove non arrivò il pallone, potè però il cinema: è rimasto nella memoria dei tifosi di tutta Italia per essere stato citato nel primo film del trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo,"Tre uomini e una gamba". La scena è mitica: i tre si trovano in ospedale a causa di un improvviso malore di Giacomo, che viene ricoverato. Ad un certo punto lo stesso esce dalla stanza per andare in bagno, e indossa una maglia da gioco dell’Inter – per l’occasione usata come pigiama e prestatagli da Aldo – che riporta proprio il nome di Sforza. Giovanni apostrofa Aldo: "Ma dai, pure tu, ma si può andare a dormire con la maglietta di Sforza?". E Aldo: "Eh, quella di Ronaldo era finita". Da applausi. La carriera di allenatore è poi continuata nel club svizzero del Thun, che gli ha concesso anche di disputare la Champions da tecnico. Ma nei nostri cuori Sforza rimarrà sempre legato a "Tre uomini e una gamba": Aldo, Giovanni e Giacomo lo hanno reso immortale, il pallone no.

    @AleDigio89 

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